Ancora onorando e sempre amando Bachisio Zizi a dieci anni dalla morte
di Gianfranco Murtas
Sono trascorsi adesso dieci anni dalla morte di Bachisio Zizi, personalità d’eccellenza del Novecento (e di questa prima frazione del nuovo secolo e nuovo millennio) sardo: alto dirigente di banca – monumento di competenza economico-finanziaria e giuridica – e scrittore, uomo di disciplina e insieme di fertile inventiva, direi anche di sapiente rappresentazione, uomo di speciali vocazioni capaci di sintesi fra un elaboratissimo umanesimo laico conquistato con lo studio e la riflessione ed un approccio pragmatico alle chiamate del quotidiano, quello suo professionale e aziendale e quello sociale da lui attraversato sempre con senso di partecipazione. Esemplare portatore d’una coscienza del dovere, quale che sia stato, nel tempo, l’impegnativo campo di responsabilità: la promozione culturale (e valorizzazione dei talenti soprattutto giovani) e l’offerta di un sempre originale contributo ora letterario ora saggistico o d’analisi sociologica non meno che l’obbedienza gerarchica nello stretto esercizio di un lavoro delicatissimo, la conduzione di un sistema così decisivo, con i suoi equilibri e le sue dinamiche, per l’utile generale di un territorio da sostenere con misurate erogazioni di un credito mai elemosiniere e invece meritato e la raccolta di un risparmio volto ad impieghi futuri funzionali a nuove scene di vita.
Per onorare l’amico e maestro che, in questi anni, ho cercato con vari scritti di rendere presente, con la sua lezione di vita, il suo genio e la sua umanità, ai tanti che pur l’avevano conosciuto e frequentato ed agli altret-tanti che quella fortuna non avevano avuto, ho dato recentemente alle stampe – non per il commercio però – la raccolta documentaria di tali miei appuntamenti ideali. E con quei dodici interventi insieme di studio e di testimonianza usciti sulle pagine on line di Fondazione Sardinia e di Giornalia, uno ulteriore, tutto mirato – come supplemento – al “viaggio” intorno a quel Francesc’Angelo Satta Musio che fu amore di entrambi, amico caro, e già dall’infanzia bittese, di Giorgio Asproni e rettore di Orune per lunghi decenni, al tempo della ricomposizione unitaria dell’Italia e della presa di Roma, promotore di un’azienda modello a Marreri e scandalosamente assassinato nel 1873.
Qui di seguito riporto le due brevi introduzioni al quaderno di raccolta ed all’inserto.
Con Bachisio Zizi, progredendo oltre le apparenze
Doveva essere come sciogliere un voto laico, compiere, con mente e cuore, una promessa fatta ad una personalità che è stata una di quelle che maggiormente hanno inciso nella mia vita, nella mia formazione direi ancora giovanile e nella prima maturità: la stagione che giusto anticipa quella, sempre tribolata, dei consuntivi. Ripasso così, stretti fra loro coscienza e sentimento, il mio rapporto con Bachisio Zizi che ho molto amato anche nei momenti di distacco e perfino di riserva. Perché il complesso suo profilo umano, per come l’ho percepito lungo quaranta e più anni di consuetudine, per anni perfino quotidiana, mi si è sempre stagliato davanti come un esempio, un modello non soltanto di alta professionalità, ma anche di sapienza elaborativa: quella di chi, selezionando i materiali che gli si presentano davanti, nulla trascura, ma di tutto sa cogliere, neppure rivelandoli, i caratteri all’apparenza superficiali e trascurabili, e vitali invece nel sottotraccia. Nel bene per valorizzarli, nel male per liberarsene.
Le relazioni umane, quale che ne sia la natura – ora professionale ora di sodalismo associativo, politico o culturale o variamente sociale, ora religiosa ora aziendale e gerarchica – portano in sé sempre, e impongono, una carica di studio ed analisi circa la loro significatività, la loro incidenza sui personali percorsi di vita. Oltre gli sbotti emotivi del contingente, cercando invece gli elementi forti e strutturali, costitutivi di una reciprocità continua, nello scambio di un prendere e di un dare.
