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Gianfranco Murtas

Il Vietnam come fungo (militare) purulento, cinquant’anni fa. L’osservatorio e il giudizio di don Angelo Pittau, prete fidei donum

di Gianfranco Murtas

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Con rapide vivide pennellate l’autore del reportage Vietnam: una pace difficile, uscito per i tipi delle Dehoniane nel 1969, offre una rappresentazione a 360 gradi della società vietnamita coinvolta nella guerra. «Saigon è un commercio di dollari», scrive don Pittau. Ne sono attratti vescovi e militari, bonzi e operatori dell’import-export… e il mercato nero è diventato il mercato cui nessuno si sottrae, per vendere e per comprare. Tutti negozianti, borghesi e popolo, l’uno per l’altro, l’uno contro l’altro. Anche i pellegrinaggi mariani in Europa sono un affare. Ma c’è un anziano santo vescovo che vive in un lebbrosario e si rifiuta di pagare un’illecita tangente, e ci sono i Piccoli Fratelli e le Piccole Sorelle di padre de Foucauld, una eccezione, fiori nella discarica… Tutti o quasi fanno affari con la guerra, in patria e fuori patria, c’è talvolta convergenza di interessi commerciali fra nemici…

E’ il capitolo più bello di tutto il libro, cinematografico e intensamente morale, sentimentalmente e politicamente amaro.


Alla caccia di piastre e dollari

I bombardamenti, gli attacchi ai campi militari, gli attentati, le distruzioni, i feriti e morti sono un aspetto della guerra: l'aspetto conosciuto e di cui parlano i quotidiani, di cui s'interessano i politici e che sembrano determinare le soluzioni… sembrano. 

In tutte le guerre le passioni umane si scatenano e di solito nella guerra non sono i lati positivi di un popolo che hanno il sopravvento: la corruzione, l'abuso, il qualunquismo, il facile arrivismo, le ladronerie, i profitti illeciti, l'imboscarsi egoistico, la crudeltà e la ferocia e possiamo aggiungere le sevizie, le torture, i gas (ci sono anche quelli), la liquidazione dei prigionieri sono alcuni aspetti di tutte le guerre e di questa guerra in Vietnam. Ma c'è ancora qualcosa di particolare qui ad una dimensione incredibile. 

La guerra di Vietnam non ha frontiere, non è localizzata a parte in alcune basi vicino alla zona demilitarizzata. Essa sorge come un fungo purulento, come un bubbone pestifero oggi in un posto domani in un altro, scoppia, reca danni, fa vittime ma poi passa, l'onda amara si riversa altrove, magari ritornerà quando non la si attende più perché qui tutto si dimentica facilmente. Può capitare, ed io l'ho visto, che in una strada si combatta sanguinosamente e nell'altra sono aperti i night, le case di prostituzione, magari il mercato nero sui marciapiedi, e il mercato spicciolo dei generi alimentari, il tutto in un chiasso, in un vociare allegro. Il vietnamita vive l'istante. E questo a livello di quartiere, di città, di provincia, e naturalmente con un egoismo un po' sconosciuto da noi, di individuo ad individuo che magari hanno la stessa casa.

Chi arriva a Saigon si chiede dove è la guerra. A parte i militari americani e vietnamiti che scorrazzano per la città con tutti i mezzi e in tutte le ore, a parte le postazioni militari davanti agli uffici governativi, alle case degli uomini politici, agli alberghi, a parte il rumore degli elicotteri e degli aerei Saigon non sembra una città in guerra.

Le strade sono piene di gente, di traffico, bici, moto, macchine. Un chiasso di città vivissima, quasi in festa. I cinema sono pieni, le insegne luminose dei night club camuffati da ristoranti in certe strade sono di una intensità incredibile, dappertutto nuove costruzioni. Un nuvolo di ragazzi, di giovani sorridenti, ben vestiti, simpatici, scorrazzanti in fiammanti Honda. Nei grandi alberghi si parla della guerra come in Italia si parla della partita di calcio.

Saigon è un agglomerato dai due o tre milioni di abitanti, una vera metropoli che tuttavia conserva ancora nel centro lo stile coloniale. Essa permette al turista di bighellonare meravigliosamente, naturalmente se non è incline a subire molte tentazioni, perché allora si va dall'oppio alla perversione sessuale più raffinata e più barbara.

