Contus de su Poettu. Il remo rotto e Gianni novello avvocato.
Quando il nostro amico Gianni sconfisse le ingiuste pretese del Lido, confermando di essere votato al diritto.
L’estate di non ricordo quale anno (1968 – 1969?) con un gruppo di amici decidemmo di affittare un casotto al Poetto. Come fare? Ne parlammo con l’amico Dino, pratico di affari balneari, che prontamente individuò un casotto disponibile nella zona denominata “quarta fermata”, laddove i binari del tram attraversavano la strada. Ci mise quindi in contatto con il proprietario, un certo signor Mameli. Di lui non ricordo quasi nulla, se non che avesse fama di gran bevitore (anti nau chi Mameli buffada!) e con il quale ci accordammo rapidamente sul prezzo (sostenibile), sul periodo (l’intera stagione) e su altre condizioni minime, sintetizzate nel concetto “no faeis casinu!”. Appropriato nella circostanza dell’affitto di un casotto! A seguire: soldi anticipati “a is dentis” e consegna delle chiavi del lucchetto. Il casotto, della pezzatura più piccola tra quelli adiacenti (due locali e una verandina), era in ottimo stato e si presentava bene, ma noi volevamo che si distinguesse e per questo montammo sul tetto un’antenna televisiva e sulla porta un citofono. Il tutto privo di funzionamento, insomma solo per figura, che effettivamente faceva.
A pensarci di quel tempo lontano ricordo poco, ma almeno un episodio non ve lo risparmio. Lo intitolo: il remo spezzato e Gianni novello avvocato. Eccolo.
Che Gianni fosse tagliato per fare l’avvocato lo capimmo con chiarezza quella mattina di agosto, quando con lui e Paoletto decidemmo di lasciare la nostra zona di spiaggia per fare una puntatina al Lido. Gianni ci teneva per via di un’amicizia con una ragazza (che coltivava per un possibile amore) che al Lido aveva una cabina della famiglia. Come era naturale entrammo nello Stabilimento passando dal mare della spiaggia libera. Gianni trovò la sua amica e per non imbarazzarlo, Paoletto ed io cercammo altro da fare. In realtà Paoletto aveva una precisa idea, quella di affittare un pattino per fare una escursione alla grotta dei Colombi, tanto è che si era portato appresso la carta d’identità e pochi soldi. Fui d’accordo. Trovato il Servizio noleggio barche, pagammo 500 lire (mi pare), lasciando in pegno il documento d’identità. Ci fu consegnato da un Addetto (un tale in divisa da marinaio) un pattino di legno con due remi con cui potemmo iniziare la navigazione.
Al comando di Paoletto, al primo remo, io al secondo, il pattino solcava il calmo mare d’agosto. Dopo meno di mezz’ora di navigazione, eravamo ormai di fronte alla grotta dei Colombi. E qui avvenne l’imprevedibile: il mio remo si spezzò in due. Nonostante avessimo circa due ore di autonomia, paventando improbabili peggioramenti delle condizioni atmosferiche, insomma vinti da ingiustificato timor panico decidemmo di rientrare e in oltre mezz’ora raggiungemmo l’imbarcadero del Lido. Riconsegnammo il natante con i due remi (quello sano e l’altro in due monconi) all’Addetto, raccontando l’accaduto e richiedendo indietro la carta d’identità di Paoletto. Ma l’Addetto obiettò che dovevamo risarcire la rottura del remo in quanto secondo lui la causa era stata l’imperizia del rematore. A nulla valsero le nostre proteste: l’Addetto aveva il coltello dalla parte del manico: la carta d’identità di Paoletto. A quel punto riapparve Gianni con, in disparte, la dolce amica. Rapidamente lo mettemmo al corrente della vicenda e delle pretese dell’Addetto. “Lasciate fare a me” – disse – e prendendo in mano i monconi del remo rotto si rivolse direttamente all’Addetto: “Egregio signore. La invito a restituire la carta d’identità ai miei amici e a lasciar perdere ogni assurda pretesa, perché è evidente che il remo in questione è stato consegnato già danneggiato tanto è che si è spezzato al minimo contrasto con le onde marine”. L’Addetto rimase esterrefatto dalle argomentazioni e dal tono di Gianni e cercò quindi di disconoscerne la legittimità di intervento: “Scusi, chi è lei? Tra l’altro mi risulta non fosse presente al fatto. Si metta da parte e si faccia i fatti suoi”. Le cose si mettevano male. Ma Gianni non indietreggiò di un millimetro e subito replicò: “Chi sono io? Sono un esperto di legge e qui rappresento due amici da cui lei pretende ingiusti risarcimenti e che in questo caso sono invece parte lesa. Dunque sono fatti miei. Quanto alla circostanza di non essere stato presente al fatto, siamo esattamente nella stessa situazione, infatti neanche lei c’era. Guardi le consiglio di restituire il documento e chiuderla qui, pro bono pacis, ad evitare che lei e la sua Società possiate essere incriminati per aver creato una situazione di rischio per l’incolumità fisica dei miei assistiti”. A questo punto forse per la qualificazione di legale dichiarata da Gianni, che se è vero che s’intendeva di diritto essendo studente di Giurisprudenza, non era ancora laureato, ma, probabilmente, anche per quella espressione latina “pro bono pacis”, l’Addetto si mise paura e restituendo il documento, rinunciò a qualsiasi pretesa. Così andò: bene per tutti noi e, azzardo, soprattutto per Gianni, che per i fatti narrati, in particolare per la sua capacità di esercizio della “difesa vincente”, vide aumentare le sue quotazioni per il perseguimento del suo vero obbiettivo: l’ Amore.
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I fatti narrati e i personaggi sono frutto della fantasia e dell’immaginazione dell’autore. O no?
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