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IN SENECAE HONORE AC LATINITATIS CULTURAE PRINCIPIORUM

di Paola Musu

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E’ universalmente riconosciuto che ci sono dei Beni Giuridici che appartengono alla Comunità Internazionale, e degli Interessi, che vanno al di là dei confini dell’ordinamento di ogni Stato e di ogni Popolo, singolarmente considerati.

Questi Beni Giuridici e questi Interessi sono, infine, tutti espressione, per derivazione, del principio universale di Giustizia, che trova la propria fonte nel Diritto Naturale e, infine, nello Jus Gentium. Tra essi, tutti quelli che sono comunemente chiamati “diritti fondamentali dell’uomo”.

In questo contesto, il principio della preminenza del Diritto sulla Forza, e, soprattutto, sull’impiego arrogante della Forza (Ibris), e dei suoi strumenti (non solo militari, ma ivi comprese l’economia e la moneta), che da troppo tempo si è e si sono esercitati sui Popoli del mondo, sulle loro economie, i loro Stati, i loro territori e i loro confini, si leva oggi come un grido, reclamando il suo posto nella gerarchia del corretto uso del potere, nonché dei valori e dei principi universali.

In questa gerarchia, è il Diritto che utilizza l’economia per la realizzazione dei fini giuridici sui quali lo stesso si fonda; e questi fini trovano la loro legittimazione esclusivamente negli elementi che costituiscono l’espressione del principio universale di Giustizia, sopra richiamato, che ha al suo centro l’Uomo, sia come espressione della sua dimensione Spirituale, che del suo essere Materiale.

Ciò detto, è divenuto sfacciatamente evidente che si è gestito ogni genere di risorse (anche e, in certi casi, soprattutto economiche e finanziarie) in modo tale che il risultato sia, ed è, l’indebitamento crescente e senza fine degli Stati, la distruzione della loro economia, la riduzione in stato di povertà e di indigenza di un numero crescente e senza fine di cittadini e di Popoli e, infine, la distruzione di Stati, Popoli, civiltà, anche con certi effetti, non secondari, come le tragedie delle crisi economiche studiate a tavolino e delle emigrazioni di massa forzate, le cui ripercussioni devastanti si potranno veramente valutare soltanto negli anni seguenti, e, in particolare per queste ultime, sia per le regioni di partenza, sia per quelle di arrivo.

Sotto il vessillo blasfemo della parola “libertà”, abilmente piegata nelle sue declinazioni più estensive, trascinati, quasi in una sorta di ipnosi massiva, al motto di parole d’ordine come “progresso”, “cambiamento” compulsivo, “libero scambio” e “riforme”, travolti da una psicosi collettiva, si è costruito un immane inganno, che ha travolto ogni livello di vita: umana, economica, politica, divorando anche quel che resta della dimensione spirituale. Laddove non si è arrivati con gli artigli dell’economia, dagli embarghi ai fasulli “piani di sviluppo” (progetti fallimentari preordinati all’indebitamento, senza soluzione, di interi popoli e territori), alla trappola di una moneta imposta dall’esterno (sia d’ “ancoraggio” che d’”impiego”: peso argentino-dollaro, franco CFA, sino all’euro) si è intervenuti con le armi: gli ultimi devastanti conflitti armati, abilmente mascherati sotto la voce “lotta al terrorismo”, sono riusciti a distruggere anche quello che il tempo e la storia, in millenni, non avevano osato (Palmira, mercato di Aleppo, reperti in Iraq...).

Per puro, folle, profitto e potere fini a sè stessi, si sono sacrificati valori umani essenziali: quasi come in una sceneggiatura dal sapore drammatico, mentre si proclamavano diritti umani fondamentali e imprescindibili, se ne cristallizzavano e codificavano i cardini in documenti sottoscritti in atmosfere e contesti magnificenti, dietro le quinte si affilavano le armi più sofisticate per devastare la vita di milioni di esseri umani.

Liriche imponenti hanno costellato in musica i palcoscenici dell’ultimo scorcio dello scorso secolo: qualunque risveglio degli spiriti è stato abilmente ammansito, plasmato, dirottato e, infine, travolto o soffocato, sino alla compressione dell’essere umano allo status di macchina: ma l’uomo è oltre questo, è prima di tutto “essere” e, poi, anche, ma non solo, “umano”. Intere generazioni sono andate perdute: quale immenso capitale sprecato, quanti talenti perduti, quanta bellezza distrutta!

Qualcuno, in tutto questo, avrà avanzato la pretesa di essere “come Dio”: ma Dio non distrugge, crea. Qui si è solo distrutto, continuativamente, inesorabilmente: non si è creato nulla, solo un’immensa devastazione.

Quale immane follia ha portato le nostre Genti a buttare al macero l’enorme bagaglio culturale frutto dell’elaborazione filosofica, giuridica e politica della cultura classica, semitica, cristiana e medievale? Da tali radici noi traemmo i fondamenti della nostra scienza, del nostro umanitarismo, del nostro liberalismo e della nostra fede nella dignità e nella libertà umana.

Per dirla con Ionesco “Le roi se meurt”...

Cosa ci impedisce di darci ancora un’occasione?

O troveremo la nostra Salamina o, a breve, sarà la dissoluzione, anche per chi, con tracotante temerarietà, gioca ancora ad “essere Dio”.


Fonte: Avv. Paola Musu
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