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Lorenzo Sanna

Don Tonino Bello, profeta di pace e poeta di speranza

Brevi note su una figura emblematica della chiesa contemporanea

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E’ oramai trascorso oltre un quarto di secolo dalla scomparsa da questa terra di Tonino Bello, eppure il ricordo di questa esemplare figura di prete e di vescovo non solo non accenna a sbiadire, ma diviene con il passare del tempo più vivo e si arricchisce di esempi illuminanti.

​Per noi che lo abbiamo conosciuto solo attraverso l’ascolto di testimonianze indirette e la lettura dei suoi scritti, appare interessante fornire dei brevi spunti di riflessione su alcuni dei profili più interessanti della sua esperienza pastorale e culturale cercando di evitare il rischio di essere puramente agiografici ed inutilmente ripetitivi.

​Può essere significativo iniziare l’analisi dalla suggestiva immagine delle sue esequie celebrate il 22 Aprile 1993 nel porto di Molfetta nel corso delle quali lo accompagnò in processione alla dimora celeste un corteo di oltre cinquantamila persone in cui, oltre alla schiera di autorità e ad oltre cento confratelli vescovi, si distinguevano i volti dei pescatori, degli operai, degli sfrattati, degli immigrati, dei tossicodipendenti, insomma gli “ultimi” e i “dimenticati”, ai quali Don Tonino aveva dedicato il suo ministero in aderenza agli imperativi delle Beatitudini evangeliche.

​In tutti quei volti, si poteva difatti scorgere quello sguardo di tenerezza e di dolcezza che il “vescovo dei poveri” aveva sempre cercato di posare su ognuno di loro, non solo mettendo in atto iniziative per il recupero degli emarginati e dei diseredati, ma attraversando personalmente di notte le strade della città per “raccattare” i randagi e i barboni e mettendo loro a disposizione le stanze dell’episcopio, nel segno della “Chiesa della stola e del grembiule”, da lui ritenuta l’espressione più autentica del servizio pastorale.

​Accanto a questa dimensione autenticamente sociale, e però intimamente connessa con questa, vi era poi in Don Tonino quella universale dell’impegno in favore della pace e dell’uguaglianza tra i popoli, portato avanti attraverso l’associazione “Pax Christi” della quale fu presidente nazionale in un periodo storico attraversato da gravi turbolenze specie sul confine adriatico del nostro paese e dai conseguenti drammi sociali generati dalla fuga verso l’Italia di profughi provenienti dalla vicina Albania e dalla Jugoslavia in dissoluzione.

​Impegno culminato nell’autunno 1992, quando, sofferente e piagato da un male incurabile, si pose alla guida dei “pazzi della pace” e promosse, incurante degli attacchi dei cecchini e dell’opposizione delle autorità civili, un lungo ed avventuroso viaggio a bordo della motonave “Liburnija” fino a Sarajevo dove il 12 Dicembre si tenne la celebre “marcia dei cinquecento” con la quale, sfidando le bombe, visitò la città “martoriata” dal conflitto portando quell’universale messaggio di pace e di fratellanza per il quale Don Tonino spese per l’appunto fino allo estremo delle forze la sua vita.

​Ma, oltre a questi profili per così dire pubblici, ve ne sono altri meno noti, eppure altrettanto importanti per una ricostruzione completa della sua figura.

​In primo luogo, va ricordato l’impegno profuso “dietro le quinte” dal giovane Don Tonino nel Concilio Vaticano II, al quale, dopo aver assistito tra l’ammirato e lo stupefatto allo sfarzo e alla solennità esibiti dal corteo dei padri conciliari all’ingresso della Basilica Vaticana, prese parte in qualità di perito accanto al vescovo di Ugento Mons. Ruotolo, fornendo preziosi suggerimenti sulle questioni oggetto di riflessione nel corso dell’assise ecumenica ed impegnandosi poi fin da subito per metterne in pratica i deliberati e divulgarne i valori con corsi e lezioni.

Al proposito, riferendosi al riaffermato dogma della Trinità, come ha testimoniato Mons. Luigi Bettazzi, il giovane segretario del vescovo pugliese ebbe a dire, tra l’altro, che “Se fossero uno più uno più uno, sarebbero tre, ma siccome sono uno per uno per uno, sono talmente uno per l’altro che sono uno solo”, così fornendo una spiegazione semplice quanto efficace del mistero insito nella figura del Dio che è insieme Padre Figlio e Spirito Santo.

Del pari, non può dimenticarsi la cura di Don Tonino per i giovani e la costante attenzione al tema vocazionale, del quale resta memorabile e quanto mai attuale il discorso reso da giovane vescovo in occasione dell’ordinazione di due candidati agli ordini minori, da lui invitati “a resistere alle lusinghe ed alle tentazioni del mondo” ed a farsi “poveri davanti a Dio”, guardando avanti con grande fierezza e grande gioia e mettendo da parte tutto per seguire Cristo e vivere con il Signore in un legame profondo stando in mezzo al popolo, “con un cuore capace di comprendere il peccato della gente, la povertà della gente, la paura della gente, la tristezza della gente, il pianto della gente”.

