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Grande Oriente d’Italia: a processo i candidati antimafia Leo Taroni e Silverio Magno. Dalla Sardegna disperato appello ai Consiglieri Luigi Trudu e Pino Balia: «Trovate il coraggio dentro di voi»

Redazionale

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«Dobbiamo quindi denunciare per primi il fenomeno criminale, sollecitare le Istituzioni ad assumere provvedimenti. Lo richiede l’interesse superiore dell’Istituzione, che non consente ormai nessuna benevola distrazione nei confronti di nessuno! Non possiamo rinunciare al rigore interno ed esterno nei confronti di gruppi dei quali vi sia anche il semplice sospetto di violazione delle Leggi dello Stato. Una irreprensibile organizzazione interna costituisce insieme un presupposto ed una linea irrinunciabile che dovrà essere difesa ad oltranza. In particolare, dovrà essere difesa con la massima forza nei confronti di qualsiasi fratello sia caduto o cada in errore. Quando sono in gioco gli interessi essenziali dell’Istituzione, il rigore costituisce un dovere indeclinabile».




Se l'estensore della Relazione morale targata "1993", il Grande Oratore e futuro Gran Maestro del G.O.I. Gustavo Raffi, avesse pronunciato oggi le parole appena riportate, si sarebbe ritrovato, con tutta probabilità, al centro degli stessi guai in cui sono incappati i candidati antimafia Leo Taroni e Silverio Magno, con la loro Lista elettorale "NOI INSIEME", sotto processo sabato prossimo a Bologna con l'accusa «di aver gettato ombre e accuse immotivate sulla nostra Comunione, suscitando allarme e addirittura mettendo in pericolo la stessa incolumità dei Fratelli che rappresentano il bene supremo del Grande Oriente d’Italia».

Le imputazioni contro Taroni e Magno sono tutte contenute in un documento (la BALAUSTRA N. 8/SB – 2 Novembre 2023) rilasciato dal Gran Maestro del G.O.I. e giornalista Stefano Bisi: «L’Istituzione, in questo momento, non ha bisogno di finti redentori o pseudo crociati che sventolano il vessillo di apparenti ed ingannevoli libertà: libero non è colui che può ciò che vuole, ma colui che vuole ciò che deve!».

Una ricostruzione molto singolare della libertà di pensiero, quella di Bisi, che – ne siamo sicuri – non avrebbe trovato d'accordo il suo collega di Cinisi Peppino Impastato (vittima di un'esecuzione mafiosa il 9 maggio del '78), che gli avrebbe risposto – non ne dubitiamo – con la celebre frase: «Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!», rivendicando in questo modo un diritto di parola inalienabile a qualsiasi potentato e ad ogni possibile tornaconto personale



Le imputazioni

Ma cosa hanno dichiarato i due candidati Leo Taroni e Silverio Magno? E perché le loro parole "mettono in pericolo la stessa incolumità dei Fratelli del Grande Oriente d'Italia" (come affermato da Stefano Bisi)? 

Intanto l virgolettati: «Ho pensato di riuscire ad ignorare ciò che ancor di più mi ha fatto male: vedere sempre di più la Massoneria, la mia Massoneria, quella dei miei Fratelli, dei miei Padri, naturali e spirituali, sempre più spesso accostata al malaffare ed alla criminalità organizzata, quanto di più lontano dalla nostra essenza» ... «Da qualche settimana, però, prima i Fratelli della mia Loggia, poi altri, anche sconosciuti, mi hanno chiesto più volte di non sottrarmi al Dovere e di cercare di contribuire ad una rinascita del Grande Oriente» ... «Fortunatamente ho avuto la possibilità di confrontarmi con altri Fratelli che hanno ricoperto ruoli importanti nel Grande Oriente negli ultimi anni, con i quali ho trovato una insperata unità di intenti e di ideali. Ho, quindi, deciso di dare il mio contributo, utilizzando tutte le forze di cui sono capace, per contribuire, con il ruolo di Grande Oratore, alla lista che sarà guidata da Leo Taroni» ... «Ci affrancheremo da qualsiasi possibile accostamento alla criminalità organizzata, rendendo la nostra Casa un cristallo privo di qualsiasi opacità, non permettendo più che si parli di massomafia o di massoneria deviata, perché la Massoneria è Sacra e non è accostabile a queste nefandezze» (Silverio Magno, dalla "Lettera ai Fratelli" del 22 ottobre); «AVVERSIONE ALLA MAFIA, ALLA ‘NDRANGHETA E ALLA CAMORRA – Il Fr. Leo Taroni e i Fratelli candidati alla carica di Grande Dignitario, si impegnano a lavorare incessantemente, compiendo ogni necessario sacrificio, affinché il Grande Oriente d’Italia operi, all’interno e nel mondo profano, in modo assolutamente conforme a quanto stabilito dalla Costituzione repubblicana e dalla Legge, nonché in modo rispettoso della sovranità dello Stato e dell’azione della Magistratura e, infine, affinché ponga in essere pensieri, parole e azioni di siderale distanza e di avversione totale, effettiva ed efficace alla criminalità organizzata, specialmente se di natura mafiosa, e anche alla cosidetta “mentalità mafiosa”, che costituisce un morbo velenoso e mortifero che non deve trovare dimora nel Tempio della Fratellanza» (Leo Taroni, dal Programma elettorale della Lista "NOI INSIEME", presentato lo scorso 28 ottobre).

