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Gianfranco Murtas

Pensare in grande, pensare il bene. E argomentare

di Gianfranco Murtas

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Da un account registrato come Diritto di replica ho ricevuto nella mia privata casella di posta elettronica, nel pomeriggio di ieri giovedì 12 agosto, la seguente “lettera aperta”: 

Caro Murtas , permetta che per una volta anche noi ci avvaliamo del metodo “muretto a secco”. Quindi Le scriviamo da “anonimi” , gradendo però la pubblicazione della nostra sul suo blog , come avvenuto per gli altri “anonimi” , quelli molto meno educati di quello che saremo noi.

Lo facciamo per non tirare in ballo un’istituzione , la nostra , cui teniamo , a differenza di altri , tra i quali Lei , che non si sono fatti scrupolo di divulgare fatti riservati che nulla potevano interessare al pubblico dei profani.

Lei caro Murtas , glielo confidiamo , è stato utilizzato. E facciamo i nomi. Dietro di Lei i fratelli della R.L. Silicani e quelli della R.L. Heredom , e poi i contestatori della R.L. Kilwinning. Che l’hanno spudoratamente utilizzata i primi sul caso bovio , i secondi per piccoli fatti che attengono antipatie e rancori tutti interni al malaugurato mondo Emulation cui l’Oriente è completamente estraneo, i terzi per la loro cupidigia assetata di grembiuli (quello di Secondo Sorvegliante, per l’esattezza).

Vede Murtas che anche noi se vogliamo possiamo parlar chiaro?

Vi siete accaniti contro un bravo Fratello , che ha sempre aiutato tutti , che è sempre stato disponibile a dar una mano al Maestro di Casa in segreteria e all’Organo amministrativo del Collegio , sempre del tutto gratuitamente. Pur ritrovandosi Egli in ristrettezze economiche , non ha mai chiesto niente.

Lo avete fatto anteponendo le vostre ragioni al cuore. 

Rivendichiamo il perdono per questo Fratello e non ce nfosce vergogniamo! Cosa interessa a Lei , Murtas , che è estraneo alla Comunione. Le scuse sono arrivate, ed un affare tra il Fratello ed il Gran Maestro doveva restare tale , non riguardava altri. Non riguardava di certo tutti i soggetti che avete voluto coinvolgere! Associazioni partigiane comprese. Siete stati ridicoli.

Noi conosciamo il Fratello , invece Giovanni Bovio non lo abbiamo mai conosciuto e né teniamo a conoscerlo. 

Non ci pare che rivestire il suo busto con una simpatica maglietta del Cagliari o l'avergli messo degli occhiali da sole , dopo i pesanti Lavori nel Tempio , costituisca sacrilegio alcuno! Si chiama goliardia , se Lei sa cos’è.

Bovio non lo si è attaccato per le sue idee, delle quali non ci importa nulla. Povero quell’uomo che non è capace di ridere. Lei Murtas ha mai riso in vita sua? 

Ha voluto tirare in ballo i Capi di Stato. Ha sbagliato di gran lunga, perché erano semplici battute di natura politica. Ed ha sbagliato anche sulla festa di liberazione nazionale. Perché si può avere un’opinione differente, o Lei Murtas pretende che si diventi, da Massoni, tutti comunisti? Ci risponda per favore.

Non parliamo di Pinochet, che era un fotomontaggio fatto da un altro Fratello e non coinvolgeva per niente il soggetto a cui è stato imputato. Molti fotomontaggi infatti non erano del Fratello accusato ma di altri Fratelli della sua R.L. , e comunque si trattava sempre di accostamenti scherzosi ed ilari che non implicavano nessun occulto messaggio sovversivo!

Bovio fotomontato con Pinochet , e allora? Sono personaggi storici che non dicono nulla ai più! Se non a Lei Murtas, che della storia ha fatto una sorta di costrutto tutto personale. Altri poi ci hanno marciato per personali convenienze.

Queste sono le nostre ragioni. Ci auguriamo ci darà per una volta il diritto di parola. Altro che “torna il caso bovio…”

La salutiamo ancora come un Fratello, nella speranza possa rinsavire.




Rispondo così.

