"M'impiego ma non mi spezzo" - introduzione al libro
Le avventure di un piccolo borghese che si credeva Don Chisciotte
Autore: Capitan Fracassa
Prefazione
Ciò mi ha dato la possibilità di esporre due punti di vista opposti: il primo è quello dell’autore, riportato fedelmente ma sfrondato di alcune parti ripetitive e non attinenti gli argomenti trattati. Da questi si potrà capire quanto sia vano il tentativo di cambiare “il sistema”, intrapreso da chi, privo delle necessarie leve di potere, ha conosciuto l’inevitabile sconfitta e la follia.
Lo feci accomodare sul lettino e lui cominciò, o meglio, cercò di esporre i propri problemi: ”E’ la prima volta che mi presento davanti ad uno psichiatra, ora non ne posso più. Da tempo sento le voci di personaggi che accendono la mia mente durante le prime ore del mattino. Inizialmente gradivo il loro intervento, poiché spesso davano risposte razionali ai problemi che non riuscivo a risolvere durante la giornata, però, da diversi decenni, la loro presenza è diventata eccessivamente ingombrante e sempre più critica. Vorrei un sonno riposante, ma son tre notti che non dormo…”
Considerato che ne manifestava chiari sintomi, gli dissi: “Lei soffre di una patologia non rara, è uno schizofrenico e..” Non feci in tempo a concludere la mia dotta diagnosi, che il paziente, visibilmente alterato, m’interruppe: “Schizzato sarà lei e tutta la sua generazione!”
Ebbi un bel da fare a calmarlo e spiegargli con altre parole che soffriva di dissociazione della personalità. Aggiunsi che il fenomeno, piuttosto diffuso, non sempre crea problemi patologici. L’importante è saper convivere e non entrare in conflitto con le differenti identità. Per metterlo maggiormente a suo agio, gli confidai che anch’io condividevo la mia esistenza con un celebre personaggio storico e mi avvantaggiavo della sua forte personalità e della sua costante guida. Stabilito un rapporto di fiducia col paziente, proseguii con una prima analisi e, visto che non assumeva alcun farmaco psicotropo, gliene prescrissi alcuni dal blando effetto, capaci di regalargli un buon riposo e di placare lo stato d’ansia e di confusione mentale nella quale si trovava. Infine, gli raccomandai di ripresentarsi quando si sarebbe sentito in migliori condizioni.
Trascorse circa un mese, quando si presentò presso il mio studio vestito di un’armatura, elmo, lancia e spada. Lo riconobbi subito: “Don Chisciotte della Mancia!” Lui fece un ampio inchino e, così facendo, con la lancia che portava lungo il fianco destro, colpì il bicorno che porto abitualmente al capo. E’ un oggetto antico, acquistato a un’asta, che era stato indossato dal mitico Napoleone Bonaparte, un copricapo che mi è tanto caro, e lo dico in tutti i sensi, visto che mi era costato almeno la cura di un centinaio di pazienti. Lo raccolsi e, constatato con sollievo che non aveva riportato danni, dopo una carezza me lo rimisi in testa. Mi dava e mi dà autorità, sicurezza e, tramite lui raggiungo la massima chiarezza di pensiero. Invitai il mio paziente ad accomodarsi sul lettino, ma, poiché l’armatura era troppo rigida, rimase in piedi. Per iniziare l’analisi, come mi aveva suggerito il bicorno, gli chiesi da quanto tempo soffrisse dei suoi problemi di dissociazione della personalità.
“Esimio Dottor Professor Napo Leone o Leone Napo, non saprei come chiamarla, da sempre alterno momenti di lucidità a stati di appannamento mentale. Già quando avevo meno di quattro anni, sentivo delle voci che mi dicevano che ero circondato da creature maligne che volevano farmi del male. Un giorno di primavera, in un vasto campo fiorito, con un bastone avevo reciso il capo dei miei nemici che in realtà, come mi disse mio padre, erano tanti papaveri rossi.
