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Gianfranco Murtas

Intellettuale e manager al servizio del bene comune della Sardegna. Addio a Marcello Tuveri

di Gianfranco Murtas

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Alla bella età di 92 anni, conservando una godibile lucidità mentale e una inesauribile fame di conoscenza (e conoscenze) cioè di cultura, di incontro dialettico delle idee, ha lasciato la vita, la famiglia e gli amici, la sua città e il suo mare, Marcello Tuveri. Qualche giorno appena di malessere, un doppio ricovero flash, poi la fine. E per noi che lo abbiamo frequentato e gli siamo stati amici, l’inizio delle riflessioni più misurate sulla sua testimonianza intellettuale, civile e di democratico.

Cagliaritano nato nel quartiere della Marina, nella via Baylle per la precisione, s’era maturato al Dettori e laureato giovanissimo in legge. E la giurisprudenza, tanto più quella amministrativa, è stata una disciplina che sempre ha amato e coltivato con studi sempre nuovi.

Funzionario dapprima dell’Università di Cagliari e, dai primi anni ’60 – tempi di legge della Rinascita –, del Centro di programmazione della Regione sarda, aveva assunto nel 1972 la direzione generale dell’ARST, la Azienda Regionale Sarda Trasporti. 

Iscritto, fin dagli anni universitari, al Partito Sardo d’Azione, collaboratore de Il Solco negli anni fra ’50 e ’60, nel 1968 fu tra i protagonisti della scissione del partito che ritenne ormai eccessivamente condizionato dalla corrente indipendentista ispirata da Antonio Simon Mossa, e partecipò alla costituzione del Movimento Sardista Autonomista confluito nel 1971 nel Partito Repubblicano Italiano (con lui uomini come Armando Corona e Vincenzo Racugno, Nino Ruju e Peppino Puligheddu, ecc.).

Dirigente per lunghi anni del partito dell’Edera, nel 1988 – unitamente a Lello Puddu e Salvatore Ghirra e altri – promosse l’associazione Cesare Pintus di cui anche ricoperse, dopo Ghirra, la presidenza. Fu rotariano del club Cagliari est e per due lunghi decenni attivo massone (logge Nuova Cavour, Hiram e Sardegna), titolare anche di importanti cariche nazionali in seno al GOI.

Alle frequenti partecipazioni come conferenziere in diverse associazioni culturali (fra cui gli Amici del libro) unì la pratica di pubblicista e saggista. Sono almeno cinquanta le testate che hanno goduto della sua collaborazione (in calce è una brevissima rassegna almeno dei maggiori contributi saggistici). Nella saldatura delle fatiche di studio a quelle d’impegno nel range dell’economia aziendale, lo si ricorda membro del collegio sindacale di varie aziende pubbliche e fra i responsabili della CIDA, la confederazione nazionale dei dirigenti d’azienda e alte professionalità. 




Negli ultimi tempi si era dedicato anima e corpo alla rivalutazione di uno dei fondatori del Partito Sardo d’Azione, ch’egli giustamente riteneva fra gli intellettuali di maggior rilievo della sua generazione: Egidio Pilia. Di lui aveva pubblicato un bel profilo bio-bibliografico sull’ultimo numero de Il Pensiero Mazziniano e una nota biografica nel cofanetto delle “Opere edite”, a cura di Giuseppe Marci (Cuec, 2013). Neppure era mancata, riferita sempre al Pilia, la sua firma al lavoro condiviso con Ivo Murgia nella serie “Omines e feminas de gabbale”, per Alfa editrice (2008). 

Spero nei giorni prossimi di poter presentare, recuperandolo dalla vastissima produzione, il testo della relazione che tenne al convegno su “Il Movimento Democratico e Repubblicano nella Sardegna contemporanea”, all’università di Sassari nel marzo 1985, cui partecipai, con numerosi altri studiosi (da Lorenzo Del Piano ad Angelo Rundine, da Francesco Atzeni a Tito Orrù, da Manlio Brigaglia ad Aldo Borghesi), anch’io insieme con Alberto Mario Saba e Lello Puddu. Titolo della sua relazione: “La scissione sardista del 1968. Una testimonianza” (pubblicata in Archivio Trimestrale, luglio-settembre 1985). Ne riporto qui appresso soltanto una anticipazione (e non mi nascondo che la cosa, pur occasionata da questo improvviso evento luttuoso e doloroso, ben si situa, fuori dalle oleografiche e improvvisate celebrazioni centenarie, nelle riflessioni critiche sul secolo di vita del Partito Sardo d’Azione, che datosi oggi agli ex sacerdoti dell’ampolla del dio Po ben poco conserva, di dignità ideale, della testimonianza civile e patriottica di Bellieni e Oggiano e Lussu, per dirne tre dei trecento o dei tremila).

