Armando Businco e quella pagina inedita della storia della Libera Muratoria sarda (nel tempo onorevole)
di Gianfranco Murtas
Nella rete ho trovato, depositata credo dalla benemerita sezione ANPI di Imola, la tessera partigiana di Armando Businco, uno dei miei eroi ideali da quaranta e più anni, dacché ne intercettai la coraggiosa testimonianza democratica, di mazziniano sempre, nelle prove dell’antifascismo resistente: lui sì patriota, contro i patrioti rovesciati di Salò (complici dei burgundi invasori) e quegli altri di sentimento monarchico intruppati soldati del duumvirato che aveva schiavizzato le libertà italiane per due dolorosi decenni: quelli conclusisi con le nefandezze razziste e la guerra tremenda e grandemente luttuosa dichiarata al mondo.
Attende il suo biografo, Armando Businco, clinico di fama mondiale nel suo tempo, ordinario di anatomia patologica per lunghi anni con cattedra a Cagliari, Palermo e Bologna, soprattutto Bologna della cui prestigiosissima facoltà di Medicina fu anche il preside nell’immediato secondo dopoguerra. Un biografo ci sarà, e speriamo presto, certissimamente di alto profilo. E di lui, di Armando Businco – grandissimo clinico ed altrettanto grande democratico, umanista repubblicano e sardista internato nella caienna di Fossoli per aver negato a nazisti il radio dell’Istituto Galvani – sapremo tutto e così godremo con maggiore consapevolezza d’esser suoi conterranei. Eccoci pronti noi mazziniani e anche noi credenti in altre tavole ideali e di valori civili, tutti comunque patrioti mossi da una febbre democratica vanto di coscienza.
Nato repubblicano e militante, dopo la grande guerra, del movimento dei combattenti (allora anche come consigliere provinciale) e del Partito Sardo d’Azione – naturalmente d’un PSd’A tutto ispirato al magistero di Giuseppe Mazzini, Carlo Cattaneo e Giovanni Bovio – fu uomo della resistenza antiburgunda nelle file azioniste: ancora una volta interno ad una formazione di democrazia progressista e repubblicana, la stessa di Ferruccio Parri ed Ugo La Malfa, la stessa di Emilio Lussu e Cesare Pintus.
Da giovane studente di Medicina – allora 22enne – era stato barelliere a Palermo con altri suoi compagni di studio i quali, da Cagliari, raggiunsero la Sicilia per assistere nella emergenza i sinistrati dal terremoto/maremoto di fine dicembre 1908. E delle meravigliose imprese dei nostri ragazzi (poi rimpiazzati, sempre in chiave solidaristica, dai giovani atleti dell’Amsicora e dell’Eleonora d’Arborea) fu anche il cronista, dandone ripetutamente conto ai lettori de L’Unione Sarda, in prima pagina, nel gennaio 1909.
La politica e la medicina sarda – per una volta felicemente unite in una santa missione – a Businco hanno intitolato, ormai più di cinquant’anni fa, l’ospedale Oncologico regionale e credo anche tale circostanza dovrebbe suscitare un generale e diffuso, educato interesse a meglio conoscere tanto titolare...
Laureatosi nel 1912 e subito accolto come assistente presso l’istituto di patologia generale e poi come aiuto in quello di anatomia patologica della nostra università di Cagliari, egli poté associare proprio allora – giovane 26-27enne – la militanza repubblicana a quella massonica, aderendo alla Comunione di Piazza del Gesù di integrale ritualità scozzese. Ed è su questo punto che vorrei pur brevemente insistere anche per accompagnare un documento che considero “magico”, nel senso d’esser rivelatore di un profilo morale di raro, rarissimo… mercato. E che molto dovrebbe essere tesaurizzato, scalzando capitali inerti, nel circuito delle logge che oggi paiono tristemente soggiacere alle inconsistenze della società liquida.