Così come risuona ancora forte il ricordo del suo ultimo compleanno, quando i giovani della diocesi, per festeggiare il loro vescovo ormai morente, invasero il cortile dell’episcopio ed intonarono, accompagnati dal suono delle chitarre, l’invocazione di pace “Freedom”, tanto cara a Don Tonino, e il canto della santa Teresa d’Avila “Nulla di turbi, nulla ti spaventi, solo Dio basta”, ricevendo da lui un’estrema e dolce benedizione e raccogliendone l’invito a non avere paura di coltivare “grandi utopie e idealità purissime, soprattutto quelle che si rifanno ai grandi temi della pace, della giustizia e della solidarietà”.

Resta infine un altro aspetto sul quale vale la pena soffermarsi, ed è quello dell’amore di Don Tonino per la bellezza del creato ed in particolare per la sua terra di Puglia, il Salento e la cittadina di Alessano dove era nato il 18 Marzo 1935.

Mi pare importante riportare a questo punto un passo della omelia pronunciata nella chiesa parrocchiale del paese natale con la quale rivolse un commovente saluto e un solenne ringraziamento alla sua gente, proprio all’indomani della consacrazione episcopale avvenuta il 30 Ottobre 1982 a Tricase, la sua ultima parrocchia:

“Grazie terra mia, piccola e povera, che mi hai fatto nascere povero come te, ma che proprio per questo mi hai dato la ricchezza incomparabile di capire i poveri e di potermi oggi disporre a servirli . . .Grazie, culla tenerissima della mia infanzia, dove ho conosciuto sì le prime amarezze della vita ma dove ho anche sperimentato le cose semplici e povere di cui vivono gli umili: tepori di focolari nelle sere d’inverno, preghiere mormorate attorno alla tavola, sapore di pane, profumo di campo e di bucato, interminabili veglie, all’aperto, nelle notti d’estate, in cui il racconto dei più vecchi si caricava di inesprimibili nostalgie e fermava per un poco i sogni dei più giovani . . .Grazie, mio paese natale, perché facendomi innamorare di te, delle tue strade e delle tue case, delle tue viottole di campagna e dei tuoi palazzi austeri, dei meriggi assolati sulle tue piazze deserte e dei tuoi tramonti suggestivi dietro i cianci, delle tue bufere e delle tue inquietudini solenni contemplate dalla vasca, mi hai introdotto ad innamorarmi di Dio, autore del creato . . .Grazie, chiesa di Alessano, che mi hai partorito alla fede con il battesimo e mi hai corroborato con la cresima e mi hai nutrito con l’Eucaristia, e mi hai rigenerato con il sacramento del Perdono, e sei stato il cenacolo della mia pentecoste sacerdotale ”.

Passi dai quali emerge, accanto ad accenti di rara profondità e di pregiato lirismo, quel tratto di umanità e di semplicità assai vicino alla sensibilità e alla spiritualità dell’uomo comune che, assieme alla croce pettorale in legno d’ulivo ed all’anello pastorale formato unicamente con le fedi dei genitori, fanno di Don Tonino Bello un bell’esempio di umiltà evangelica cui la Chiesa d’oggi non può fare a meno di guardare per ritrovare la sua impronta originaria.

Non poteva infine mancare, a suggellare il quadro di una vita vissuta interamente nel solco della autentica esperienza cristiana, la prova della malattia e della sofferenza fisica offerta e vissuta da Don Tonino con coraggio e come “un’attesa, una vigilia, una speranza” nella certezza che la morte non è mai una fine, ma una continuazione.

Tale attesa conobbe il suo epilogo nella settimana santa del 1993 con l’ ultima apparizione pubblica in occasione della messa del crisma quando si fece condurre in Cattedrale in carrozzella per consegnare ai fedeli un ultimo messaggio di speranza con queste parole:

“Abbiate coraggio! Vogliate bene a Gesù Cristo, amatelo con tutto il cuore, prendete il Vangelo tra le mani, cercate di tradurre in pratica quello che Gesù vi dice con semplicità di spirito”, e con la partecipazione silenziosa alla Via Crucis del Venerdì Santo allorchè venne appositamente modificato il tracciato della processione per porre una stazione sul cancello dell’episcopio così da consentire al vescovo di assistere dalla sua finestra al rito ed infine nel messaggio augurale di Don Tonino per la Pasqua di Resurrezione, che vale qui la pena di riportare per intero:

“Vi benedico da un altare scomodo, ma carico di grazia.

Vi benedico da un altare carico di penombre, ma carico di luce.

Vi benedico da un altare circondato da silenzi, ma risonante di voci.

Sono le grazie, le luci, le voci dei mondi, dei cieli e delle terre nuove che, con la Resurrezione, irrompono nel nostro vecchio mondo e lo invitano a tornare giovane”.

Parole profetiche che, mentre l’esperienza terrena di Don Tonino si avviava al tramonto, consegnavano la sua figura e la sua testimonianza alla storia e ne preparavano l’ascesa alla gloria degli altari, dove ben presto potrebbe approdare come uno dei più luminosi esempi di virtù cristiana del nostro tempo.

 

 

 

 

 

RIPRODUZIONE RISERVATA ©

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Gianfranco Murtas

26 Feb 2021

Commento l'articolo di Sanna a questo link: https://www.giornalia.com/articoli/commento-allarticolo-di-lorenzo-sanna-don-tonino-bello-profeta-di-pace-e-poeta-di-speranza/


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