Quando un dibattito avviene in pubblico, com’è nel caso di un articolo ospitato in un giornale o in un sito web ed è poi liberamente commentato, credo sia corretto non soltanto accogliere positivamente le osservazioni critiche ma anche, in… nuova volta, replicare. Sempre con cortesia e pari franchezza. Naturalmente, e il caso concreto lo richiede a priori, chiarendo che io non posseggo alcun blog – ma del sito Giornalia (come anche di Fondazione Sardinia) sono soltanto ospite, anche se frequente ospite.  (Vero è peraltro che ho pubblicato il mio primo articolo – fu su L’Unione Sarda – nel 1971, esattamente cinquant’anni fa! e a quel primo ne sono seguiti, su una trentina di testate diverse, compresa, e più volte, Hiram ai tempi della granmaestranza Corona, e compresi il bollettino Erasmo Notizie e addirittura in chiave monografica Massonicamente, circa cinquemila per qualcosa come trentamila pagine, di lato ai centodieci libri – diversi dei quali presentati a palazzo Sanjust – per il più tesi a dare pubblico riconoscimento a personalità nobili ma “sconfitte” come nelle minoranze politiche ed anche religiose della nostra Italia ed a quella folla dei senza nome che hanno costituito la mia società elettiva, fra le comunità di recupero, il carcere e l’ospedale). Di venale non posseggo niente di niente, sono povero in canna, e vivo in parca autosufficienza, come sa chi mi onora di buoni rapporti ed amicizia.

In secondo luogo vorrei precisare che dietro l’anonimato non mi sono mai nascosto. S’è svolto qualche tempo fa un processo alla Corte dei conti contro un presidente della Regione sarda di destra su segnalazione di fatti che ho firmato per esteso, e negli anni ho contestato i conti oscuri del Consiglio regionale opponendo ragioni di trasparenza al presidente comunista della Assemblea, mi sono platealmente rifiutato di salutare il presidente Palomba (che avevo votato alle elezioni) perché non aveva risposto al mio appello a pro della qualità del servizio d’assistenza e sanitario ai ragazzi affetti da HIV (quando ne morivano uno al giorno), ho contestato gli scarti fra il dire ed il fare ad autorità apicali della Chiesa, in Sardegna e fuori, e la stessa cosa – nonostante i destinatari fossero amici personali, ed anche di vertice – ho fatto in Massoneria, quasi quarant’anni fa, sempre argomentando, sempre argomentando e documentando. Con educazione, con rispetto, senza fare sconti agli amici. Non mi presumo fonte di verità, ma certo mi riconosco onesto intellettualmente come i resistenti azionisti di un tempo, pronto sempre a pagarne ogni conseguenza (com’è avvenuto nella vita professionale). Neppure però mi aspetto le pagelle da parte di chicchessia: ho una coscienza piuttosto rigorosa che ha schifo delle furbate e non dà ad alcuno materia di polemica davvero fondata.

Penso anche di avere sempre accolto le riserve altrui rispetto al mio operato, quale che ne fosse il campo, portando il confronto alla nuda realtà “delle cose” in contestazione, prima che inchiodarlo – il confronto – sulle vaghe e fantasiose interpretazioni “delle cose”.

Muretti a secco… zero, appartengono ad un vocabolario civile, o incivile, che non conosco. Ho frequentato troppo le condizioni estreme del nostro esistere, fra vita e morte, e fatto esercizio di prossimità nei venticinquemila giorni che la Provvidenza mi ha regalato fin qui, per non avere consapevolezza delle gerarchie dei valori e dunque anche dei modi in cui i valori vanno testimoniati dalle persone nel loro concreto quotidiano.

Del pari non credo di essere stato utilizzato o strumentalizzato. Sono di media intelligenza e di medio buon senso, fedele alla parola data ed avverto l’importanza del nitore dei comportamenti. Né reticenze o riserve mentali né assalti cruenti, mai. Ma fermezza sui principi sempre, ché prima di pretenderla dagli altri debbo darne prova io stesso.

