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Gianfranco Murtas

«E no ti caglies mai mudu». Un saluto e un abbraccio a padre Salvatore Morittu, a un anno dal suo covid

di Gianfranco Murtas

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Di novembre, giusto un anno fa, salivano anche dalla casa montana di S’Aspru, a Siligo, i segnali che il covid era arrivato fin lì ed aveva insidiato diversi comunitari e lo stesso fondatore e padre, l’inesausto frate Salvatore Morittu. Da allora le cronache. Da allora la partecipazione intensa, profondissima, di tutta la Sardegna, e di Cagliari, al patimento di quegli involontari protagonisti d’una scena dura e non immaginabile.

Un incontro nel sentimento, col pensiero, con la preghiera. Allora abbiamo cercato come abbiamo potuto, negli spazi di Giornalia, di trasferire a tutti i coinvolti – attraverso la persona di padre Salvatore, amico mai perduto – l’augurio del cuore e a lui, a padre Salvatore, quella certezza che ci veniva dal nostro intimo, che la difficoltà tremenda sarebbe stata superata. Se non per giustizia, almeno per bontà, bontà della vita.

In quelle settimane abbiamo accompagnato quegli auguri forti fortissimi con emozioni e anche con lacrime, ed anche con alcuni ricordi comunitari interni al circuito di Mondo X Sardegna che tendevano a dare onore alla memoria di personalità – amabili fra altre cento amabili – che nelle dinamiche della fraternità avevano avuto speciali ruoli e speciali meriti, da Zella Corona a Baingio Piras; avevamo inoltre riproposto qualche testo teatrale a suo tempo offerto alle attività insieme creative e disciplinari delle ragazze e dei ragazzi che sono stati, e nei rilasci generazioni sempre sono, il tesoro di San Francesco.

Ci sono capitati sott’occhio, oggi, i versi logudoresi/sassaresi di G. indimenticato: erano dedicati ad un amico in occasione del suo compleanno. Il compleanno che oggi celebriamo è quello dell’avventura sofferta e dominata dal padre Salvatore Morittu con le sue ragazze e i suoi ragazzi di S’Aspru e anche della casa famiglia di Sassari.

Valga, per superiore virtù, la proprietà transitiva: si prenda lui, il nostro servo inutile, e tanto inutile quanto necessario, il sentimento che attraversa parole e strofe… A lui, a padre Salvatore Morittu il ringraziamento sempre della Sardegna intera. E ciascuno di noi, lo si sappia, è a pieno diritto interprete del sentimento collettivo e lo può dire e ripetere.

Pro [s’amigu] chi m'ah pienu su coro e illizzerigadu s'anima

«Sa caminera de sa vida mia, l'appo attraessada a irroccadura
chena m' abbaidare ne a drestha ne a manca
cunvintu chi su c'aio seberadu fidi su drittu giustu.
Godida mi l'appo sa vida, in cussu tempus, e cun gusthu,
tantu dai sa cresura inue fio immandradu
no podio abbaidare piusu in susu.

«La strada della mia vita, l'ho attraversata a precipizio
senza guardarmi a né a destra né a sinistra
convinto che quello che avevo scelto fosse il verso giusto.
Goduta me l'ho la vita, in quel tempo, e con gusto,
tanto che dalla siepe dove ero rinchiuso
non potevo guardare più in su.

«Ma cando unu fogu sa cresura m'ada brusgiadu
appidu mi so in su mundu de abberu.
E... gai sa calidade de zente chi bi fidi
castigados, maccos e ischaranados
n'ana pienu sa domo mia.
Assuconu malu nd'appo leadu
e a currere posthu mi sò pro mi nde fuire
e pensaio, chi mi cheriana pissighire
e cund'unu cannau intropeiremi sa vida.
E d'ogna ostha chi fini a prova a mi leare
resessia a agattare in tottue chizzolos
pro m'intanare.

«Ma quando un fuoco mi ha bruciato la siepe
mi sono trovato nel mondo davvero.
E... così il tipo di gente che c'era
pregiudicati, matti e reietti
hanno riempito la mia casa.
Un brutto spavento mi sono preso
e mi sono messo a correre per scapparmene
e pensavo che mi volessero acchiappare
e con una corda imbrigliarmi la vita.
E ogni volta che stavano per prendermi
riuscivo a trovare dovunque angoli
per rifugiarmi.

«In mesu a custa zente, ne so zertu,
bi visti tue [amigu],
e su coro si m'esthe abertu.
Grazias a deus chi mi so frimmu
sinono m'aio perdidu su momentu
de iscultare sos tou pensamentu.
E como chi cumprendo abberu
it'asa intro sa conca
so cuntentu e potto narrer, sinzeru,
chi es bonasortadu chie incappada cun tegus.
E deo, chi in custa vida mia
calchi cosa de onu appo fattu
cando t'ido e ti faeddo m'intendo pius'attattu.

«In mezzo a questa gente, ne sono certo,
eri tu, [amico],
e il cuore mi si è aperto.
Grazie a Dio che mi sono fermato
se no avrei perduto il momento
di ascoltare il tuo pensiero.
Ed ora che capisco veramente
che cosa c'è dentro la tua testa
sono contento e posso dire, sincero,
ch’è fortunato chi s'imbatte in te.
Ed io che in questa vita mia
qualcosa di buono ho fatto
quando ti vedo e ti parlo mi sento più sazio.

«Attattu de zeniosa sardidade
e in sa orisgias mias, cando chistionasa,
lebias che mariposas passana resgiones
chi gia in su coro meu ana raighinas.
E ispero chi intendende di faeddende
tottu s'intendana de pius "sarda zente"!

«Sazio di geniosa sardità
nelle mie orecchie, quando parli,
leggeri come farfalle passano i ragionamenti
che già nel mio cure hanno radici.
E spero che sentendoti parlare
tutti si sentano di più "gente sarda".

«No ti pesene sos annos chi ana bennere
e ti los auguros de los passare tottus in saludu.
E no ti caglies mai mudu
poitte cando dasa, tue dasa de abberu
ca ses omine mannu, saviu e sinzeru.
E... iscusgia si como tu li naro gai:
ma pro piaghere, a noi, no nos lessas mai».

«Non ti pesino gli anni che dovranno venire
e te li auguro di passarli tutti in salute.
Non restare mai zitto
poiché quando dai, tu dai davvero,
perché sei un grande uomo, saggio e sincero.
E scusami se adesso te lo dico così:
ma per piacere, a noi, non lasciarci mai».

Fonte: Gianfranco Murtas
RIPRODUZIONE RISERVATA ©

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