Saigon ha un centro, poi dei sobborghi, veri bidonville, coi sobborghi si unisce ad altre tre città satelliti: Cholon, Gia-Dinh, Da Kao. Vietnamiti, cinesi, indiani, francesi che ancora ci resistono e l'amano, americani, ne fanno una città internazionale: i giornali nelle differenti lingue lo ricordano. Questi sono gli uomini della piastra, degli affari, per loro la guerra è una occasione come un'altra (forse migliore) di moltiplicare le piastre.

Ma Saigon è anche la capitale di 550 mila soldati americani, di 50 mila coreani, la capitale dei soldati thailandesi, filippini, australiani, neozelandesi che fanno qui la guerra. Politica, guerra, intrallazzo, commercio lecito ed illecito, spettacolo e prostituzione tutto acquista nuovo volto per questi soldati.

Qui ogni straniero non asiatico è americano, ogni americano è uno che ha soldi, che li deve spendere soprattutto, bisogna prenderglieli insomma e tutti i mezzi sono buoni. Saigon è così condizionata con questo nuovo fattore e con Saigon le altre città importanti del Vietnam.

Il tassista chiede 100 piastre per un tragitto di 10, al mercato e lungo i marciapiedi per un americano tutto costa quattro o cinque volte di più e magari è merce rubata al PX (gran magazzino per gli americani in Vietnam esente da tasse), e il PX è sprovvisto di quella merce.

Le ragazze si offrono spontaneamente come friends girls (un bel sinonimo) nel loro piccolo inglese. Se si lascia un po' le strade principali battute soprattutto da gente più specializzata, i ragazzini si offrono di condurre il militare dalla sorella, giovani in moto sostano per dare un passaggio e naturalmente anche loro conducono da qualche ragazza che sfruttano, magari è la loro fidanzata, poi ci sono tutti i taxi, i ciclò. Il popolo vietnamita pensa soprattutto all'armata americana ricca di soldi.

Saigon è un commercio di dollari dai rivoli incredibili: dai vescovi agli ufficiali di tutti gli eserciti compresi i vietcong, dai piccoli e grandi commercianti con una licenza di export import (si paga per ottenere la licenza, ma anche se poi non si commercia niente è il poter portare all'estero i dollari che rende) ai piccoli preti e bonzi, alle suore e bonzesse.

E con il traffico di dollari è legato quello delle merci americane: il 40 per cento di ciò che viene scaricato al porto di Saigon non arriva al destinatario: dalle sigarette, ai transistor, ai liquori, ai prodotti di bellezza, ai cibi, agli abiti, alle automobili familiari e di lusso, ai calcolatori elettronici per i tiri di obici, alla penicillina, alle borse di studio in America, ai viaggi all'estero per non tornare, ai doni del popolo americano e del Catholic Service, al cemento e al ferro, tutto è venduto al mercato nero e tutti ne comprano, altrove non si trova e il prezzo non è caro, gli stessi americani preferiscono comprare al mercato nero, a volte c'è più scelta.

La beneficenza americana! I preti chiedono, i bonzi chiedono, gli assistenti sociali chiedono, le suore soprattutto chiedono ed ottengono più degli altri (ah! l'abilità delle meravigliose suore vietnamite), gli ufficiali vietnamiti chiedono: ai poveri non arrivano nemmeno le briciole o se arrivano sono poche, a parte forse l'aiuto ottenuto dalle suore. Tutti i doni del popolo americano vengono rivenduti al mercato nero: e ci sono i grossisti e i piccoli truffatori.

L'esercito americano ha le ruspe, i camions per aiutare i villaggi e anche i privati nella riforma. Una ruspa però la si ottiene versando 20.000 piastre al giorno (100 dollari): anche gli americani vi hanno la loro parte naturalmente. Uno stock di riso, mettiamo spedito dalla Caritas da Saigon ad una città del centro, arriva a perdere il 40% del carico in viaggio. Così la benzina, così tutto: burro, formaggio, riso, farina, abiti, sapone, medicine, cemento.

Tutto si paga come nell'antica Roma. Passare l'esame per l'ammissione all'università sono duecentomila piastre. Un posto al sicuro dalla guerra per un giovane arruolato sono 40.000 piastre di primo acchito ed altri piccoli servizi mensilmente.