Dico apertamente: se il mio interrogante conoscesse Bovio varrebbe cento volte quel che appare dalla sua dialettica, o quale a me appare, piuttosto chiuso in una asfittica bolla di banalità pasticciate: ché professarsi massone disinteressato alla storia, come egli fa, è come un immaginare un teologo disinteressato a Dio, o un pescatore disinteressato ai pesci del mare. Per i massoni – quelli che hanno resistito sulla breccia con pregio iniziatico (ma io dico, più semplicemente, con feconda spiritualità e tensione etico-civile, patriottica e democratica) lungo i centosessant’anni che ci separano dal lancio cavouriano del 1859 – la Massoneria giustamente intesa come “scuola di tradizione” è nient’altro che il grande laboratorio in cui si curano criticamente i lasciti ideali e civili aviti per i nuovi inoltri. Libertà, libertà. Nel documento di fondazione di una loggia cagliaritana si fa riferimento esplicito alla prima declinazione della libertà come “libertà da se stessi, dal proprio pregiudizio”. Il senso della storia, dei tempi della storia, è nei fondamentali della Libera Muratoria e ignorarlo marca quell’intrippamento mentale che, dalle aridità del pensiero, sfocia nella resa alla società drammaticamente liquida, lontana da ogni virtuoso riferimento ideale e culturale. E tutti possono perdersi nella società liquida ma non i massoni che esistono proprio per remare contro le correnti del grigio depressivo od omologante.

Siamo giunti oggi, e contro quel grigio depressivo mi pare una benedizione! al cambio dei paradigmi, sicché siamo indotti a nuovi posizionamenti davanti alle categorie del tempo e dello spazio, alla percezione che abbiamo di noi stessi, al senso che noi diamo alla nostra stessa vita – se missionaria o se casuale nel meccanicismo cosmico – e le nuove scoperte scientifiche nell’infinitamente grande – si rilancia con la teoria dei pluriversi l’intuizione bruniana dei “mondi infiniti” – come nell’infinitamente piccolo a trazione genetica ci guidano nella transizione. Ne siamo affascinati, anche impauriti forse, ma pure sentiamo di doverci ricollocare, uscendo dalle nicchie ammuffite in cui forse ci siamo attardati e dalle stupidità dei perditempo d’ogni fatta. Le logge vivono, o debbono vivere, o io credo che debbano vivere, queste nuove complessità in questi nuovi scenari lavorando di intelligenza, di conoscenze, di intuizioni, di creatività.

Se un gran maestro come Nathan o come il nostro cagliaritano Guido Laj – allora, nel 1945, al ritorno alla democrazia – o il nostro indimenticato Armando Corona avesse mai udito un massone dire “di Bovio non me ne importa nulla” credo lo avrebbe cacciato dalla Comunione in modo feroce, perché avrebbe scorto in lui una rozzezza assoluta e corrosiva, di rischio per tutti. Da tanta piccineria passata indenne dai filtri della iniziazione muratoria faticherebbe infatti ad uscire ogni gradazione di generosità e la virtù in qualsiasi modo declinata. Lo dico in altro modo: quella battuta virgolettata è la battuta di un (presunto) massone che costruisce, secondo confusi calcoli suoi, un’anti Massoneria piuttosto volgare e senza respiro ritenendola magari profetica. E profetica invece la Massoneria si mostrò subendo per tre secoli le scomuniche pontificie perché praticava l’ecumenismo in chiave umanista, e il cattolico con l’ebreo e l’anglicano convivevano in pace, mutuamente arricchendosi e mai pensando l’uno di convertire l’altro. Come anche Kipling ha inteso rappresentare la sua esperienza indo-pakistana. Ecco la vetta del pensiero e la manifestazione del cuore aperto e buono nella concretezza seria e serena dei lavori di loggia e fuori della loggia, anche in facebook e in generale nella società e nella rete. Così avveniva nella Roma papalina del Settecento come nell’Oriente induista e islamico del primo Novecento, così deve avvenire oggi a Cagliari nei Templi di palazzo Sanjust e con le magiche tastiere dei computer diffusi nella città. 

Noi veniamo dalla fatica di chi ci ha preceduti: come nelle famiglie di sangue deriviamo il meglio di noi dai nostri genitori e avi, così nella sfera civile deriviamo – come italiani – da Mazzini e Goffredo Mameli, dal sangue di Mameli poeta ventiduenne, da Carducci e dai centocinquantamila militanti del GOI, chiamali quotizzanti, nel tempo, dai martiri del risorgimento e dell’antifascismo, dai massoni nostri italiani ed europei garrotati dal generalissimo Franco in Spagna e da quelli oppressi fino quasi alla estinzione nei paesi che erano oltre la cortina di ferro. Si può essere indifferenti a tanta testimonianza ideale e civile? a tanta storia di umanità e di una umanità – quella dei Templi simbolici – chiamata alle prove più difficili?

