Lo scorso 29 luglio abbiamo accolto un breve articolo inviatoci, per le vie dell’utenza (che sono la peculiarità della nostra piattaforma di “giornalismo partecipativo”), da Fabrizio Massa. Titolo «Caso Bonvecchio: processo rinviato dai giudici massoni ricusati. A Cagliari un fronte di solidarietà nel nome di Bovio e Mazzini», sottotitolo (confezionato anch’esso dall’autore) «Cronaca nazional-cagliaritana di una “levata di scudi” senza precedenti».
In pochi giorni anche tale scritto ha raccolto migliaia di visualizzazioni, anche perché – ci è stato riferito – sia il canale Telegram del Cavaliere Nero sia altri “ripetitori” hanno creduto di dover diffondere il link tratto dalla piattaforma di Giornalia.com (e per chiudere sul punto: sommando a queste ultime le visualizzazioni registrate dai nostri redazionali del 24 e 27 luglio, e dalla intervista che abbiamo condotto, via e-mail, con il Cavaliere Nero e postata il 17 luglio abbiamo abbondantemente superato le dodicimila: quattordicimila al momento in cui andiamo sul web).
Dunque, l’articolo di Massa dava conto del rinvio del processo intentato dal Grande Oratore Michele Pietrangeli al Gran Maestro Aggiunto Claudio Bonvecchio, sia per la defezione dovuta a ragioni di salute del difensore dell’imputato, sia per la ricusazione che Bonvecchio stesso aveva formalizzato dei suoi giudici ritenuti “controiniziati” e dipendenti, cioè non imparziali. Tali egli li aveva già qualificati prendendo atto della sentenza avversa all’avv. Salsone, presidente del Collegio regionale massonico della Lombardia e, per come ci è stato dato di conoscerlo e come già lo abbiamo considerato, personalità di superiore standing etico-civile oltreché professionale, ben conosciuto a Milano e nell’intera regione.
Abbiamo registrato quanto riferito, senza ovviamente disporre noi di alcun elemento di valutazione nel merito della disputa regolamentare interna al GOI. Peraltro, ci sia consentito di accennare, per contiguità d’argomento, ad una circostanza di cui ci era stata data notizia dall’interno di palazzo Sanjust, e precisamente da un iscritto alla loggia Asproni da noi ben conosciuto e stimato, il quale ci ha autorizzato a riferirne in capo a sé: che cioè gli ultimi processi disciplinari interni al palazzo cagliaritano, non però contro chi assumeva essere il presidente Mattarella divoratore di uova «dal culo della gallina»… si siano svolti in data successiva alla dichiarata candidatura del presidente del tribunale e di un suo collega in una lista di governo regionale del GOI prossima al voto. La vogliamo dire con più precisione: che il 23 aprile il presidente del Tribunale regionale massonico sardo ed uno dei giudici si siano candidati a ruoli di governo della comunità GOI in una lista di piena continuità con l’attuale establishment, detta “Evoluzione-Tradizione”; che essi quattro giorni dopo, perduta ormai la loro terzietà (e perfino l’apparenza di terzietà), abbiano pronunciato una sentenza avverso un imputato già Venerabile di loggia; che dopo altre settimane, e soltanto per vincolo regolamentare, abbiano lasciato l’ufficio appunto per attendere in vacanza il voto di apprezzamento degli elettori chiamati presto alle urne. Perduta quella terzietà, i due – battuta testuale del “fratello” della loggia Asproni che riferiamo come ce l’ha offerta – «hanno ancora di più perduto la faccia perché quella lista si era oltretutto compromessa con le esibizioni machiste di un fallo potente disegnato e pubblicato in faccia a Bovio». Immaginiamo, e non ci vuole stavolta grande fantasia, che il riferimento sia alla campagna condotta dal referente di palazzo Sanjust per Monumenti Aperti, la cui dottrina s’era appunto esplicata in decine e decine di vignette e fotomontaggi dalle insistenti suggestioni fascistiche ed antirepubblicane, di cui Giornalia ha potuto dar conto nei mesi e negli anni scorsi con quaranta o cinquanta articoli tutti amaramente “documentati” e anche con molte decine di commenti che sono stati postati dai rappresentanti delle varie logge.