Il capitano non porta i soldati all'operazione: i soldati non rischiano, vanno a lavorare in città dove hanno una buona paga. Il capitano tiene per sé e per il suo protettore il soldo dello stato per i soldati. A volte è un suo superiore, a volte è un bonzo o un prete di fama nazionale che usa questo sistema per finanziare le sue iniziative politiche per salvare il Vietnam dal comunismo e dal materialismo ateo!

Si affitta una casa, un appartamento. Mani invisibili prima hanno staccato la luce, il telefono. Si otterrà come per incanto tutti i permessi di riallaccio sborsando danaro. La casa naturalmente è corredata se si vuole di ragazza, e magari anche di parenti della ragazza: il prezzo e la qualità è proporzionato al valore dell'appartamento.

L'esercito vietnamita è mal pagato a cominciare dai generali sino all'ultimo soldato: mal pagato e mal nutrito, Io stare nell'esercito dura a lungo, si ha famiglia, figli, ci si deve aggiustare.

I generali e i colonnelli hanno i loro conti all'estero, la loro casa in città, la villa a Vung Tàu, a Dalat o a NhaTrang, e che ville! Magari poi le affittano agli americani. Hanno guadagnato nelle forniture militari, nella protezione di grossi interessi, di figli di papà. Ma anche gli altri si aggiustano. Il piccolo soldato magari si ruba pezzo a pezzo una Honda, approfitta del coprifuoco per entrare nelle case, minaccia accuse false, aiuta i disertori e soprattutto approfitta degli attacchi nei villaggi (per il Tét era meglio: nelle case della città c'è sempre più da prendere), per fare un salto nella sua economia. Cinquecento piastre possono servire per un documento che non si ha, magari della moto rubata o peggio dell'identità personale. I piccoli soldati di guardia ai ponti fanno pagare il pedaggio per lasciare passare né più né meno della tassa che si deve pagare ai vietcong.

La buona borghesia si è messa anch'essa al passo dato il tempo difficile. Riceve i francesi, gli americani, i cinesi, presta il nome per operazioni poco edificanti che magari ignora ma così riesce a mantenere il decoro e il livello d'altri tempi, i figli studiano, ecc.

La grande borghesia fa le cose in grande. Se è commerciante tratta solo grandi partite: dalle armi, ai frigoriferi, ai ventilatori, ai condizionatori d'aria, ai telefoni, all'oppio. Uno commercia solo in elettrodomestici, l'altro in sigarette e liquori. Tutto fornito dagli americani, venduto dagli americani, rubato dagli americani.

Il signore degli elettrodomestici una volta ha trovato dentro i frigoriferi corpi di gloriosi defunti americani nella gloriosa guerra per la libertà: incidenti del mestiere.

La grande borghesia invece che non vuole entrare negli affari (spesso perché i cinesi non lo permettono) fa la politica: ha terre, villaggi, e nelle terre e nei villaggi ci sono i vietcong; essi motivano la sua influenza nella capitale, e gli producono senza saperlo molte piastre.

Un altro commercia… in ragazze. Le fornisce ai campi militari all'ingrosso, due, dieci camions, una nave, cinque aerei. Dalle bianche per gli ufficiali, alle cinesi di Hong Kong, alle filippine e naturalmente alle vietnamite per i soldati semplici. Magari prima le ha spedite in Corea sempre per i gloriosi soldati americani.

Questa è una guerra contro il comunismo, l'ateismo materialista, il nemico della religione e soprattutto dei buoni cattolici vietnamiti...

Un domenicano, non molto sconosciuto del resto per il suo eroismo scappando dal Nord, adesso parroco in un villaggio di rifugiati, anticomunista accanito, fautore di guerra totale al Nord ha un'organizzazione per nascondere e dare falsi documenti ai renitenti al servizio militare.

Nei campi dei rifugiati, dove le case delle famiglie numerose sono peggio delle stalle, la casa del parroco, la chiesa, la scuola (a pagamento) sono in cemento: è per la dignità della parrocchia, spiega il parroco. Sulle sette piastre che ricevono al giorno per mangiare ne hanno dato due (al giorno) liberamente e contenti per queste opere.

Con i soldi della Caritas si costruisce una grande scuola a Saigon, ma la costruzione la si affitta per alloggi agli americani.

In questa nazione distrutta dalla guerra la Caritas ha capitalizzato i suoi soldi, ma non sa come distribuirli e allora si fonda una banca cattolica: solo la possibilità del gioco del cambio, anche senza altri introiti rischiosi, permette di essere in attivo.