Ma tant’è, questi sono i tempi di chi rifiuta di sentire il soffio della storia che apre nuovi scenari alle nuove generazioni, e di godere della partecipazione a un’impresa bella, e dell’idea d’una società inclusiva – inclusiva! – di cui proprio Giovanni Bovio fu il miglior cantore nel Parlamento nazionale dal 1876 (come in staffetta con il nostro Giorgio Asproni, che in quello stesso anno passava all’Oriente Eterno) e nel Grande Oriente d’Italia, in quanto Grande Oratore, fino alla sua morte. 

Potrebbe il mio contestatore di Diritto di replica diffondere le sue righe a tutte le logge di Cagliari e della Sardegna. Proverei tristezza maggiore di quella che provo ora se trovasse apprezzamento: ma sono convinto che questo apprezzamento non lo troverebbe. E comunque la tristezza sarebbe un sentimento personale, senza ribalta pubblica.

Quando mi fu chiesto, per il marzo 2018 – data fissata dal Gran Maestro come quella dell’ “orgoglio massonico” – , di tenere una conversazione al pubblico dei Fratelli e degli ospiti di palazzo Sanjust proposi una lettura nobile, non mitologica, delle vicende massoniche sarde e cagliaritane: l’attraversamento di un secolo e mezzo non di una corporazione chiusa ma semmai di una corporazione che gli stessi ideali condivisi portava a un impegno civile, dalla promozione di campagne contro l’analfabetismo al lancio della Dante Alighieri, e della Corda Fratres, e dell’Università Popolare, e della Croce Verde, e del Dormitorio pubblico, e ancora all’adozione di una creatura per i suoi studi, ecc. E’ mai entrato il mio contestatore nell’atrio dell’ex ospizio-Ricovero di mendicità, nel viale fra Ignazio, ed ha mai visto quelle lapidi a muro e quei busti marmorei che raccontano di tanta Massoneria cagliaritana? O ha mai visitato le tante tombe con simboli massonici al monumentale di Bonaria ed al civico di San Michele? S’è fatto una idea del perché, nel passaggio dei tempi e delle generazioni, in molti abbiano creduto di dover affermare una idealità anche nel loro dopo? Ha mai visitato con lo speciale occhio del massone la basilica di Nostra Signora di Bonaria, ed ha letto i nomi dei Fratelli là nelle bande del transetto, e osservato la Madonna del Combattente di Ciusa e le caravelle di d’Aspro, e quanto rimane delle tele di Ghisu? Quanta Massoneria in quella basilica. Ed è storia. La storia è patrimonio di conoscenza, tocca a noi esplorare tanta ricchezza e prenderne incitamento ed esempio per fare anche noi la nostra parte.

Pochi mesi prima di quella giornata dell’“orgoglio massonico”, nel dicembre 2017, quando mi fu chiesto di svolgere, presso l’università di Sassari, la relazione biografica di base sulla figura di Armando Corona Gran Maestro (con il quale ebbi consuetudine e pure amicizia dal 1971, ero proprio ragazzo!) non mi risparmiai neppure emotivamente, se è vero che dovetti interrompere per qualche istante la lettura al microfono ricordando e apprezzando la magnanimità della alta dirigenza magistrale del GOI nel consentire l’allestimento della camera ardente a palazzo Sanjust, pur dopo quanto era successo…

E qualche mese più tardi – si era ormai alla vigilia di questa tempesta Covid – quando presentai, ancora a palazzo, tre grandi roll up (che avrei voluto donare alla casa massonica e non potei invece così concludere), sull’umanitarismo massonico nella Cagliari umbertina e giolittiana (chiamala pure bacareddiana) e sulla iconografia massonica nei due cimiteri del capoluogo, ancora lo spirito fu quello stesso che mi aveva sostenuto allorché venni invitato a parlare di d’Aspro, o di Asproni, o dei soccorsi massonici ai terremotati di Messina e Reggio, o del quarantennale della loggia nuovamente intitolata a Sigismondo Arquer, o del grande Bovio tornato dopo 83 anni nella sua casa, dopo lo sfratto che gli avevano imposto i questurini fascisti… E altri appuntamenti vennero al Viceregio e in altre sedi pubbliche, sempre io a parlare della storia onorata del GOI.

