IL PATRIARCATO ESISTE? Anche se esistesse non andrebbe raccontato come fanno le femministe
Il concetto di "patriarcato" è troppo semplicistico per essere considerato veritiero.
La negazione del "patriarcato" non è una posizione da attribuire solo a certi movimenti politici, che spesso viene utilizzata per sostenere un sistema sociale e culturale che discriminerebbe e sottometterebbe le donne e gli uomini. Al contrario, affermare che il patriarcato non esiste è una verità talmente ovvia e banale che dovrebbe essere compresa da chiunque, indipendentemente dalle sue posizioni politiche.
Guardando alle basi della teoria politica, sorgono domande cruciali, fondamentali direi: chi sarebbe il capo di questo presunto "potere patriarcale"? Dove sarebbe situata la sua sede operativa o legale? Chi sarebbero i soggetti politici e sociali - nomi e cognomi - responsabili di diffonderlo e praticarlo? Quale sarebbe il suo obiettivo finale da mettere in atto?
Un approccio privo di ideologia e basato sul buon senso rivela che non esistono risposte soddisfacenti a queste domande. Questa mancanza di chiarezza e di risposte consente generalizzazioni scorrette e inaccettabili, come l'affermazione che la società odierna in sé sia patriarcale, che tutti gli uomini siano artefici e responsabili delle discriminazioni, o che, addirittura, tutti gli uomini siano potenzialmente femminicidi (vedi articolo pubblicato da Vanity Fair a firma della femminista Valeria Fonte). Questo modo di ragionare non attribuisce alcuna responsabilità alle donne o a persone con identità di genere diverse, che però vivono nella stessa società e che in essa operano e lavorano e alla quale contribuiscono in maniera esattemente paritaria agli uomini, nel bene e nel male, ma riversa tutta la colpevolizzazione del mare esistente e l'odio nei confronti dell'intero e solo genere maschile.
Viviamo in un'epoca in cui la verità è spesso trascurata, e individuarla può essere una sfida molto ardua e che viene spesso ostacolata da prese di posizione sempre troppo facili, superficiali e semplicistiche e che non si addentrano nella complessità insita nella vita e nelle storie di ciascuno. Dunque semplificare e generalizzare, come accade spesso con il concetto di "patriarcato", fa sì che il pensiero non si sforzi troppo per ragionare in maniera minima ed elementare, ma efficace solo per produrre facili "like" e un consenso estremista e rabbioso (con caratteristiche spaventosamente simili alla macchina di propaganda ideata da J. Goebbels durante gli anni terribili del nazismo), e non aiuta né la comprensione del fenomeno complesso né il contrasto al problema stesso, qualora si scelga di individuarlo come tale.
Sarebbe - forse - più costruttivo parlare di una presunta "cultura patriarcale" anziché di "patriarcato", in modo da comprendere la sua diffusione e le sue sfumature. Questa cultura - che in realtà potremmo chiamare anche "cultura matriarcale", "del più forte" oppure "topo gigio": chiamarla "patriarcale" è comunque una semplificazione estrema che non accetto, ma che utilizzo per far comprendere il concetto anche alle semplici "menti" neofemministe - non è estranea alle donne stesse, che sono la metà della popolazione mondiale, ed è legata addirittura alla lotta di classe ora nuovamente in auge, all'evoluzione dell'Uomo nei millenni, all'analfabetismo emotivo e relazionale, e certamente anche alle dinamiche della politica internazionale etc etc.
Considerando scenari più complessi, come quelli che coinvolgono il mondo islamico, per esempio, si rende difficile - come detto - anche in questo caso, individuare chiaramente la sede, i soggetti e gli obiettivi politici del presunto "patriarcato". Ragionare in termini di "cultura patriarcale" consente però di vedere come essa permei diverse società, inclusi i mondi cristiano, ebraico e islamico e che, dunque, ritenere abbia una origine nel solo maschio - nelle sue sole azioni, nel suo solo modo d'agire, insomma nella sua essenza - faccia ricadere tutto nell'errore, sia dal punto di vista storico, sociologico e biologico.
È giusto riconoscere che questa "cultura", responsabile di discriminazioni e sottomissione delle donne, così come di discriminazione e sottomissione ai danni della maggior parte degli uomini, in tutti i periodi storici compreso il 21° secolo, non può essere semplificata attraverso schematizzazioni di comodo per creare e fomentare odio di genere. Queste semplificazioni possono soddisfare momentaneamente l'indignazione pubblica, ma si rivelano irrilevanti nei tentativi di affrontare il problema in modo complesso e ragionato.
È opportuno - da parte di coloro che detengano un minimo di di capacità critiche: sono esentate perciò le persone impregnate dell'ideologia neofemminista - denunciare coloro che utilizzano il termine "patriarcato" in modo abile e spregiudicato per guadagnare facili visibilità e consensi, soprattutto nei social o nei media cosiddetti mainstream, ma che certamente non contribuiscono affatto a sostenere le vittime o a contrastare atteggiamenti maschilisti, misogini e ancor meno quelli femministi e misandrici, più insidiosi e nascosti ma comunque deleteri, o forse più pericolosi perché non vengono riconosciuti come tali e perciò ignorati.
Insomma la corsa al facile "like", all'altrui veloce condivisione e validazione, l'estrema semplificazione delle complessità, la riduzione ai minimi termini di un argomento complicato per renderlo accessibile alle "menti semplici", aiuta certamente la comunicazione e la diffusione su larga scala, ma svilisce il dialogo - lo annulla - divenendo in questo caso strumento di divisione e odio tra i generi.
Non sarebbe, allora, più proficuo combattere insieme - uomini e donne - le battaglie per la parità (non per l'uguaglianza: siamo tutti diversi, per fortuna, e questo è il bello dell'umanità!) e per un mondo più giusto, più libero, senza accusare il genere opposto di voler sottomettere l'altro? Perché femminismo e non antisessismo? Perchè patriarcato e non "cultura del più forte"?
Pensate ancora che esista questo fantomatico "patriarcato"? Se sì, allora siete allo stadio ultimo dell'odio neofemminista: chiedete un trapianto di fegato.
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