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Gianfranco Murtas

La Sardegna con l’Italia del Tricolore, patriottica con l’Europa e la democrazia, contro ogni sterile ed antistorico sovranismo. Un documento dei mazziniani cagliaritani

di Gianfranco Murtas

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L’ottimo presidente della sezione “Salvatore Ghirra” di Cagliari dell’Associazione Mazziniana Italiana Antonello Mascia ha diffuso il seguente comunicato celebrativo della odierna “festa del Tricolore”:

Il 7 gennaio, anniversario dell’adozione del tricolore, da parte della Repubblica Cispadana, ricorre la giornata nazionale della bandiera, istituita con la legge n. 671 del 31/12/1996.

In precedenza l’ Assemblea Costituente, con voto unanime e senza sostanziale discussione, aveva approvato l’art. 12 della Costituzione, con il quale si stabiliva che il tricolore italiano , verde, bianco e rosso, era la bandiera della Repubblica; in questo modo si è voluto sottoporre alla rigidità della procedura di revisione costituzionale la scelta di una nuova eventuale bandiera, rafforzando il significato della norma stessa con l’inserirla tra i principi fondamentali del testo costituzionale.

La ragione di ciò deve ricercarsi nel fatto che i tre colori hanno accompagnato lo svolgersi del nostro Risorgimento, che è stato in primo luogo la proclamazione dei principi nati dalla Rivoluzione francese, che in Italia potevano affermarsi solo con la liberazione dallo straniero, che, direttamente o indirettamente, occupava buona parte del territorio nazionale, e con l’eliminazione di due staterelli ormai anacronistici, quali quello pontificio e il Regno delle Due Sicilie.

Vi è quindi un legame indissolubile tra la bandiera tricolore e i valori che stanno alla base della Costituzione repubblicana in quella parte sempre valida, aldilà delle contingenze che possono portare alla modifica di altre norme.

Il tricolore ha accompagnato le battaglie risorgimentali, nelle quali, come giustamente scriveva Bellieni, i sardi si sono indissolubilmente legati agli altri italiani; il tricolore è stato sventolato, accanto alle bandiere rosse, anche dai partigiani comunisti; il tricolore, sia pure con lo stemma sabaudo, è stato portato dai soldati italiani, entrati il 20 giugno 1944 a Roma, insieme ai soldati angloamericani.

Quanto sopra descritto dimostra che i colori della bandiera nazionale ci uniscono tutti, oltre le differenze di schieramenti politici.

Opportuna, di conseguenza, l’istituzione della giornata del 7 gennaio, anche se viene da domandarsi se, nonostante la buona volontà di Presidenti della Repubblica come Ciampi e Napolitano, la ricorrenza non si trascini in meri rituali; del resto la stessa legge istitutiva è sembrata voler ridurre il significato della giornata, stabilendo che la stessa non possa essere considerata festiva.

Stessa sorte è, del resto, toccata alla giornata del 17 marzo, istituita con la legge n.222 del 23 novembre 2012, per solennizzare l’unità nazionale, la Costituzione, l’inno e la bandiera, giacché si è stabilito che non possa essere celebrata con oneri finanziari aggiuntivi e non possa essere parificata alle altre solennità civili previste dalla legge del 1949.

In sostanza 7 gennaio e 17 marzo sono figlie di un dio minore.

E’ triste che negli anni scorsi il Presidente nazionale dell’Associazione Mazziniana è dovuto intervenire, elevando la sua protesta per lo scarso rilievo dato alla ricorrenza del 17 marzo, ricevendo peraltro critiche da parte di qualche mazziniano, che rifiutava di riconoscersi in quella data, essendo la stessa anche la data della proclamazione del Regno d’Italia, critiche che, si parva licet componere magnis, sono state rivolte anche al sottoscritto la primavera scorsa.

Riferendomi al senso di quanto scritto prima, e proprio in quanto laici e non dogmatici, dobbiamo saper cogliere il significato essenziale degli avvenimenti, separandolo da quanto vi è di contingente negli stessi.

Il 17 marzo noi mazziniani celebriamo l’Unità d’Italia, ricordando Mazzini, che l’auspicò prima di tutti, e non le contingenti situazioni, tanto più che abbiamo nel paese problemi gravi, se non gravissimi, ma per fortuna non una questione istituzionale, essendo la stessa definitivamente chiusa il 2 giugno del 1946.




Condivido in pieno le riflessioni del presidente dell’AMI cagliaritana, uomo di importante cultura storica oltreché giuridica. E l’occasione è buona per ricordare, un’altra volta ancora, i grandi mazziniani sardi, anticipatori e testimoni della causa della democrazia: da Efisio Tola, il martire di Chambery del 1833, a Giorgio Asproni, da Giovanni Battista Tuveri a Vincenzo Brusco Onnis, da Pietro Paolo Siotto Elias a Cesare Pintus e Silvio Mastio, da Giuseppe Lampis e Lorenzo Mossa ad Agostino Senes e Michele Saba a quanti, ancora nel secondo Novecento e perfino in questo scorcio di nuovo secolo, hanno tenuto alta la bandiera che, con il tricolore, onorava l’edera della Giovane Europa, come Lello Puddu, Nino Ruju, Giannetto Massaju, Alberto Mario Saba e gli altri di tanta famiglia sassarese, da Peppinello a Gian Giorgio, e naturalmente altri cinquanta, altri cento di Alghero e Porto Torres, di Ozieri e Nuoro, di Carbonia e l'Ogliastra. Con loro i sardisti della più bella fede e cultura patriottica e sempre repubblicana, da Pietro Mastino e Luigi Oggiano a Giovanni Battista Melis, a liberal-socialisti come Gonario Pinna.

La Sardegna di minoranza con l’Italia di minoranza: minoranza in quanto alle falangi organizzate dell’impegno civile, non certo in quanto al condiviso sentimento popolare che sa distinguere il patriottismo dal nazionalismo o, come oggi lo si è riverniciato, sovranismo. Che è merce scadente, scaduta anzi.




P.S. E’ uscito in questi giorni il n. 2 dell’annata 2021 de Il Pensiero mazziniano, quadrimestrale diretto da Pietro Caruso e condiretto dalla sarda Francesca Pau. Segnalo in questo corposo numero di 176 pagine la seconda parte del saggio postumo di Marcello Tuveri “Pietro Mastino: tra storia e memoria”. Con essa anche una sezione interamente dedicata a Piero Calamandrei, fra l’altro comprensiva del suo discorso sulla costituzione repubblicana rivolto agli studenti milanesi, nella sede dell’Umanitaria, il 26 gennaio 1955, nonché un breve saggio di Silvia Calamandrei circa l’intervento che lo stesso prossimo deputato costituente del Partito d’Azione (dunque collega di gruppo di Mastino e Lussu) tenne il 15 settembre 1944 in qualità di rettore dell’Università di Firenze all’apertura del nuovo anno accademico.


Fonte: Gianfranco Murtas
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