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Gianfranco Murtas

In mortem di un prete amico, Petronio Floris

di Gianfranco Murtas

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Petronio Floris è morto. Don Petronio Floris è morto. Ha sofferto, molto, soprattutto in questi ultimi due anni. Come molti altri uomini ha sofferto ed ha infine perduto la sfida impostagli dal drago, come lo chiamava il nostro padre David Maria Turoldo: “Ieri, all'ora nona. Ieri all'ora nona mi dissero: il Drago è certo, insediato nel centro​ del ventre come un re sul trono”.

Ottant’anni allo scorso 17 marzo, era di Pabillonis, Petronio. Era prete dal 18 luglio 1965, ordinato da monsignor Antonio Tedde – uno dei 75 ordinati dal vescovo indimenticato – nella parrocchiale di San Gavino Monreale. Una buona annata quella del 1965 per la diocesi di Ales.

Aveva insegnato lettere al seminario diocesano di Villacidro – diocesi di Ales-Terralba – e, fino al 1970, del seminario era stato anche vice rettore, e insieme redattore di Nuovo Cammino, il giornale cui monsignor Tedde teneva come a un sinodo permanente. Per undici anni era stato poi assegnato alla cappellania di Montevecchio, fino al 1981; nello stesso periodo, e anche dopo, aveva mantenuto l’insegnamento di religione, al liceo Piga di Villacidro, alle medie e all’IPSIA di Guspini.

Da quel tempo – dal 1971 e per quasi trent’anni – era stato, con monsignor Tedde e poi con monsignor Gibertini e monsignor Orrù, responsabile diocesano della pastorale del lavoro.


Viceparroco di San Nicolò Vescovo a Guspini per tre anni – dal 1981 al 1984 – a Guspini era rimasto fondando e presiedendo poi la nuova parrocchia, la terza del paese, in località Is Boinargius, intitolandola a don Giovanni Bosco: un santo che era nelle antiche e radicate preferenze di monsignor Tedde e largamente presente, con le opere oratoriali da lui ispirate, nella diocesi di Ales-Terralba.

Gli ultimi undici anni li ha trascorsi, Petronio, come parroco della cattedrale di Ales, succedendo all’amatissimo can. Francesco Murgia, ma intanto svolgendo in successione o in contemporanea – e più spesso in contemporanea – altri uffici di diversa natura: condirettore (oltre che cofondatore con don Angelo Pittau, suo sodale in mille imprese fin dai tempi del seminario cuglieritano) del mensile Confronto – così per tre lustri, dal 1977 al 1992 – , redattore del bimestrale Il Popolo Sardo (testata legata a personalità illustri come Giovanni Lilliu e Ariuccio Carta), docente di dottrina sociale della Chiesa e morale sociale all’istituto di scienze religiose intitolato a monsignor Giuseppe Pilo, moderatore del consiglio presbiterale diocesano e membro di quello pastorale (in quanto direttore del richiamato ufficio diocesano per i problemi sociali e del lavoro). E di più ancora: presidente della polisportiva Don Bosco e dell’oratorio parrocchiale di Guspini così come del centro di ascolto interparrocchiale “Monsignor Salvatore Spettu” ancora a Guspini, ed autore di varie monografie.

Io qui richiamerei essenzialmente, nel 2006, il monumentale Montevecchio la mia miniera. I protagonisti raccontano, e, del 2009, La parrocchia S. G. Bosco Guspini. 25 anni di vita, edito dal Centro studi SEA: prove entrambe della attenzione santamente maniacale di don Petronio alla microstoria, dunque anche alla raccolta e al riordino delle memorie (e dei documenti) delle imprese cui siamo stati, quand’anche marginalmente, e tanto più quando con tutti e due i piedi dentro, partecipanti: “per condividere vicende e persone che hanno segnato la nostra vita e la storia”, come mi scrisse una volta.


Ma io ricordo Petronio anche con le sue testimonianze personali su monsignor Tedde: così nel volume Mons. Antonio Tedde. Una vita per la Chiesa, suo il contributo “Monsignor Tedde e il mondo sociale” e in Mons. Antonio Tedde a trent’anni dalla morte 1948-1982, a cura di Angelo Pittau, suo il contributo “Padre e maestro, amico dei preti”.

Direttore di Nuovo Cammino – il quindicinale della diocesi di Ales-Terralba – e autore di qualche centinaio (o, nel tempo, qualche migliaio?) di articoli, io ricordo Petronio giovane chierico che, nel seminario regionale di Cuglieri, in perfetta collaborazione e integrazione con suo fratello don Angelo Pittau – produsse innumerevoli cartelle per il periodico allora diretto da monsignor Abramo Atzori: fu l’esordio della sua passione giornalistica mai tramontata.

Dalle mie raccolte ne ho recuperato alcuni, di quegli articoli, che qui sotto riproduco in velocità, limitandomi al biennio 1963-1964, che fu tempo di Concilio, di partecipazione di monsignor Tedde ai lavori ecumenici, e anche vigilia della ordinazione presbiterale del mio amico ora scomparso. In ultimo, di lui, uno appena successivo alla ordinazione, ultimo di una serie preparatoria o di allenamento e primo un’altra serie che è finita oggi.

Meriterebbe che la diocesi e la testata onorassero la memoria cara del presbitero e amico raccogliendo questi scritti: tanto più quelli collocabili negli anni della sua formazione, che erano anche quelli in cui nelle sedi pubbliche della Sardegna si discuteva del Piano di Rinascita, e il presidente della Regione e vari assessori si presentavano a Cuglieri per informare i giovani candidati al sacerdozio degli obiettivi di quella legge approvata dal parlamento nazionale nel 1962 ed ora alla sua prima attuazione…














Fonte: Gianfranco Murtas
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