In campi diversi mi si è data l’occasione di sviluppare rapporti di intenso… commercio intellettuale, di pensiero e di idee, ma prima di tutto umano, con Bachisio Zizi. A partire da un giorno dell’estate 1976, nel suo ufficio elegante e sobrio. Io cagliaritano venivo da… lo posso dire? casa Dessì, lungo la Fluminera appena ricoperta e dirimpetto al lavatoio pubblico di Norbio. Avevo ventitré anni, scrivevo in prima pagina su L’Unione Sarda ed avevo letto i suoi romanzi, e me ne dicevo competente! da Il filo dellapietra a Marco e il banditismo, a Greggi d’ira. (Avrei avuto modo di seguire da vicino vicinissimo la stesura di alcuni dei successivi, di Erthole e di Santi di creta in specie, e avrei avuto modo anche di discutere con lui alcuni dei temi che sarebbero entrati metti in Il cammino spezzato, poi Il brusio dei frangivento, o già in Mas complicado, con quella testimonianza da brivido sul momento forse più cupo della sua vita – alludo al rischio di cecità – prima delle offese recategli dai lutti domestici).
Alla domanda netta e precisa – che cosa hai imparato, più di tutto, da Bachisio Zizi? – risponderei forse riferendomi alla disciplina, come abito feriale, ordinario, del vivere sociale e già personale, ed anche alla tensione alla conquista onnicomprensiva (non grossolana però) che lascia ad una seconda fase gli oneri della selezione, degli scarti. E dunque mi riferirei alla sua capacità di puntare sull’ “oltre” – quell’ “oltre” così incombente nelle pagine di Erthole – che poi raccontava, svelando l’arte delle percezioni (sue e altrui), la magia dell’umano. E s’intenda: dell’umano presente nel povero come nell’abbiente, nell’incolto umile come nel dotto umile al suo pari. Nell’umiltà risiedendo l’intelligenza della ricerca e di ogni avanzamento.
Non soltanto nella galleria degli “uomini del fare” isolani che aveva sagomato per le pagine de La Nuova Sardegna dei primi mesi del 1990, e di cui la figura di Zuacchinu – l’eroe non eroe di Erthole – rappresentava quasi il prototipo, ma anche nella quotidiana vicenda professionale di direttore di banca, del glorioso Banco di Napoli (maledettamente abbattuto da intrighi di politica ed inarrivabile finanza), Bachisio Zizi sapeva mettere a frutto il suo intuito esploratore ed empatico, fiondando nell’ “oltre” delle cosiddette “contropartite”, che poi altro non erano che i depositanti od i facilitati clienti di quella o quell’altra filiale della sua banca sistemica. Decisione rapida – un sì o un no in logica di responsabilità – ma ottima conservatrice memoria di una transazione, quella respinta così come quella accolta o promossa, la cui eco restava come documento di un contatto, di una interlocuzione, di una relazione, appunto di una intesa o di una rinuncia.
Le discrete, silenziose progressioni di Bachisio Zizi nell’anima dei suoi simili sono quanto di più di lui mi è rimasto. Si tratta di una ricchezza forse non definibile, espressione della sua arte del vivere e per me un tesoro autentico della cui scoperta (abilitandomi all’imitazione) gli sono rimasto grato.
Bachisio Zizi o della sua trasparente complessità di uomo ed intellettuale, fra banca e letteratura (1) (Fondazione Sardinia, 22 agosto 2014)
Per Bachisio Zizi (2), una testimonianza e testi inediti (Fondazione Sardinia, 27 agosto 2014)
Per Bachisio Zizi (3), ancora una testimonianza, i versi del 1968, l’immagine nel racconto autobiografico, un testo inedito. Qualche idea per onorare la memoria di un grande umanista (Fondazione Sardinia, 7 settembre 2014)
La Sardegna con l’Italia nel mondo, per evitare l’«esilio dalla storia». Bachisio Zizi, un umanista al comando d’una banca (Fondazione Sardinia, 16 agosto 2015)
«Temprato dalla vita dura che ho vissuto»: Bachisio Zizi, come una fabbrica di umanità . Una riflessione, una proposta ed un iniziale contributo compilativo nel secondo anniversario della sua scomparsa (Fondazione Sardinia, 14 agosto 2016)
Bachisio Zizi e gli “uomini del fare”, qualche riflessione nel mondo di Erthole fra Zuacchinu e Leporeddu (Fondazione Sardinia, 11 settembre 2017)
«La mente inchiodata dal doloroso pensiero di Francescangelo e dello assassinio suo»: Asproni e l’amicizia lunga e fraterna con il rettore Satta Musio. (Dedicato a Bachisio Zizi, come una preghiera civile) (Fondazione Sardinia, 11 agosto 2018)
A cinque anni dalla scomparsa di Bachisio Zizi (Giornalia, 12 agosto 2019)
