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Il cannone e la cerbottana. Clamoroso al GOI: ricusati da Bonvecchio i giudici “controiniziati”. Anche a Cagliari se ne discute, dopo l’OK di Bisi e Pietrangeli agli insulti a Mattarella e Bovio

Redazionale

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La vogliamo fare semplice. La nostra piattaforma di giornalismo sui generis o, come anche si dice, “partecipativo” è osservatrice neutra di quanto capita nel mondo così come nel microcosmo regionale e cagliaritano in particolare. Da oltre due anni essa è stata richiesta di ospitare momenti dialettici, anche molto accesi, interni alla massoneria italiana di maggior nome, vale a dire il GOI che fu, in quanto alle maggiori responsabilità “magistrali”, del sardo Ernesto Nathan, del sardo Guido Laj, del sardo Armando Corona e, nella nostra Isola, di innumerevoli altre personalità di prim’ordine che, anche noi estranei al “range”, abbiamo imparato a conoscere attraverso i numerosi scritti pervenutici da autori diversi (ne ricordiamo qui alcuni dei quali abbiamo avuto – non abbiamo difficoltà a riferirlo, perché ne siamo stati espressamente autorizzati – copia delle schede biografiche in un dossier redatto da un iscritto alla loggia Asproni di Cagliari appassionato cultore della storia della fratellanza sarda: Paolo Camboni, Domenico Salvago, Nicola Valle, Stefano Lanero, Bruno Fadda, Emilio Acciaro, Annibale Rovasio, Bruno Mura, Ovidio Addis, Paolo Carleo, Alberto Silicani, Emilio Fadda, Mario Giglio, Hoder Claro Grassi, Carlo Mascia, Beppe Loi Puddu, ecc. Le schede sono complessivamente 126 e prendono un arco di circa 80 anni).

Nelle scorse settimane il dibattito che s’era generato nell’Isola per le sgangherate – legittima nostra opinione – offese, tutte documentate, indirizzate da diversi dignitari in carica nientemeno che al presidente Mattarella e ad altre autorità della Repubblica, oltreché alla stessa tradizione massonica ed alla storia democratica della patria italiana, s’era trasferito a livello nazionale perché raccolto dal canale Telegram detto del “Cavaliere Nero” (http://www.cavnero.eu/). Un artificio tele-informatico costituitosi come sede di discussione e critica alla gestione, ritenuta opaca, della giunta del Grande Oriente d’Italia e in prima persona dell’attuale numero uno, successore di nobili figure donate dall’esperienza civile e dal sentimento mazziniano alla massoneria: Mazzoni, Petroni, Lemmi, Nathan, Ferrari – maestro e padre d’arte del cagliaritano Giuseppe Boero! –, Torrigiani (finito al confino di Lipari come Lussu), e altri ancora come Cipollone – firmatario del manifesto antifascista di Giovanni Amendola – e Gamberini, Salvini, Battelli, Corona, Gaito, Raffi. I libri del professor Mola, o quelli del professor Conti, e i numerosi altri di autori altrettanto autorevoli, ce ne hanno raccontato le biografie: non uomini immacolati, ma uomini certamente di ingegno e passione democratica, tutti senza eccezione.

Si è incrociata con lo scandalo cagliaritano, “coperto” dai maggiori dirigenti locali (ne aveva scritto anche L’Unione Sarda il 23 agosto 2020), una vicenda milanese.

Possiamo riassumerne il filo così, partendo proprio da Cagliari per arrivare a Milano. Oltre cento – ma se ricordiamo bene erano quasi duecento! – pagine facebook aperte da due o tre dignitari del GOI locale (giunti alla ritualità di loggia nelle ondate successive alla morte di Armando Corona e della “vecchia guardia”) avevano rappresentato per diversi anni caricature e fotomontaggi, alternando le epoche storiche, in offesa di… Giovanni Bovio e Sergio Mattarella, Giuseppe Mazzini e Giorgio Napolitano, il biblico Hiram e l’eroico 25 aprile, Salvador Allende e la Merkel, ecc. con inopportuni (?) cenni ai campi di prigionia nazisti e all’acido nel quale sciogliere certe donne, ecc. Un grande dito medio di supporto alla figura di Giovanni Bovio innamorava altri dignitari e loro gregari con like o con la propria firma per esteso (che noi abbiamo sempre pixellato, ma che ci è stato detto rispondere anche a candidati alle elezioni massoniche regionali fissate per ottobre).

Tutto questo era stato documentato al Gran Maestro anche dal presidente della benemerita associazione Cesare Pintus, intervenuto più volte, e da altri; era stato riportato in un articolo de L’Unione Sarda del 23 agosto 2020, ma era stato anche e soprattutto comprovato da svariate decine di articoli (per un totale di 400 pagine!) postati nella nostra piattaforma e visionati complessivamente quasi 50.000 volte! … tutto questo era stato ignorato dal Gran Maestro che nell’intervista a L’Unione negava pure l’evidenza, mentre, nelle stesse settimane, la denuncia dei fatti era divenuta motivo di straordinaria pulizia etnica e di oltranzista difesa di chi, confessandosi autore delle vignette, minacciava – se punito – di trascinarsi dietro tutto l’establishment giudicato suo volontario complice. Anche di questo abbiamo scritto ospitando alcuni interventi. Il “brontolio gregarista” (definizione offertaci, con triste sorriso, dal nostro amico massone iscritto alla loggia Asproni) non si trasformava però in dibattito critico e autocritico, così fino a due settimane fa, quando il caso milanese di Salsone e Bonvecchio ha avuto una sua ricaduta anche nell’Isola.