Antifascista del Partito d’Azione, e libero muratore
Aderì, Businco, alla loggia Karales che dopo un anno soltanto dalla sua costituzione avrebbe deliberato di migrare verso la storica Famiglia giustinianea del Grande Oriente d’Italia (da cui quella di Piazza del Gesù s’era scissa nel 1908) che allora, nel capoluogo sardo, poteva contare – e così dal 1890 – soltanto su un’altra compagine d’organico (anch’essa di rito scozzese): sola ma ottimamente funzionante nei locali di via Barcellona che un certo giorno avrebbero ricevuto la visita dei questurini fascisti e molti sequestri.
Egli dunque con gli altri della sua corporazione passò, con il grado di Maestro, ai giustinianei nei 1914. Giusto un anno dopo, si sa, l’Italia entrò in guerra e numerosi massoni furono allora richiamati alle armi. E accadde allora che lutto si aggiungesse a lutto anche nelle raccolte comunità liberomuratorie della Sardegna: così fu colpita ripetutamente la Fratellanza di Cagliari, ma anche quella di Sassari e quella di Alghero non furono esonerate dalle sferzate crudeli degli accadimenti di cui la stampa riferiva ogni giorno portando le notizie nelle case, nelle fabbriche e negli uffici, nelle parrocchie e nei circoli… Così già da subito, fra l’estate e l’autunno dello stesso 1915 due furono i massoni sardi caduti in combattimento: Giovanni Romanelli, inquadrato nella Brigata Sassari, avvocato militare ed Oratore della loggia Sigismondo Arquer, ed Ottavio Della Cà, dottore in scienze politiche e coloniali e funzionario amministrativo della Società gas e acquedotto, (giovane: 28enne) Venerabile della loggia Karales.
E’ in questo contesto, quando anche diverse signore che avevano progettato di costituirsi, a Cagliari, in una propria loggia d’adozione rinunciarono al proposito per rifluire invece nella sezione cittadina della neocostituita Unione Femminile di supporto all’assistenza civile e patronato materiale ai soldati al fronte, che Armando Businco viene candidato ad una promozione nelle gerarchie massoniche cagliaritane. Che significa riconoscergli dei meriti speciali e premiare tali meriti.
Ma egli ricusa ogni “scalata”, rinuncia a quella gratificazione che il Saggissimo del Capitolo Scozzese – che poi è Oddo Casagrandi, proprio lui il rettore dell’università! – vorrebbe offrirgli mostrandogli così la sua speciale stima. Intende però parlarne prima, il Fratello Businco – che di congiunti richiamati in armi ne ha quattro! – , con il proprio Venerabile impegnato anch’egli in guerra. Il che gli sarà poi negato dalla sorte, per la sopraggiunta morte del giovane dignitario in un campo di battaglia.
Insieme con la dimostrazione palese del suo disinteresse ad ogni venalità, importa soprattutto, della lettera di Armando Businco, il riferimento alto a Dante e Mazzini e ai loro mondi ideali di cultura e civiltà cui la Libera Muratoria dovrebbe ispirarsi anche nei tempi nuovi.
Ecco il testo datato 21 giugno 1915 ed indirizzato al «Car. e Pot. Fr. Sagg.» Casagrandi:
«La vostra gradita tavola di partecipazione mi giunge in un momento nel quale non mi è possibile disimpegnare tutti gli obblighi che mi impone la promozione di grado. Ma se pure questi potessero – come [?] – essere superati, ritengo doveroso attendere una intesa personale col n. Car. Fr. Ven. che attualmente si trova al fronte per compiere il suo dovere di Italiano [qui il riferimento è ad Ottavio Della Cà, presto caduto in battaglia]. Ed è perciò che mentre prendo atto e Vi ringrazio di cuore della benigna distinzione con cui avete voluto ripagare la disinteressata opera mia e Vi prometto che mirerò con entusiasmo giovanile al raggiungimento dei fini nobilissimi della n. istituzione, Vi prego di soprassedere su ogni e qualsiasi altro passo fino a quando il n. Fr. Ven. non sarà fra noi.
«Con sempre viva fiducia nella nobile opera della Massoneria e nell’avveduta guida dei nostri Maestri, auguro a costoro e alla Associazione maggiori trionfi e soddisfazioni in una patria finalmente unificata nel segno di Mazzini e di Dante».
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