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Anche Jacopo Cullin in kayak per l'Oncologico

Strange for Life 2019: fondi per l'Oncologico

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Anche Jacopo Cullin in kayak per l'iniziativa Strange for Life 2019.

Questa mattina l'attore ha affidato la sua riflessione sull'esperienza appena vissuta a un lungo post su Facebook che riportiamo integralmente.


È iniziato tutto martedì mattina, alle 4:30 suona la sveglia e alle 5:30 sono già in macchina in direzione Porto Tramatzu. 

Lì mi aspettano Daniele con un gruppo di donne che hanno tutte qualche legame con l’Ospedale Oncologico, chi ci lavora, chi ci si cura e chi ci fa del volontariato. 

Hanno deciso di partire da Cagliari e arrivare sino a Budoni... in canoa! 

Arrivo a Porto Tramatzu verso le 6:45, loro sono al bar che fanno colazione e mi guardano come uno straniero che entra in un Saloon. 

Mi presento “ciao, piacere Jacopo” poche cerimonie, siamo in ritardo... trovo un volto amico che non vedo da 20 anni e non pensavo di trovare lì, “Silvia!!”. Ci salutiamo e io son felicissimo di vederla ma anche no, cioè forse avrei preferito incontrarla in Via Garibaldi e scambiare quelle chiacchiere automatiche tipo “Ceeeeh, cosa ci fai? Una vita senza vederci... Ferragosto?? a Villa???”, e invece ci siamo guardati, sorrisi e forse un po’ imbarazzati perché non pensavamo di trovarci lì. La voce di Daniele ci interrompe.

“In acqua!” 

Corriamo ai nostri posti, 4 canoe doppie, 6 donne, un uomo e un infiltrato. 

Siamo diretti a Barisardo, 43 km di mare che equivalgono a 10 ore di pagaiate. 😳

Faccio i primi 150m e penso “bah bah, oggi faccio una bella figura”. La spalla mi fa malissimo, se fossi stato solo mi sarei fermato immediatamente, invece sono circondato da donne determinatissime che guardano avanti mentre io invece mi guardo intorno e spero di trovarne almeno una leggermente affaticata. Niente da fare, sembrano bioniche. 

Mi concentro sulla pagaiata e cerco di non pensare al dolore. Una voce dalla canoa accanto alla nostra si rivolge alla mia timoniera:

“Marghe, ti manco?!!”

“Moltissimo, questo qui non parla”

Io fingendo nonchalance rispondo

“Ma no, è che ancora non ci conosciamo” 

“Boh, in tv fai tutti quei personaggi e dal vivo sei timido timido”

Avrei voluto rispondere che mi sentivo di troppo e che capivo l’importanza di questa loro impresa e che volevo solo dare un po’ più di visibilità all’evento, ma non ho fatto in tempo perché dalle canoe si è alzato un coro

“Lui chi è? Come mai l’hai portato con te? Il suo ruolo mi spieghi qual è??”

E ridono... Ecco qua, un po’ di sano nonnismo in mezzo al mare. 

“È bello sentirsi accolti” rispondo io, e ridiamo tutti insieme. 

Facciamo la prima pausa dopo 12 km e penso che non ce la farò mai, ma non lo dico, nessuno lo dice, iniziò a capire il significato di questa impresa. 

Cambiamo equipaggi e ripartiamo. 

La mia nuova timoniera mi prende in giro, tanto per cambiare, le altre la supportano e io so quale sarà il mio ruolo in questa missione. 

Mi piace esser preso in giro anche perché so che poi lo farò a mia volta, ma adesso devo solo incassare. 

Il mare è abbastanza calmo e le canoe scivolano che è una bellezza, ogni tanto qualcuno rallenta e allora ci fermiamo ad aspettare, nessuno rimane indietro. Piano piano parlo un po’ con tutte e ascolto le loro storie, ma senza fare troppe domande. Ridiamo e scherziamo, il dolore alla spalla è un ricordo passato, adesso mi fa male tutto, ma ridiamo e allora non ci penso. 

Daniele ci indica il luogo dove faremo la seconda sosta ed è così lontano che nemmeno si vede bene. 

Un piccolo crollo psico-fisico e dobbiamo fermarci per legare una canoa e trainarla proprio mentre il mare inizia ad agitarsi. 

Per me erano eroine già alla prima sosta, adesso lo sono ancora di più. Le osservo mentre cercano di calmarsi incitandosi a vicenda e capisco che questa non è la sfida più difficile della loro vita. 

Non sento più dolore ma solo un po’ di vergogna per avergli dato importanza.