Ma torniamo alla vicenda Salsone-Bonvecchio, oggi di rilievo fors'anche internazionale (a dar fede alle nostre fonti), e al fronte delle accuse che quanti si sono schierati in solidarietà dei due dignitari, puniti o sul punto di esserlo, hanno ribattuto in ordine alla moralità dei metodi di indirizzo ed amministrazione adottati dal Gran Maestro Bisi anche tramite il suo (ultimo recentissimo) Gran Segretario Emanuele Melani.
Quest’ultimo, infatti, pochi giorni dopo la condanna di Salsone e alla vigilia della… condanna (certa) di Bonvecchio stesso, aveva diffuso una circolare in cui assumeva come principio dirimente l’inibizione agli iscritti al Grande Oriente d’Italia di adire il giudice “profano”, vale a dire quello naturale, quando essi si ritenessero colpiti nei propri diritti associativi.
Un modo questo – nella interpretazione datane da Bonvecchio, uomo di filosofia non estraneo alla cultura giuridica –, di sovraordinare la giurisdizione “domestica” a quella repubblicana, cioè dell’ordinamento della Repubblica. Una grossa questione che riporta alla memoria la stagione ormai lontana e forse rimossa della “Commissione Anselmi” sulla famigerata loggia P2 e sul suo capo Licio Gelli che, non si dimentichi, fu infine espulso dal Grande Oriente d’Italia, nel 1981 (con deposito della sentenza il 18 gennaio 1982), da un tribunale presieduto dal sardo elettivo professor Paolo Carleo, all’ufficio incaricato da Armando Corona, pure sardo e prossimo ad ascendere alla granmaestranza.
Il GOI di Bisi rinnega Carleo e Corona?
Quel che possiamo noi oggi è di pubblicare il documento che, a firma di Claudio Bonvecchio, cerca di fermare lo straripamento antirepubblicano della normativa del GOI, o meglio, la sua applicazione estensiva.
Ci sia consentito un rilievo sì da “incompetenti” e neutri, ma anche da osservatori attenti: l’invalicabilità del range normativo di una qualsiasi associazione dovrebbe trovare la sua ragione nel condiviso riconoscimento del fondamento equitativo dello stesso impianto di norme e ancor più della loro applicazione. Ma se la vicenda cagliaritana per come abbiamo imparato a conoscerla è la cartina di tornasole, ma al rovescio, di quella equanimità, di quella sensibilità morale che fu – secondo il racconto storico al quale ormai ci siamo affezionati – di Ernesto Nathan, Gran Maestro “sardo” come “sardo” fu il Gran Maestro Guido Laj, oppure di Giovanni Bovio tanto caro ai sardi del suo tempo, nella tela che univa massoneria mazziniana e repubblicanesimo mazziniano, pare a noi – parte terza ed estranea, estranea per davvero – che Bonvecchio, al pari di Salsone, abbia pieno diritto di dichiarare la propria sfiducia verso un sistema che appare storto e storpio comunque lo si approcci.
Abbiamo avuto notizia, tanto dalle confidenze del nostro amico e collaboratore della loggia Asproni quanto da una lettera riservata (che speriamo di poter pubblicare appena ne saremo autorizzati) da parte di un gruppo di “quotizzanti” iscritti alla stessa loggia ma anche ad altre otto cagliaritane e della provincia (in prevalenza del rito scozzese, ma non esclusivamente), di un “ribollimento” degli animi che potrebbe portare, a breve, a decisioni dolorose. Però «non nel senso della scissione», ci è stato assicurato.