Come questi impegni possano mettere in pericolo l'«incolumità» dei quasi 23mila "fratelli" del Grande Oriente d'Italia è tutto da chiarire, stante il fatto che c'è da immaginare essi siano, salvo fisiologici casi isolati, tutti "corretti servitori dello Stato" e rispettosi "sudditi" delle Leggi repubblicane.

Ma, allora, a cosa si è voluto riferire il Gran Maestro Stefano Bisi? Una possibile interpretazione delle sue parole è arrivata, a stretto giro, dal Canale Telegram di controinformazione massonica de "Il Cavaliere Nero", oggetto ieri di un importante passaggio sulla carta stampata da parte de "Il Fatto Quotidiano".

Secondo un utente, infatti, vi sarebbero «realtà difficili, come ad esempio Vibo Valentia, in cui il malaffare è contiguo (socialmente e storicamente) alle varie appartenenze massoniche» e quindi «il Gran Maestro teme che una posizione di aperta avversione alla mafia possa mettere in pericolo l'espansione dell'Ordine in quelle Regioni e realtà sociali». A questi rocamboleschi tentativi esegetici, tuttavia, ha prontamente risposto lo stesso "Cavaliere Nero", affermando – molto pragmaticamente – che «se il G.O.I. non è in grado di fare pulizia da solo in quei territori, è bene che le Logge, in quei territori, non ci siano!».

Il riferimento dell'utente a Vibo Valentia, va detto in maniera oggettiva, non appare casuale. Già in un articolo de "Il Sole24Ore" del settembre 2016, a firma del giornalista Roberto Galullo, si indicava per la cittadina calabrese la presenza di "un massone per ogni 18 maschi maggiorenni". Una sorprendente – quasi "genetica" – predisposizione per il perfezionamento latomistico – da parte della popolazione locale – degna dei migliori circoli esoterici della Praga del Cinquecento, quando a far da mecenate ai tanti "iniziati" alle scienze occulte, che approdavano alla sua Corte da ogni parte d'Europa, era l'imperatore Rodolfo II d'Asburgo.

Una situazione molto differente dalla Vibo del primo ventennio del ventunesimo secolo, in cui le cronache, anziché riportare di trasmutazioni alchemiche, si sono occupate piuttosto di "grembiulini" fin troppo "profanamente" vivaci, come nel caso del "fratello" Davide Licata, appartenente alla Loggia "Michele Morelli" n. 153 del Grande Oriente d'Italia, sorpreso, la mattina del 3 luglio 2020, nella sua abitazione a Stefanaconi (VV), con un vero e proprio arsenale da guerra (detenuto illegalmente): pistole semiautomatiche, silenziatori, proiettili, un mitragliatore, fucili d'assalto e un pugnale.




E il caso "Davide Licata" non è isolato. Perché della Loggia "Michele Morelli" di Vibo Valentia, quartier generale del Gran Maestro Onorario Ugo Bellantoni (per molti "fratelli" il padrone occulto del G.O.I.), i quotidiani locali e nazionali si sono occupati più volte, in riferimento alle "grane" patite dai suoi affiliati, come ad esempio quelle relative al "Diplomificio" dell'Accademia Fidia (per il quale la Procura di Vibo Valentia ha chiesto il processo, pochi mesi fa, per 72 indagati nell'ambito dell'inchiesta denominata "Diacono") e del caso "Vittorio Tedeschi", gioielliere cui è stata revocata, in data 11 luglio 2023, la licenza per l'esercizio dell'attività di orafo da parte del questore di Vibo Cristiano Tatarelli, a seguito delle vicende del maxiprocesso "Rinascita-Scott", reso possibile dall'attività investigativa della Dda di Catanzaro

Qualcuno in questi giorni si è chiesto perché il Gran Maestro Bisi, anziché lanciare strali contro i candidati antimafia Taroni e Magno, non si sia preoccupato di disporre, seppure tardivamente, una cosiddetta "ispezione magistrale" (cioè un controllo diretto sotto l'egida del Gran Maestro) nei confronti della Loggia "Michele Morelli" di Vibo Valentia, al fine di valutare il motivo per il quale tanti suoi affiliati, in questi ultimi anni, sono dolorosamente finiti nelle maglie della Magistratura inquirente, ed eventualmente verificare anche la possibilità di un "abbattimento" delle sue "Colonne", per infiltrazione malavitosa. Essendo questo il più grave provvedimento comminabile ad una Loggia da parte di un "Oriente" o "Gran Loggia" nazionali, tale per cui l'"officina" colpita viene – in pratica – cancellata dall'elenco ufficiale di quelle risultanti all'obbedienza dell'Ordine massonico interessato.