L'albergo più caro di Saigon, il più americanizzato anche, messo in una posizione invidiabile, è della diocesi: ci si trovano anche le ragazze più sicure. La libreria anche principale della città (anch'essa con l'import-export e il cambio) è della diocesi e non parliamo degli altri beni, anche in terreni.

In una grande città si è ricevuto una grande offerta per un'opera assistenziale. Il vescovo costruisce una grande fabbrica di ghiaccio e fornisce così tutti i night e le basi americane. Sempre nella stessa città con offerte si costruisce una casa per il clero vecchio, la casa poi la si affitta all'Ordine di Malta, sezione tedesca, che paga bene. Le offerte per la costruzione della casa erano tedesche, per il ghiaccio erano americane! Girando con il vescovo nella città mi mostrò una collina dove si deve costruire la villa una volta finita la guerra.

La devozione alla Madonna di Fatima ha soppiantato quella della Madonna di Lourdes. I pellegrinaggi di suore, fedeli e preti e anche di pagani sono senza soste. In un primo tempo pensavo che fosse un gesto di nazionalismo contro i francesi. Poi ho saputo che i pellegrini sono esportatori pagati di dollari, importatori di merci che altrimenti sarebbero coperte di tasse esorbitanti o completamente proibite, così entrano soprattutto automobili… francesi. Il commercio con la Francia è proibito, i pellegrini visitano il papa e così comprano in Italia. E' il commercio che ha fatto cambiare devozione... Lourdes non deve essere gelosa di Fatima.

E' miracoloso il gioco della piastra. Al cambio ufficiale si compra il dollaro a 118 piastre, al mercato nero lo si rivende a 200, 250 piastre. I cattolici hanno molti pretesti per comprare dollari e quindi perché non approfittarne?

Per adesso ho trovato solo i Piccoli Fratelli e le Piccole Sorelle di P. De Foucauld e le missionarie AFI che si rifiutano (poverini!) di partecipare al gioco.

I night di Saigon (autentici bordelli, non inganni il nome), desiderano avere soprattutto ragazze cattoliche: sono politicamente più sicure per gli americani.

Il primo ministro scatena una campagna contro la corruzione: capi provincia, di distretto vengono cambiati a rotazione, ma è difficile cambiarli tutti perché non si sa con chi sostituirli. Salta anche un ministro, il ministro dell'Istruzione, cattolico praticante: «una brava persona», mi dice un vescovo.

Il governo dà un sussidio di un milione al lebbrosario di mons. Cassaigne l'umile ex-vescovo di Saigon che vive ormai da dieci anni quasi come lebbroso negli altopiani d'Indocina. Per ritirare il mandato viene quasi costretto dal capo provincia a lasciare una percentuale. Lui non la lascia, solo dopo mesi può ottenere il pagamento e solo dopo aver minacciato di ricorrere a Saigon. Ma lui è guascone, tutti gli altri stranieri e vietnamiti pagano. Il capo provincia è cattolico, anzi ex-seminarista.

In Europa l'anno scorso destò enorme impressione la notizia che gli americani usavano cemento cinese per gli impianti militari in Vietnam. Il cemento cinese venduto a Hong Kong, trasportato a Singapore e qui comprato dagli americani per il Vietnam serviva contro un alleato della Cina e i dollari americani servivano per la Cina. Ma per non è finito: il 40% di quel cemento, rubato nel porto finiva dai vietcong per le loro fortificazioni.

Dicono che il canale di Suez non funzioni ancora perché gli americani non vogliono, non i russi. La chiusura del canale ha fatto aumentare il noleggio delle navi. I sovietici per rifornire il Nord hanno noleggiato navi che battono bandiera liberiana ma le società sono americane. Hai Phong non veniva così bombardato per non affondare navi americane.

Da poco gli americani hanno cambiato la moneta che usavano i soldati in Vietnam: i vietcong l'usavano anch'essi per rifornirsi di materiale americano. Naturalmente erano americani che vendevano e non sempre senza sapere a chi. Mai nelle città di Vietnam si è goduto una pacchia simile. Eppure i cinesi di Cholon erano abituati a trafficare!

E non è solo il Vietnam ad approfittarne; dividono la torta il Giappone, la Corea, Formosa, Hong Kong, Filippine, Thailandia, Laos e persino la Cambogia.