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Anche stavolta, mentre ci apprestavamo a licenziare questa nota redazionale intesa soprattutto ad accompagnare le pagine della “Tavola d’accusa” del Gran Maestro aggiunto al Gran Segretario del GOI, ci è arrivata la notizia – e con la notizia il documento – della sospensione di Claudio Bonvecchio per delibera del Gran Maestro Stefano Bisi.
Pubblichiamo dunque anche questo provvedimento per allargare ancor più il plafond di conoscenza dei nostri utenti/lettori.
Un'opinione per concludere
Una opinione su quanto è entrato oggi nella discussione pubblica l’abbiamo chiesta al nostro amico Gianfranco Murtas, scrittore che a Giornalia ha donato almeno due centinaia di corposi articoli (anche l’altro giorno ancora sulla biografia di Ottone Bacaredda) e che della massoneria italiana e sarda ha trattato, nell’ultimo quarantennio, in trenta libri fra cui Diario di loggia, Professione ideologica e militanza civile degli Artieri del Tempio in Sardegna fra Ottocento e primo Novecento, Le stagioni dei Liberi Muratori nella Valle del Tirso, La squadra e il compasso. La Massoneria in Sardegna. Storia e cronaca… Suo è anche un grosso lavoro in dvd (sono ben 791 pagine) dal titolo Liberi Muratori. Cronache dalle Valli sarde, 1976-2011, commissionatogli («gratuitamente» tiene sempre a specificare) da una loggia di Cagliari «d’intesa con il Collegio circoscrizionale».
Ecco le poche righe che ci ha mandato: «Credo che la Libera Muratoria così come qualsiasi altra associazione/istituzione umanistica e come le stesse chiese religiose mantenga la sua missione quale che sia l’epoca storica che la interroga. Essa è nata ecumenica, trasversale cioè, e in quanto tale profetica. Luogo di composizione per l’avanzamento di tutti, insomma di ricerca della superiore armonia fra le cuspidi resistenti. In altre parole: la sconfitta dell’autoreferenzialità e la vittoria della comunionalità. Oggi la Massoneria la sento, in coerenza con quella missione fondativa, come forum d’innalzamento delle consapevolezze sulle brucianti materie della bioetica che stanno aprendo una nuova stagione civile, culturale e sociale. Ma tutto deve svolgersi secondo tradizione, senza strappi abusivi, nella coscienza delle complessità ideali e sociali, vale a dire onorando il testimone ricevuto da chi ci ha preceduto e che ha faticato per portarci dove oggi siamo. Non sono parole, è un travaglio perfino drammatico per le menti e i cuori di chi ci crede. Ricorrendo il primo anniversario della morte di Ernesto Nathan, che tante esperienze sarde aveva maturato nella sua gioventù, il Gran Maestro Torrigiani – colui che non capì all’inizio la peste del fascismo e finì per scontare anni di confino fra Lipari e Ponza – ne evocò il “temperamento mazziniano” connotandolo come “negazione dell’espediente, condanna e odio del mezzo termine, senso religioso della vita e del mondo”. Secondo me sarebbe dovere di ciascuno di quelli che liberamente si sono stretti nel patto fraternale di interrogarsi sulla propria coerenza a queste modalità del condursi nella società e nella mutevolezza della società. Impossibile stare zitti quando il diritto è offeso, perché il diritto offeso significa sempre una vittima sacrificata ingiustamente, nel grande come nel piccolo. In Sardegna abbiamo avuto dei massoni di altissimo spessore etico-civile, capaci di andare controvento pagandone le conseguenze, uomini senza conto in banca e senza pergamo di marmo da cui esibirsi come tribuni. Sono rimasti nella memoria dei migliori, non sono morti anche se li abbiamo accompagnati al camposanto cento o cinquant’anni fa. Direi questo in conclusione: il massone che vive il suo oggi come il suo tutto, ignorando il prima e la responsabilità del dopo, metterà pure tanto di collari e gioielli, il grembiule rosso e quello verde, ma si tratterà sempre di modesto cartone che un’inaspettata spruzzata d’acqua accartoccerà avvilendone il modello».