Devo dirle che la sua cura ha già avuto esiti benefici e mi ha consentito di metter ordine nella mente. Ho capito che le mie condizioni psichiche si sono aggravate da quando al mite, ironico impiegato Bristow che per lungo tempo mi aveva ispirato una rivoluzione non violenta, si è aggiunto l’istintivo, irruento Don Chisciotte che m’impone lo scontro diretto, una guerra continua contro tutto e contro tutti.
Seguendo la sua terapia medica e le sue osservazioni, ho discusso a lungo con le mie anime contrastanti, giungendo a patteggiare una loro convivenza pacifica e stabilendo che, per l’avvenire, avrei potuto utilizzarne opportunamente la guida a seconda delle circostanze, come mi avrebbe suggerito la mente. Per facilitare la ricerca, ho raccolto i miei ricordi in questi fogli, che vorrei sottoporre alla sua attenzione. Spero possano esserle utili per una migliore comprensione del mio caso.”
Il fatto mi destò meraviglia e, nonostante avessi riscontrato notevoli miglioramenti del suo stato psico-fisico, temetti che avesse avuto un’altra manifestazione di schizofrenia.
Intanto, mentre proteggevo amorevolmente il mio cappello, seguivo con preoccupazione i movimenti della sua lancia, che cercava di attentare alla sopravvivenza di un antico vaso cinese della dinastia Ming che valeva un patrimonio. Come se avesse visto i pensieri che, agitati, uscivano dal mio bicorno, mi disse: “Caro Dottore, sono finalmente guarito. Ho seguito il suo consiglio e, abbandonato l’antico rancore, senza mancanza di passioni, vedo le cose sotto un’altra luce. Come mi ha suggerito, dopo un’attenta rilettura delle mie vicende, ho capito che non sarei riuscito a risolvere quella continua conflittualità interna che mi faceva soffrire. Adesso ho deciso di sopprimere il remissivo impiegato Bristow e di affrontare la vita con più determinazione. Finalmente so chi sono: la personificazione vivente di Don Chisciotte e intendo seguire la sua guida. Come lei mi ha consigliato, ho riscritto le mie esperienze, ma le chiedo un ultimo favore: vorrei che, senza svelare la mia identità, né quella di altri protagonisti, né i luoghi dove si svolgono le vicende, le riordinasse in un libro da pubblicare a mie spese. Lei che ha già scritto tanti volumi, saprebbe come fare, mentre io non mi sento in grado di occuparmi della cosa. Le pagherò tutto ciò che le devo, come per il suo onorario, anche per il suo disturbo.“
Mi lasciò ancora una volta interdetto e preoccupato, visto che l’apparente imperturbabilità e mancanza di affettività che il paziente aveva appena manifestato, noi uomini di cultura la chiamiamo atarassìa, caratterizza alcune situazioni psichiatriche e in particolare la patologia schizofrenica che stava curando e nella quale sembrava esser ricaduto. Come prima cosa, dando voce a un consiglio che la feluca napoleonica mi aveva appena inviato, gli ordinai un maggior dosaggio dei farmaci che assumeva, poi gli risposi che l’avrei accontentato. Nel tempo libero, ripresi gli appunti e diedi loro un ordine logico e cronologico. Mi ci vollero alcuni mesi e, quando l’autore lesse il risultato finale, ne fu entusiasta, anche se non molto d’accordo con i commenti che mi ero preso la libertà di aggiungere in coda ad alcuni avvenimenti che ritenevo degni di attenzione, costituendone una valutazione critica e una sorta di manuale comportamentale.
A suo giudizio, la pubblicazione del racconto avrebbe avuto una funzione terapeutica per sé stesso, ma poteva esser di giovamento per i lettori, soprattutto per i giovani. Consigliava loro di esser meno rigidi ma di sapersi piegare senza spezzarsi, come fanno le canne al vento. Così concluse: “E’ chiaro che lei non è d’accordo con me, però, anche se devo ammettere di non aver raggiunto gli scopi che mi sono prefisso, posso vantare il fatto di non aver tradito la mia coscienza, facendomi guidare da principi e valori fondamentali che vorrei non fossero dispersi.”
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