Per il Giappone, campione di pace, si parla di 1.000 miliardi di dollari all'anno, compreso il napalm. La Corea ha 50.000 uomini qui: sono pagati e riforniti dagli americani. Formosa fornisce gli abiti e le scarpe. Hong Kong, Manila e Taipei sono invase dagli americani in congedo, i casinò, i night e le prostitute non hanno mai avuto tanto lavoro come adesso. Il turismo di Cambogia ci guadagna abbondantemente lo stesso, qualcuno si spinge sino al Giappone.

E c'è l'interesse del mondo della droga. L'oppio qui lo si vende a quintali. Birmania e Cina attraverso il Laos lo riversano in Vietnam e dal Vietnam nel mondo intero. Magari viaggia negli aerei dei ministri, dei generali, dei diplomatici; magari viene spedito in piccole quantità in America nei pacchi che i militari mandano alle loro famiglie. C'è anche questo fenomeno: qui è il militare che manda doni in famiglia: dagli elettrodomestici, agli oggetti di folclore, alla cocaina.

Prima dell'attacco del Tét si era giunti alla saturazione della corruzione e tutto in luce senza molte preoccupazioni. Tutti ne erano contaminati e tutti parlavano di moralizzazione.

Adesso è un po' più modesto il traffico, ma non vuol dire che sia meno intenso; il fatto che non vada diminuendo potrebbe far pensare che la guerra non stia per finire o che il Sud Vietnam resti nel mondo «libero». Ma potrebbe essere anche il simbolo dell'incoscienza e dello sfacelo finale. Del resto i pezzi grossi del traffico hanno tutti abbondanti capitali all'estero e sono sicuri di poter partire anche all'ultimo momento se le cose si potessero mettere male.



Un prete credente (fra tanti che non lo sono) dialoga intimamente con il suo Dio: mette vicino la sua vita e quella di Chi, all’apparenza assente o indifferente, s’identifica nella vittima della crudeltà umana.


Questa è la mia prima Messa

Questa è la mia prima Messa 

la mia prima Messa per un vietnamita 

per un giovane vietnamita morto 

morto ucciso dai vietcong vietnamiti. 


Tornava dalle risaie con il bufalo 

aveva lavorato tutto il giorno 

come tutti i giorni dell'anno 

per il padre vecchio per la madre vecchia 

per i fratelli e per le sorelle 

dodici in tutto 

per lui anche aveva lavorato perché incominciava 

incominciava ad essere grande 

sedici anni aveva sedici 

  

pensava già a comprarsi un'Honda 

per andare in città qualche sera 

a farsi guardare dalle ragazze 

che studiano e passeggiano belle 

farsi guardare e sorridere 

avere un piccolo sorriso tutto per lui 

(non era contro i vietcong 

nemmeno contro gli americani 

era un vietnamita senz'odio 

un po' fuori tempo per i giorni d'oggi 

ma non aveva fatto ancora a tempo 

ad essere contro qualcuno 

bisogna capirlo) 

non voleva andare 

allora i due giovani poco più anziani di lui 

  

l'hanno sparato alla nuca 

e se ne sono andati 

«Signore se tu fossi stato qui 

mio fratello non sarebbe morto» 

leggo nel Vangelo d'oggi 

La storia è finita 

finite sono le parole degli uomini 


io sono con il mio calice vuoto

con la mia patena vuota

io non so chi invocare perché non c'è il mio Signore

quello che non fa morire i giovani

i giovani di sedici anni sostegno dei vecchi


solo una piccola ostia, solo un po' di vino 

e le mie parole, le mie parole vane

come il desiderio di Marta e di Maria

il desiderio del vecchio nella capanna

della risaia 


Ti chiamo Signore

Questo è il mio corpo

Questo è il mio sangue

Sparso per voi 

per tutti

Le mie parole 

e nella capanna sei Tu 

nella capanna dove dico la Messa

nella capanna del giovane 


Il mio calice pieno, la mia patena piena

di sangue e di cibo

è il tempo di nutrirmene

con il gusto del Corpo e del Sangue di Cristo


il gusto del sangue del Vietnam

sparso per me

per il mondo

bacio l'altare 

La benedizione di Dio Onnipotente

discenda sopra di voi...

e il suo sangue sopra di noi 

e sulla testa dei nostri figli

Andate in pace 

la Messa è finita.



Fonte: Gianfranco Murtas
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