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Salvatore Erbì

L’Unione Sarda cambia le condizioni dell’abbonamento online in corso

Danneggiato il cittadino sardo, danneggiato il consumatore. L’editore o il direttore commerciale come si giustificano?

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di Salvatore Erbì


Postato su Facebook il 28 marzo 2020, il testo della lettera che appresso accogliamo, reca una firma importante per il mondo della ricerca storica “enciclopedica” (politica e religiosa, ambientale e sportiva) isolana: Salvatore Erbì è un medico di larga esperienza che ha sempre unito, fin da giovanissimo, all’esercizio professionale in Villacidro l’attività di pubblicista fondatore e/o direttore di periodici (dal Gazzettino del Medio Campidano al Bollettino dell’Ordine provinciale dei medici) e di scrittore autore di diversi libri di successo (a cominciare da “Di tacco e de puntera”, con le presentazioni di Mariano Delogu, Andrea Arrica e Luigi Riva). Di recente ha pubblicato “Sciapotei. Dizionario Enciclopedico Villacidrese”.

Lamenta, nella sua nota ora rinnovata ma pubblicata già da due mesi circa, anche una risposta “non risposta” del responsabile del quotidiano di Cagliari, Emanuele Dessì, cui pure ha scritto mesi fa. Altri tempi quando i direttori erano… direttori, autorevoli anche in amministrazione. Quando l’amministrazione poteva togliere credibilità al prodotto in edicola o nella distribuzione postale e bisognava perciò rimediare per rispetto al “signor lettore” al quale sempre ci si riferisce, scappellandosi, entrando nei ruoli. (la redazione)


La vita va avanti anche in tempi di Coronavirus, e in quei pochi momenti che la mia condizione di medico di famiglia mi permette di stare a casa, ho voluto riprendere in mano le mie cose sospese, riordinare la libreria cartacea e online, risolvere alcune questioni lasciate a metà che mi sono trascinato sempre col proposito di portarle a soluzione. Una di queste riguarda l’abbonamento annuale con «L’Unione Sarda», di cui sono uno storico lettore, la cui mannaia della politica commerciale si è abbattuta sul capo dei fedeli lettori decapitando, per quanto mi riguarda, un rapporto consolidato che è stato di supporto alla mia professione e al mio tempo libero, che passo nel piacere della ricerca storica che ho finalizzato, sotto la tirannia del poco tempo a disposizione, in alcuni saggi di microstoria (la recensione del mio libro “Sciapotei” è apparsa sulle vostre pagine il 3 settembre 2019).

I fatti sono questi. Il 12 maggio 2019 ho rinnovato, come faccio ormai da anni, l’abbonamento al giornale in versione online. È diventato per me un rito leggerlo all’alba sorseggiando il primo caffè quotidiano. Costo 99,00 € quietanzato con regolare fattura n° 002199/EC. Con l’abbonamento ho acquistato: la possibilità di leggere il giornale in due formati (testuale e PDF), su due strumenti (computer e dispositivo mobile) e di potere consultare l’archivio storico a partire dal luglio 1994. Nel mese di ottobre, a metà abbonamento con un atto unilaterale e senza contrattazione e/o informazione preventiva, mi viene offerta una modalità di consultazione completamente rinnovata (devo dire a dispetto della evoluzione digitale anche meno pratica) che non contempla la possibilità di sfogliare le pagine in formato PDF (di archiviare dunque pagine o articoli desiderati) e senza la possibilità di consultare l’archivio storico a partire dal 1994, offrendo in cambio solo una ricognizione sui giornali dell’ultimo mese. 

Dopo il disorientamento iniziale ho prima contattato l’ufficio commerciale dove davanti all’imbarazzo e alla vaghezza dell’interlocutore ho realizzato che la partita era stata decisa su altri tavoli. Ho allora inviato una comunicazione tramite un post Facebook al direttore Emanuele Dessì a cui mi lega l’iscrizione comune all’albo dei giornalisti (io naturalmente su quello dei pubblicisti). Gentilmente mi ha risposto, ma non è stato meno vago del signore dell’ufficio acquisti, giustificando fondamentalmente la chiusura di certi servizi come scelta necessaria a tutelare il copyright e il diritto d’autore. Ovvero nei formati precedenti il giornale veniva piratato e diffuso abusivamente con danno economico per l’azienda. 