Gli addebiti mossi dal Grande Oratore Pietrangeli ai due esponenti della massoneria lombarda riguardavano un commento, uscito nella loro pagina facebook, all’indomani della conferma dell’on. Mattarella al suo ufficio nel Quirinale: perché segnalava l’incapacità dei partiti politici di trovare fra i 60 milioni di italiani un altro Mattarella, degno quanto lui della presidenza della Repubblica. Evidente il rischio di trasformare una istituzione repubblicana in una istituzione monarchica. Allusione all’attuale Gran Maestro già al secondo mandato e forse con ambizioni ad un terzo?


Ecco l’imputazione in capo all’avv. Tonino Salsone – presidente del Collegio regionale lombardo e riconosciuto unanimemente come personalità di superiore statura etico-civile nonché professionale – ed al prof. Claudio Bonvecchio, ex ordinario di filosofia alla prestigiosa università dell’Insubria nonché Gran Maestro aggiunto. Inquisiti dallo stesso Grande Oratore che non aveva tenuto in nessun conto gli insulti rivolti da uno “scervellato” (“in buona compagnia”, ci hanno scritto da palazzo Sanjust mandandoci, a suo tempo, gli screenshot, e tanto ci ha confermato l’informatissimo nostro collaboratore della loggia Asproni) addirittura al presidente della Repubblica, ma aveva ritenuto gran colpa una riflessione di perfetto buonsenso.


Dal suo canale Telegram il… fantastico Cavaliere Nero ci aveva contattati ed aveva gentilmente diffuso a livello nazionale quanto noi avevamo ospitato lungo due anni. Con lui abbiamo sviluppato una settimana fa, via email, una bella interlocuzione che ha avuto qualcosa come 3500 accessi d’interesse. Ne siamo stati soddisfatti, come redazione di questo giornalismo “partecipativo” fattosi, nel concreto, “partecipato”.

Abbiamo anche riferito, domenica scorsa, che l’avv. Salsone è stato condannato dalla giustizia massonica alla interdizione dalle cariche sociali per un triennio, venendo così impedito di concorrere alle prossime elezioni del Gran Maestro; egli ha poi avvertito della sua prossima opposizione alla sentenza non meglio specificandone però le modalità e la sede.

La immediata presa di posizione, in quanto reazione, del prof. Bonvecchio ci è sembrata importante: in un suo primo documento egli ha denunciato la parzialità dei giudici sanzionatori di Salsone (definiti addirittura “controiniziati”), in un secondo – che abbiamo anch’esso noi stessi pubblicato, domenica scorsa – ha contestato la Circolare interna che rammentava l’impossibilità, come da presunta disciplina, di adire il giudice civile nel caso si ritenessero violati i propri diritti associativi.

Il prof. Bonvecchio contesta, in pratica, la pretesa del Gran Maestro Stefano Bisi per cui un imputato chiamato alla sbarra della “corte centrale del GOI” non possa, insoddisfatto della susseguente determinazione, impugnare la relativa sentenza di fronte alla Giustizia Civile (come configurato dal grado costituzionale della tutela, posto dall’art. 24 della legge fondamentale dello Stato).

Così, dunque, sempre secondo il prof. Bonvecchio, nella lettura del Gran Maestro Stefano Bisi si configurerebbe la pretesa eversiva di sovraordinare la giustizia (o magari malagiustizia) “domestica” a quella statale.

Con un terzo documento uscito oggi stesso, il professore ha alzato ancora il tiro, ricusando per sé gli stessi giudici da lui accusati apertamente di essere, oltreché eterodiretti, anche dei “controiniziati”. Dovrebbe dunque saltare il suo processo calendato al 29 p.v.

Abbiamo ricevuto questo documento e, come sopra abbiamo riportato la prima pagina della corposa “tavola d’accusa” firmata Pietrangeli, così riproduciamo anche questo ultimo documento di evidente interesse non soltanto per i massoni ma per la vasta cittadinanza che crede nello stato di diritto.


Noi registriamo i fatti per come ci sono stati riferiti e, quando possibile, pubblichiamo i documenti che ci vengono trasmessi in redazione o ai recapiti privati di redattori e collaboratori.

Non abbiamo titolo per entrare nel merito delle vicende, ma ancora, da terzi, rileviamo che non ci pare chiaro né intellettualmente onesto che se è stato considerato esibizione di (pur sgangherata e per nulla spiritosa) goliardia il ripetuto e greve attacco alle istituzioni repubblicane da parte di vari dignitari cagliaritani, si sia poi puntato il cannone su due alti dirigenti del GOI che, nel loro privato, hanno legittimamente espresso considerazioni di assoluto buon senso e su oggetto di evidenza palmare. E neppure la cerbottana sulla congrega sarda.


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Fonte: Redazione
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