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Lorenzo Sanna

“A dieci anni dalla morte di Mons. Alberti”

di Lorenzo Sanna

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Allorchè il 20 Giugno 2003, giunto al termine della Sua esperienza di episcopato attivo durata quasi trent’anni, fu chiamato a tracciare un bilancio del suo lungo apostolato, Ottorino Pietro Alberti diede prova di avere ben compreso il “mistero” più autentico della fede cristiana rivelando che, quando si fosse presentato davanti al “Padre Eterno”, avrebbe preferito “essere rimproverato per un eccesso di carità che per un difetto di carità”.

Siamo quindi sicuri che, quando il 17 Luglio di dieci anni fa si è concluso il suo pellegrinaggio terreno, Mons. Alberti si sia presentato “con le carte in regola” alle porte del Regno dei Cieli.

Ed in effetti possiamo senz’altro dire che, pur nel quadro di una personalità complessa e poliedrica, la carità abbia rappresentato una costante nella vita e nell’opera del vescovo Ottorino fin da quando, dopo essersi addottorato in Scienze Agrarie all’ Università di Pisa aderendo alle aspirazioni familiari e alle istanze della Sua terra, ebbe ad abbracciare ormai adulto la vocazione per essere chiamato nel 1956 al ministero del presbiterato.

La terza virtù teologale finì poi per essere scolpita non casualmente nel motto episcopale “veritatem facientes in caritate”, tratto dalla celebre lettera di Paolo agli Efesini, che fu da lui scelto allorchè, dopo essere divenuto il primo rettore del Seminario Regionale scelto tra il clero diocesano a seguito del trasferimento della Comunità da Cuglieri a Cagliari, fu elevato nel 1973 da Paolo VI alla dignità episcopale.

Ma la carità ha poi continuato ad ispirare e a guidare la Sua attività di vescovo a Spoleto e Norcia alla cui cura pastorale fu destinato dal Papa, come quando, nell’omelia di San Ponziano del 1974, a soli quattro mesi dal Suo insediamento, invocò l’intercessione del Santo per liberare la città dal “flagello” della tossicodipendenza promuovendo quindi la nascita del “Centro di Solidarietà” ancora oggi operante nella città umbra, o quando, in occasione del terremoto del 1979 in Valnerina, non mancò di far sentire la sua vicinanza e il suo impegno in favore delle popolazioni colpite dalla catastrofe naturale.

E così pure, una volta trasferito nel 1987 alla sede metropolitana di Cagliari per decisione di Giovanni Paolo II, il nuovo arcivescovo diede ripetutamente prova di fervore pastorale e di pietà evangelica tanto adoperandosi per il sostegno e l’integrazione nel tessuto cittadino delle popolazioni zingare e rom con la erezione del Campo nomadi quanto nella lotta alle vecchie e nuove povertà con la fondazione della Mensa serale gestita dalle Suore di Madre Teresa e l’allestimento del Pronto Soccorso della Solidarietà gestita dall’Opera Diocesana di Assistenza.

Non mancò peraltro Alberti di intervenire sui temi più generali riguardanti il ruolo dei laici nella società, allorchè, in occasione dell’omelia per il Santo Patrono Saturnino, ammonì che “un cristiano che trascura i suoi doveri temporali, trascura anche i suoi doveri verso il prossimo e anzi verso Dio stesso, mettendo in pericolo la propria salvezza eterna”.

Non può poi dimenticarsi l’impegno profuso dal vescovo Ottorino nell’ambito della Congregazione per le cause dei Santi dove svolse un ruolo incisivo per accompagnare agli onori degli altari, tra gli altri, i beati Fra Nicola da Gesturi, Maria Gabriella Sagheddu, Antonia Mesina e Giuseppina Nicoli, o ancora la guida e la conduzione del Concilio Plenario Sardo, in seno al quale si spese a lungo, in veste di presidente della C.E.S. e della stessa assise conciliare, per l’elaborazione di obiettivi pastorali capaci di unificare e animare le diverse realtà della Chiesa sarda.

Ma Don Ottorino, come continuavano a chiamarlo i “vecchi” nuoresi, non fu soltanto un prete ed un vescovo illuminato.

Fu pure autore scrupoloso ed appassionato di importanti scritti di storia sacra e civile della nostra isola, tra i quali non possono dimenticarsi il volume “I vescovi sardi al Concilio Vaticano I”, la poderosa opera sulla storia della antica diocesi di Galtellì ed infine gli studi sui Miracoli del Cristo di Galtellì cui fino agli ultimi mesi di vita dedicò numerosi interventi e ricerche approfondite.

 Don Ottorino si è poi sempre rivelato un padre attento e premuroso, capace di ricordare ogni viso e di associare ad esso una storia ed un episodio di vita familiare da rievocare con lo stile amabile e lievemente ironico che caratterizzava ogni conversazione con lui.

Come fu sempre figlio devoto e fedele: in speciale modo del Cristo Redentore, in onore del quale fino al 1992 venne chiamato da Mons. Melis a presiedere la celebrazione del pontificale solenne ai piedi della statua eretta sulla sommità del Monte Ortobene pronunciando in quell’occasione appassionate e memorabili omelie ricche di venature sociali e di richiami morali, e di Maria, venerata in particolare nelle figure della Madonna di Valverde custodita nella chiesetta edificata alle pendici del Monte Ortobene, dove ogni estate trascorreva un breve periodo di riposo celebrandovi la novena e la festa, e della Madonna di Bonaria, cui non fece mancare l’estremo omaggio nell’Aprile 2012 allorchè, ormai gravemente malato ed allo stremo delle forze, si recò in pellegrinaggio al Santuario a Lei dedicato per accompagnare nel suo ingresso il nuovo arcivescovo Mons. Miglio.

Intenso fu poi l’amore per la città e la gente di Nuoro, con cui mantenne, nel suo lungo peregrinare tra Pisa, l’Umbria, Cagliari e Roma, dove fu a lungo docente di “Filosofia della Natura” e segretario generale dell’Università Lateranense, un legame costante ritornandovi spesso, sempre pronto con il solito tratto bonario e cordiale a dispensare consigli e ad ascoltare con pazienza chiunque andasse a bussare alla sua porta o a conversare amabilmente con chi solo per caso lo avesse incontrato per strada.

E proprio a Nuoro si ritirò negli ultimi anni della sua vita, come del resto aveva sempre desiderato, continuando a servire la Chiesa in modo discreto, ma senza fare mai mancare la sua presenza e la sua parola in tutte le occasioni importanti nella vita della diocesi.

Un esperienza terrena, la sua, estrema feconda e ricca di frutti che fanno di Mons. Alberti, come ebbe a ripetere il vescovo emerito Pietro nell’omelia della messa di suffragio, una delle personalità che più hanno illustrato la Chiesa locale la nostra città e la Sardegna tutta.


Fonte: Lorenzo Sanna
RIPRODUZIONE RISERVATA ©

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Gianfranco Murtas

14 Apr 2022

Commento l'articolo di Sanna a questo link: https://www.giornalia.com/articoli/commentando-larticolo-a-dieci-anni-dalla-morte-di-mons-alberti-a-firma-di-lorenzo-sanna/


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