Facciamo una seconda pausa perché abbiamo bisogno di mangiare e ricaricarci. Mi stendo sul mio asciugamano, dormo per dieci minuti e sogno di pagaiare. 

Appena apro gli occhi le trovo già in piedi vicino alle canoe pronte per ripartire, abbiamo fatto “solo” 25 km e ne mancano ancora 18, guardo il mare agitato e penso “Andiamo!”

Appena salgo sulla canoa mi travolge un onda e mi prende in piena faccia, scuoto la testa come fanno i cani e faccio cenno che è tutto ok e possiamo ripartire. Il vento è abbastanza forte e soffia proprio contro di noi, si fatica il doppio e non è il momento di scherzare perché ci vuole la massima concentrazione. 

“Vedete quelle rocce rosse?”

“Qui dove c’è il caseggiato bianco?”

“No no, quelle più avanti”

“Ma quella sarà la Corsica!!!”

“No no, è lì che dobbiamo arrivare”

Ogni volta un obiettivo nuovo, sempre più lontano, sempre apparentemente irraggiungibile.

“Ci siamo tutti? Dolores?”

“Eccomi”

“Ok, adesso abbiamo il vento alle spalle e ci aiuterà tantissimo anche se il mare è mosso.”

“Perfetto, andiamo!”

Sembra che il vento abbia capito il senso di questa missione e voglia darci una mano, mentre i motoscafi non hanno ancora capito che se corrono come pazzi noi ci becchiamo le loro onde. Dopo più di 7 h di canoa persino la Regina Elisabetta avrebbe perso la pazienza e così il passaggio del motoscafo viene accompagnato da una serie di frastimi che manco l’arbitro Moreno. 

A pochi km dall’arrivo la lucidità viene a mancare e iniziano le allucinazioni, vediamo droni dappertutto e persino un marshmallow gigante che galleggia in acqua. 

In un momento di pausa uniamo le canoe una accanto all’altra e Francesca mi dice:

“Ti auguro un arrivo meraviglioso”

“Cioè?”

“Lo capirai...” risponde Valentina “vedrai” aggiunge Margherita.

Son curioso come una scimmia e non vedo l’ora di arrivare anche perché non sento più le braccia. 

Pippi dice che all’arrivo ci sarà il figlio con un drone, probabilmente lo stesso che noi vedevamo con 10 km di anticipo. 

Iniziamo a intravedere qualcosa, spero non siano allucinazioni. 

Si vedono un sacco di persone che si sbracciano ma non le sentiamo, continuiamo a pagaiare anche se le ultime forse sono finite un paio d’ore fa. 

È il campeggio di Barisardo, l’animazione e un sacco di altre persone ci stanno aspettando e urlano “Braviiiiiii” con tutto il fiato che hanno, applaudono e urlano.

Noi alziamo le pagaie in segno di vittoria, ce l’abbiamo fatta, sembrava impossibile ma ci siamo riusciti, è tra le scene più commoventi che abbia mai vissuto. 

Scendiamo dalle canoe e io sento che potrei cadere da un momento all’altro, abbraccio tutti quelli che trovo davanti a me e bevo qualsiasi cosa mi venga offerto. Vorrei piangere come un bambino ma non lo faccio, un po’ per pudore e soprattutto rispetto di queste donne bioniche che hanno ancora qualche tappa da fare. Lascio che piangano loro e che si godano tutto questo meritatissimo affetto. 

Ci abbracciamo forte e ridiamo, perché in fondo in fondo mi avevano accettato da subito, ma coglionarmi per 10 ore era troppo bello.

Dopo una cena abbondantissima, finalmente si va a dormire. Nel silenzio della mia tendina ripenso alla giornata appena passata e mi sembra una metafora della vita: le difficoltà, il pensiero negativo, l’aiutarsi, il non lasciare nessuno indietro, gli obiettivi, il mare mosso, il vento contro e poi a favore, persino i motoscafi che corrono senza curarsi degli altri non sapranno mai cosa si prova a tagliare il traguardo in quel modo.

Chiudo gli occhi, finalmente qualche lacrima silenziosa viene fuori e ringrazio per questa giornata che non dimenticherò mai.

La mia partecipazione a questa iniziativa avrà ancora più senso se ci saranno delle donazioni da parte vostra, come vi ho detto il ricavato verrà utilizzato per l’acquisto di poltrone per l’infusione chemioterapica. 

Potete fare una donazione cliccando sul link qui sotto.

https://strangeforlife.it/aiuta-il-progetto/

Grazie di cuore a tutti ma soprattutto a queste barrose che vedete nella foto qui con me! 

Fonte: Facebook
RIPRODUZIONE RISERVATA ©

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