Nel gennaio 2018, onorando la memoria di Lello Puddu, al camposanto civico di San Michele, confidò di aver fatto a suo tempo un patto con l’amico scomparso: che chi fosse sopravvissuto avrebbe lui celebrato l’umanità dell’altro. E toccò a lui di dire di Lello, aggiungendo parole come queste: «Per quasi novant’anni fummo quasi gemelli, non tanto o soltanto per l’anagrafe quanto per le idealità, quelli dell’Edera simbolo della Giovane Europa. E già dai nostri vent’anni verdi, all’indomani della guerra, fummo lui un repubblicano sardista ed io un sardista repubblicano». Mazzini e la sua scuola, la stessa poi di Asproni e Giovanni Battista Tuveri, di Siotto Elias e Gavino Soro Pirino – che giganti! – imperarono sempre nel cuore di entrambi, illuminandone l’intelligenza, guidandone la passione civile, così nelle attività professionali come in quelle associative, al servizio del bene comune.

Tornerò a dire di Marcello.

Breve scheda bibliografica: Aspetti organizzativi e istituzionali del Piano («Il Bogino», 1960); Il piano e la politica («Il Mondo», 1960); Con la Repubblica l'autonomia in Sardegna («La voce repubblicana», 1966); La pianificazione economica regionale, in Interventi settoriali e programmazioni, Giuffrè, Milano, 1973; Esperienze di formazione professionale, in Economia, istruzione e formazione professionale, 1978; La scissione sardista del 1968-69, in «Archivio trimestrale», 1968; Managerializzare la Regione, in «Ichnusa», L'influenza di Cattaneo su Bellieni e Lussu, in Carlo Cattaneo. Temi e interpretazioni, Firenze, 2003.


La scissione del PSd’A, per non cedere ai separatisti senza storia e senza avvenire

La testimonianza su un avvenimento così recente come la scissione sardista del 1968 non può limitarsi alla vicenda - in sé modesta - di una minoranza che, lasciando quel partito, contribuì con la costituzione del Movimento Sardista Autonomista, prima, e con l'ingresso nel Partito Repubblicano, poi, allo sviluppo ininterrotto di quest'ultimo. I fatti da cui quell'avvenimento fu preceduto ed alcune conseguenze non sufficientemente avvertiti dalla cronaca di ieri e di oggi meritano una certa considerazione.

Non è facile individuare il punto di partenza di quella crisi che indusse uomini di spicco come l'onorevole Pietro Mastino, fondatore del Partito con Lussu e Bellieni, già senatore della Repubblica o l'onorevole Giuseppe Puligheddu, ex assessore all'Agricoltura, giovani di forti capacità politiche come Nino Ruju, Nino Mele, Sergio Bellisai, Vincenzo Racugno e Giovanni Merella, a lasciare il Partito Sardo dopo aver ritenuto impossibile ogni azione per riportarlo alla sua funzione storica. E’, tanto più, difficile spiegare come il Partito Sardo d'Azione, raggruppamento di tipo centrista alleato della D.C. per circa vent'anni, con interruzioni più o meno lunghe, nel governo della Regione, si sia potuto trasformare nel giro di pochi anni in un movimento di tipo estremistico con venature extraparlamentari ma solidamente alleato del Partito Comunista Italiano. Le cause di questa evoluzione non possono farsi risalire soltanto al logorio della lunga pratica di governo centrista, né all'atteggiamento separatista di alcune frange. Sul corso della vicenda sono state involontariamente tenute in ombra cause come la gestione autoritario-clientelare del Partito, la insufficiente coerenza politico-ideologica e lo scarso apprezzamento per i nuovi fermenti culturali che in quegli anni facevano capolino nella vita sarda. Per cui, a distanza di 15-20 anni sembra che i sardisti autonomisti siano usciti dalla destra del Partito Sardo d'Azione mentre, in verità, furono espulsi perché uomini di sinistra. Sembra che la scissione sia stata determinata da una mera contrapposizione di forze mentre la spaccatura verticale era di metodo, di contenuto e persino di costume politico. E come sempre, in ogni vicenda di questo tipo, questioni individuali, rapporti umani, atteggiarsi di persone e gruppi in rapporto ai propri interessi materiali o spirituali furono importanti anche se non sempre palesi.


Fonte: Gianfranco Murtas
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