L'appuntamento di Bologna

Niente di tutto questo. Il prossimo 11 novembre a Bologna, nel corso della seduta del Consiglio dell'Ordine del Grande Oriente d'Italia, sarà invece esaminata, dai 47 Consiglieri che ne compongono l'organico, la posizione dei due candidati alle prossime elezioni per la Gran Maestranza (rispettivamente per le cariche di Gran Maestro e di Grande Oratore).

Durante i Lavori sarà proposta, per entrambi, una Tavola d'Accusa, lo strumento massonico utilizzato per processare – secondo le regole interne – gli affiliati che si siano macchiati di grave colpa massonica. In questo caso, presumibilmente, quella di aver offeso il Gran Maestro e l'intera Istituzione attraverso posizioni elettorali "troppo spinte" sul versante legalitario, cioè della piena collaborazione con i poteri civili della Magistratura e – presumibilmente – della Commissione parlamentare antimafia.

Per molti massoni giustinianei questo, tuttavia, rappresenterebbe un clamoroso autogol di immagine, dalle proporzioni catastrofiche, se non persino apocalittiche.


Mosse e contromosse

Dalle informazioni che Giornalia.com ha potuto raccogliere, entrambe le parti in causa, cioè i "senovibonesi" e i "resistenti" (così le parti in causa da ironica nomenclatura tratta dal Canale Telegram de "Il Cavaliere Nero"), si starebbero in queste ore contando, al fine di comprendere i reali rapporti di forza esistenti in seno al Consiglio dell'Ordine. Da questa "conta" si capirà se varrà la pena di arrivare ad un drammatico scontro campale oppure se, soprattutto per la parte dei "resistenti", sarà più utile incassare una sconfitta che, magari severa, sia però tale da non compromettere del tutto la partita. Evitando, ad esempio, la sospensione e la successiva espulsione dal G.O.I. di tutti quei Consiglieri che dovessero perorare la causa dei "fratelli" TaroniMagno.



Il disperato appello ai Consiglieri sardi

Intanto dalla Sardegna, attraverso il tam-tam delle chat Whatsapp e con contatti telefonici diretti, sono tanti i "fratelli" della Circoscrizione regionale che hanno voluto far sentire la loro voce ai Consiglieri eletti, per richiamarli ad un atto di responsabilità nei confronti dell'Istituzione, da realizzarsi attraverso il rigetto della proposta di incolpazione di quelli che ormai sono per tutti i "candidati antimafia".

Presi di mira in queste ore sono soprattutto l'avvocato cagliaritano Luigi Trudu, già membro della Corte Centrale del G.O.I., e l'antiochese Giuseppe Balia (detto Pino). Questi, a differenza dell'altro Consigliere sardo di origini galluresi Antonio Mancini (Ispettore Magistrale di stretta osservanza bisiana), non hanno ancora espresso pubblicamente la loro opinione in merito alla Tavola d'Accusa incriminata.

Dal Canale Telegram de "Il Cavaliere Nero" continuano a sovrapporsi, al loro indirizzo, appelli incitanti ora ad atti di coraggio, ora a posizioni di resistenza che però, nella attuale situazione incandescente, potrebbero costar loro molto cari, anche l'espulsione dall'Ordine insieme a Leo Taroni e Silverio Magno. Perché chiunque oserà contestare la posizione espressa dal Gran Maestro per mezzo della sua Balaustra potrà ritrovarsi, automaticamente, in "stato di accusa" per "intelligenza con il nemico". Resta perciò ben difficile immaginare che i due vogliano esporsi ad una così dura rappresaglia.

Più praticabile potrebbe essere, così ci riferiscono fonti ben informate, una soluzione intermedia, cioè le dimissioni dalla carica ricoperta, motivate con il "dissenso silenzioso", cioè una posizione che, sebbene non espressa in modo diretto (quindi al riparo dalle contromisure degli avversari), avrebbe comunque il benefico effetto di riuscire a far "salvare la faccia" (e, comunque, a permettere di prendere tempo).

Mai nella storia del G.O.I. il momento è stato più delicato, nemmeno nel '93 a seguito dello storico "disconoscimento inglese". Così, tra chi vuole portare la questione in Tribunale (o addirittura sul tavolo della Commissione parlamentare antimafia) e chi cerca ancora una difficilissima mediazione, il terreno delle possibili operazioni si fa ogni giorno più franoso ed incerto, mentre prende sempre più corpo lo spettro della scissione.



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