Ancora fu apprezzata  – lo ricordo dai due lunghi (e commoventi perché inaspettati) applausi dell'assemblea di Olbia – la mia partecipazione, con ben 50 schede, al repertorio dei sindaci massoni d'Italia, dall'Unità, e anzi addirittura dal Settecento, a oggi... e anche quella alla ricostruzione biografica dei Gran Maestri: io per Corona, in aggiunta al volumone appena uscito degli atti del convegno sassarese, qui con tre contributi anche di analisi del gran magistero.

Ma le occasioni di incontro mio con i massoni quotizzanti ad Oristano per il memento del 10 marzo, o a Nuoro per Eleonora e anche per le rievocazioni dei moti di su Connottu (e della scomoda partecipazione della loggia di Cottone e Gallisai) ed a Carbonia per Efisio Costa e, magari, a Carloforte ed Iglesias per raccontare della Cuore e Carattere e della due volte Ugolino, ad Alghero e Sassari o Olbia, al meeting garibaldino, quante saranno state? Credo che anche la ventina di libri di soggetto massonico che ho prodotto in questi ultimi anni – e che qualche anno fa il Grande Oriente mi ha richiesto e che ho donato in blocco alla biblioteca di Villa il Vascello –, così le schede (egualmente richiestemi dal Vertice della Comunione) prima sugli Orienti ottocenteschi di Tempio, Nuoro e Alghero, quindi – gli scorsi mesi – sulle case massoniche non Urbs di altri sei o sette Orienti sardi, le decine di articoli (di studio e documentazione, non soltanto di divulgazione) apparsi sulla carta stampata o nell’web, e anche i video e la mostra delle caricature “canoniche” concordata con la loggia Giordano Bruno nel centenario bruniano tutto cagliaritano, le forniture fotografiche al libro del professor Conti, e il lavoro appassionato di tre anni intorno alla figura magnifica di Ovidio Addis, e chissà quanto altro, possano inscriversi in una tale piena offerta di tempo e di energie senza attesa di contraccambio, come insegna, per lo stile degli uomini, il Vangelo di Luca che il mio amico presidente Giovanni Spadolini tanto insistentemente richiamò nelle bellissime pagine d’apertura del suo Papato socialista risalente ormai a settant’anni fa per i tipi di Longanesi, originalissimo studio della dottrina sociale della Chiesa dal medioevo al Novecento e sui rapporti e gli scontri di quella dottrina, nel risorgimento, con il liberalismo nazionale dei Cavour e della destra storica. Pagine in cui anche la Libera Muratoria è studiata e raccontata…

Io ho memoria – e forse anche il mio contraddittore ne sa – di quanto interesse suscitarono, in quella quarantina di Fratelli partecipanti, anno dopo anno, ai percorsi di onoranza degli Artieri sardi che abbiamo perduto negli ultimi decenni. Per diversi anni anche a tanto mi sono dedicato, e li abbiamo visitati, con i Bussalai e i Grassi anche i nostri Bruno Fadda e Vincenzo Tuveri che vivono nel non tempo, e Alberto Silicani e Nino Mancini, Paolo Carleo e i fratelli Salvago, Chicco Ganga e i fratelli Cusino, Porcu e Zirone, Rodriguez e Spissu, Loi e Solinas, Delitala e Mascia, Lello Puddu e Giovanni Ciusa, Cornaro e Giardina, Cherchi e Corona il Gran Maestro, Piero Zedda con Lidia Congiu e Ghigo Galardi e Lia Rapezzi, Benvenuto Tore e Giulio Lecca, Orrù e Ferrara, Atzeni e Ribichesu, Antonino Campus e Roberto Durzu e Virgilio Lai, Aldo Fossataro ed Emilio Fadda, Angioy ed Ambrosio, e quanti, quanti altri ancora… Di ciascuno ogni partecipante poteva liberamente dire. Di ciascuno abbiamo richiamato brevi brani da essi dettati negli anni della salute e delle responsabilità, di Efrem e Hoder Claro abbiamo letto e riletto quei versi e quelle lettere di padre a figlio e di figlio a padre con gli spigoli e con la mutua ricerca dell’abbraccio, il che fu in loggia, alla Hiram.

