Il 25 Aprile nelle Logge Sarde
Fonte: Loggia Gallura 1060 Oriente di Olbia
Carissimi Fr:., ho preso spunto per l'intervento di oggi da articolo che mi è capitato di leggere due giorni fa.
Questo estratto riportato da Murtas nel suo Diario di Loggia riporta il discorso tenuto dal M:.V:. Federico Canepa della R:.L:. Risorgimento allora unica all'oriente di Cagliari.
La data esemplare è il 4 maggio 1945, seconda data utile dopo il 25 aprile e la prima in cui fossero certe le notizie sullo stato politico democratico del paese.
Commenterò in seguito.
«Fratelli! Non con l’idea di trattenervi con un discorso, oggi vi parlo, ma col proposito unico di lasciare segno nelle Tavole di questa Officina del grandioso evento che si è maturato alla fine di aprile. L’Italia è liberata tutta: Mussolini ed i suoi accoliti trucidati; il fascismo termina rivelandosi per quello che era: una immane vescica gonfia di sicumera e di prosopopea. Non c’è stata scintilla di eroismo o trasporto epico nella figura d questo dittatore da operetta, il quale, dopo aver tenuto sotto il proprio tallone l’Italia tutta per oltre un ventennio, dopo aver assunto atteggiamenti da palcoscenico, dopo aver fondato un foro ed intitolata una città al suo nome, dopo essersi illuso di aver creato un Impero, un modo di vivere e persino un’era della storia, pervenuto all’ultimo atto della tragedia, quando tutto crolla, quando il mondo intero lancia il suo terribile atto d’accusa, non va a spararsi il classico colpo alla tempia ma si fa catturare come un volgare malandrino.
«Esaminando la fine di quest’uomo, noi massoni dobbiamo trovar una ragione di compiacimento nel fatto che giustizia sia stata compiuta in maniera così rapida e sbrigativa. I patrioti del Comasco hanno reso un servizio all’Italia condannandolo per direttissima ed evitando un processo lungo, penoso, asfissiante, che non ci avrebbe in nessun modo avvantaggiato, suscitando magari nel popolo un forte risentimento per la nostra proverbiale lentezza.
«Troviamo altresì motivo di compiacimento nel fatto che il sacrificio dei nostri più illustri Fratelli Capello, Zaniboni, Torrigiani, Bacchetti, Bacci, Ballori e gli assassinati di Firenze nella famosa nuova notte di San Bartolomeo, sezionati e gettati nelle fogne, stanno a dimostrare al mondo che l’avversione della Massoneria al fascismo era visione lampante della umiliazione della personalità umana degli italiani, della coartazione della tradizionale libertà, della offesa ai nostri più puri sentimenti. Intuiva, l’Ordine, il gioco d’azzardo del fascismo ed intuiva il sicuro disastro avvenire. I fatti l’hanno dimostrato.
Giustizia è stata resa ed al momento opportuno, dalle massime Autorità dell’Ordine tutta la procedura sarà messa in rilievo e portata a conoscenza di tutto il popolo italiano.
«La fine di Mussolini e dei suoi accoliti costituisce un monito ed un avvertimento che ricorderà a chiunque nutrisse velleità sopraffattrici che la dittatura è un pericoloso esperimento, specie in suolo italiano, dove gli abitanti possiedono una personalità ed un giudizio critico troppo marcati ed ove la libertà vanta una secolare tradizione, perché sempre fu scuola e campo d’azione della Carboniera prima, e della Massoneria in prosieguo.
«Termino il mio dire con un augurio: che il popolo italiano comprenda che deve ora seguire la strada maestra, cioè quella del lavoro, della libertà, della giustizia, col concorde contributo di tutti indistintamente i cittadini. Così operando non vi è dubbio che l’Italia potrà riguadagnare nel mondo il posto perduto. Questa, o Fratelli, dovrà essere l’opera e lo sforzo che noi massoni dobbiamo compiere in questo momento…». Aggiungo io per chiarezza.
Il 23 febbraio 1923 il Partito Nazionale Fascista invitava i fascisti che sono massoni a scegliere tra l'appartenere al partito nazionale fascista e alla massoneria; poichè non vi è per i fascisti che una sola disciplina; la disciplina del fascismo; che una sola gerarchia; la gerarchia del fascismo; che una sola obbedienza: la obbedienza assoluta, devota e quotidiana al capo ed ai capi del fascismo."
Le persecuzioni continuarono a crescere fino al 19 maggio 1925 giorno in cui la camera approvò la legge sulle associazioni e di fatto vietò la massoneria. Il 22 novembre dello stesso anno, Il Venerabilissimo Gran Maestro Torrigiani scioglie tutte le logge ma non il Grande Oriente, pochi mesi dopo verrà arrestato e mandato al confino.
A Sassari Analogamente a quanto avveniva a Cagliari il 6 Aprile 1945 la R:.L:. Angioy si riunisce con le stesse cariche che aveva venti anni prima: Annibale Rovasio M:.V:. Giovanni Boeddu 1:.S:. Menotti Campa 2:.S:. Questa immagine è quella che voglio ricordare stasera come "25 Aprile", quei Fr:. che si riunirono in una serata come questa, avevano aspettato venti anni e si erano ritrovati segnati da un calvario che aveva visto morire i principi risorgimentali dei quali l'obbedienza era un avanposto, avevano visto imprigionare ed uccidere i propri fratelli, distruggere le proprie logge ed i simboli.
Non è possibile, io credo, per la nostra generazione capire fino in fondo ciò che la liberazione significò. Vorrei aver incrociato gli sguardi di quei fratelli che in un paese distrutto da fame guerra e repressione, pur sfiancati dalla vita trovarono la forza di raccogliere i cocci di una associazione distrutta e ricominciare a costruire quel tempio "esteriore" questa volta, è evidente che il tempio interiore era ben saldo.
Le parole della Massoneria di quei giorni erano diverse da quelle di oggi. Il M:.V:. Canepa che, per inciso morirà pochi mesi dopo, ha parole dure, profondamente politiche e attive nella vita profana. Fichte sostiene che "La Massoneria invero non può proporsi nessuno degli scopi a cui si dedica già notoriamente e apertamente qualcuna delle classi, degli indirizzi e ordinamenti esistenti nella società umana." Ebbene, in quel momento la "sociètà umana" era allo sbando e tutto andava ricostruito, in quel momento, la luce dei nostri principi poteva impressionare come una lastra fotografica la nascente nazione. Se mi è consentita una esortazione, è quella a non dare per scontati i nostri valori e le nostre libertà ognuna di esse reca una firma costata sangue, ha il nome ed il cognome di un uomo che spesse volte era un fratello.
Ho detto.
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