Passiamo alle controdeduzioni. Come consumatore mi sento raggirato perché ho acquistato per la durata di un anno un prodotto ben definito e in corso di consultazione me ne trovo un altro. Era proprio necessario privare ricercatori, studenti, addetti al mondo dell’informazione della consultazione dell’archivio storico? Capisco che può essere un danno diffondere il giornale fresco di giornata (per il quale potrebbe ben valere la nuova impaginazione). Ma quando la notizia diventa vecchia e stantia di mesi o anni, appannaggio solo di studenti, ricercatori e addetti ai lavori ha un senso criptarla? 

Tante persone che potevano usufruire della cronistoria di 25 anni della nostra vita devono sobbarcarsi ora enormi sacrifici in termini di tempo e di denaro per scaricare le stesse pagine alla MEM (Biblioteca del Mediterraneo) e alla Biblioteca Universitaria di Cagliari. Non è un gran servizio che si fa alla comunità sarda se penso ancora al’ «L’Unione Sarda» come ad un giornale identitario, fondamentale per contribuire a raccogliere gli aneliti e formare la coscienza di un popolo. Troppi calcoli possono rovinare un rapporto storico ed una mission. Certo padronissimo l’ufficio commerciale a far pagare le pagine dell’archivio al download, come fa «Il Messaggero» di Roma che ti invita acquistare e leggere l'edizione digitale della copia d'archivio scelta a “soli 3,00 €”. Ma di contro, il glorioso quotidiano torinese «La Stampa» erede del «La Gazzetta Piemontese» quarto per diffusione nazionale, offre la consultazione gratuita a tutti gli internauti a partire dal 1867. Primo quotidiano nazionale, il «Corriere della Sera» offre tutto per 7,99 Euro al mese. Magnifico! Financo generoso oserei dire. Certo mi direte voi, e mi diranno loro del giornale, che abbisogna in un piccolo bacino di lettori come il nostro, massimizzare i guadagni a fronte di una bassa diffusione. Ma dal giornale più venduto in Sardegna mi aspetto maggior slancio culturale e sociale messo a disposizione di un’Isola che arranca sotto vari aspetti in primis quello economico e infrastrutturale. 

Serve un cambio di visione strategica per rendere al cittadino-pagatore parte di quella pubblicità istituzionale e di contributi all’editoria di cui il giornale penso usufruisca. Poi c’è il trattamento riservato al consumatore, spogliato dei suoi diritti. Se poi scoprissi che tutto ciò che rivendico esiste e sta nel click di un tasto della pagina online, che le mie scarse capacità di esplorazione non hanno individuato, chiedo scusa. Se poi scoprissi che quando mi avete venduto sta in una clausola scritta in un corpo microscopico nel contratto d’acquisto, che non leggiamo mai come ci capita anche quando accendiamo un prestito in banca, chiedo due volte scusa. Se invece nulla è di tutto questo sono io che chiedo da voi spiegazioni e soddisfazione alle mie ragioni e al mio disappunto.

Fonte: Salvatore Erbì
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Paolo Orrú

26 Ago 2020

Davvero incredibile. L'Unione appartiene a un editore, ma soprattutto è un tratto culturale che unisce tutti i sardi. Far pagare per leggere l'archivio storico è un peccato: non solo per studenti, storici e scrittori, ma per tutta la comunità dei sardi. Se poi in nel corso dell'anno si deroga unilateralmente a un contratto già stipulato forse è anche un reato. Propongo un esempio: se io acquisto a rate un'auto e mi dicono che devo spendere tot e dopo la firma del contratto mi spiegano che devo aggiungere due/tre rate in più, cosa devo pensare? Ai lettori trarre le conclusioni.


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