Ma il presidente della Repubblica non può essere offeso in nessun modo: la Massoneria gli dedica addirittura il primo brindisi rituale nelle grandi occasioni, come sarebbe possibile offenderlo? ma pure questo è avvenuto ed è valso come una indefinibile insopportabile ingiuria. Con il presidente Mattarella è stato colpito il presidente Napolitano, è stato colpito il presidente Fico. Con le autorità apicali della Repubblica è stata colpita – paradosso e colpo sfrontato d’un imbecille incapace (o capace) di tutto eppure al tempo chiamato a guidare una loggia e ad educare gli Apprendisti!! – la stessa ritualità massonica, proponendo il baratto della sede di Hiram l’architetto fiduciario di Salomone con una canna da pesca. Non è stato soltanto Bovio ad entrare nella rassegna delle vittime delle stupidate saettanti, lo sono state anche personalità pubbliche straniere, anch’esse coinvolte nel delirio autorale distintosi per un linguaggio greve e indegno non soltanto di un massone e per di più di un Caput magister chiamato al governo della sua loggia (al governo con l’esempio d’ogni ora e d’ogni giorno ben più che con il Maglietto di sessanta minuti alla settimana!), ma di una qualsiasi persona di cervello equilibrato.

La ritualità massonica irrisa pubblicamente da un Venerabile in carica, coperto e protetto all’inverosimile a suo tempo, non si rivela essa stessa, così maltrattata, una contraddizione in termini? Come se alla bocca di un Cristo crocifisso in chiesa un prete ubriaco ponesse una sigaretta, come se in una chiesa un prete ubriaco bestemmiasse per gioco. Ma se non si capisce la gravità della cosa, che non può essere una goliardata – preclusa ai Maestri Venerabili in carica su materie tanto delicate – io non potrei di certo trovare un interlocutore con il quale chiarirmi.

Mi è occorso proprio ieri, press’a poco in contemporanea con l’arrivo del messaggio di Diritto di replica, di donare ad un amico un documento dei miei archivi massonici. Si tratta di una lettera del luglio 1915 di Armando Businco al Saggissimo del Capitolo R+C del tempo (era allora il microbiologo, professore e rettore della università Oddo Casagrandi). Eccone il testo:

Car. e Pot. Fr. Sagg.

la vostra gradita tavola di partecipazione mi giunge in un momento nel quale non mi è possibile disimpegnare tutti gli obblighi che mi impone la promozione di grado. Ma se pur questi potessero… essere superati, ritengo doveroso attendere una intesa personale col n. Car. Fr. Ven. che attualmente si trova al fronte per compiere il suo dovere di Italiano. Ed è perciò che mentre prendo atto è Vi ringrazio di cuore della benigna distinzione con cui avete voluto ripagare la disinteressata opera mia, vi prometto che mirerò con entusiasmo giovanile al raggiungimento dei fini nobilissimi della n. istituzione, Vi prego di soprassedere su ogni e qualsiasi altro passo fino a quando il n. Fr. Ven. non sarà fra noi.

Con sempre viva fiducia nella nobile opera della Massoneria e nell'avveduta guida dei nostri Maestri, auguro a costoro e alla Associazione maggiori trionfi e soddisfazioni in una patria finalmente unificata nel segno di Mazzini e di Dante.

Cagliari il 21 VII 1915 

Armando Businco 

Proposto ad una promozione nella piramide scozzese, il Fratello Armando Businco – non pare necessario biografarlo né come clinico né come democratico mazziniano e antifascista (a rischio di lager nazista) – risponde: no, per adesso no, ne voglio parlare con il mio Venerabile che però è attualmente in prima linea su nelle montagne del Veneto: quando rientrerà decideremo insieme… Ma quel Venerabile – Ottavio della Cà, 28 anni nativo di Sorso – non sarebbe tornato, sarebbe caduto valorosamente sul Col di Lana, nel Bellunese, di lì a tre mesi… Da lui l’allora giovane Businco non avrebbe ricevuto l’atteso consiglio. E invece sarebbe stato allora proprio lui – se interpreto bene alcune carte – a prenderne il posto, immagino con quanta angoscia, alla testa della loggia Karales. 

Altri tempi, e non soltanto perché allora c’era la guerra e oggi c’è il caldo.




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Fonte: Gianfranco Murtas
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