Bachisio Zizi a sei anni dalla morte, una memoria sempre presente, cara e istruttiva (Giornalia, 13 agosto 2020)
Bachisio Zizi, lo scrittore che non s’arrese. A sette anni dalla sua scomparsa, rivisitando la sua bibliografia (fra risvolti e quarte di copertina, premesse, dediche ed eserghi) – parte prima (Giornalia, 18 agosto 2021)
A sette anni dalla sua scomparsa, rivisitando la sua bibliografia (fra risvolti e quarte di copertina, premesse, dediche ed eserghi) – parte seconda (Giornalia, 11 settembre 2021)
Bachisio Zizi, lo scrittore delle discese fra i perché. Ad otto anni dalla scomparsa ne resta vivissima la memoria. Noi completiamo la visita alla sua bibliografia (Giornalia, 18 agosto 2022)
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Ancora per Bachisio Zizi
Doveva essere destino: che cioè il pur attento e anzi scrupoloso ricaccio degli articoli che in questo ultimo decennio avevo dedicato ad uno dei miei più certi maestri di vita – Bachisio Zizi cioè – rivelasse subito una qualche deficienza: come ad ammonirmi, imponendomi una nuova, ennesima prova di umiltà, che mai è concluso, neppure per me (che pur sono… bravo e diligente), il lavoro di scavo e riproposizione della ricca personalità del direttore di banca (l’onorevolissimo Banco di Napoli di memoria nazionale e speciali benemerenze meridionali e sarde) e dello scrittore che alle lettere isolane ed italiane ha offerto lungo quasi mezzo secolo l’originalità della sua intelligenza e della sua cultura. Perché infine alla raccolta degli scritti cui avevo, con i curatori, provveduto per marcare e misurare – sì simbolicamente circa le intenzioni ma anche materialmente per la frazione di un “pane” da condividere – lo spessore del mio debito (morale, intellettuale, esperienziale) verso Bachisio Zizi, una puntata è mancata, dispersasi al momento della chiamata e recuperata adesso che però il quaderno è già stato chiuso e stampato. Ecco il perché di questo imprevisto supplemento… di recupero.
Il presente articolo “Bachisio Zizi e il suo (e mio) Francesc’Angelo Satta Musio, il rettore bittese di Orune educatore e poeta, patriota e massone” uscì il 30 luglio 2018, alla vigilia quasi del quarto anniversario della scomparsa del maestro ed amico, nello spazio web di Fondazione Sardinia. Faceva riferimento al personaggio che credo sia stato, sotto vari profili, fra i più cari – con le sue ruvidezze e ambiguità, ma certamente, certissimamente, anche con una complessità della quale forse egli sapeva dare conto soltanto al suo Signore celebrato al prezioso altare orunese di Santa Maria Maggiore e popolarizzato, chissà, tanto più ai raduni del Carmelo –, sì, personaggio fra i più cari a Bachisio Zizi che gli ha dato, a quasi centodieci anni dalla morte, nuova carne e nuovo sangue, presenza inventiva e di comando a Marreri e in paese, direi anche presenza di autorità prepotente, che forse, senz’altro anzi, non corrisponde alla nostra visione moderna di un clero povero e solidale con i poveri, sullo stesso piano dei poveri.
L’italianismo liberale attribuito al sacerdote di Bitti radicatosi ad Orune come un imperatore ne faceva peraltro un alfiere di posizioni avanzate e politicamente progressiste (non democratiche però), e sotto altri profili di più stretto range ecclesiale o clericale, era don Francesc’Angelo Satta Musio una personalità che al suo vescovo (detestato frate carmelitano) offriva l’obbedienza di casta ma non la soccombenza della sua intelligenza o della libera coscienza.
Era un’umanità prismatica, quella del rettore che in Francesco Mariani, prete orunese e scrittore… dissacrante, avrebbe avuto, un giorno, il biografo “storico” non “letterario” – secondo categorie che, per le loro rigidezze, lasciavano estraneo Zizi –, un’umanità svettante nel panorama sociale della Barbagia della metà e/o seconda metà del XIX secolo: un’umanità svettante e prismatica, di molte letture cioè, che Zizi aveva chiamato come “padrino” della sua ripresa narrativa, dopo una troppo lunga pausa, e primo tempo di una stagione che, partendo da Il ponte di Marreri, sarebbe arrivata ad eccellenze come sono da ritenersi Erthole e Santi di creta, contro ogni scempia sentenza di tribunale… e poi ancora a Il cammino spezzato ed I supplici…
Bachisio Zizi e il suo (e mio) Francesc’Angelo Satta Musio, il rettore bittese di Orune educatore e poeta, patriota e massone (Fondazione Sardinia, 30 luglio 2018)
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