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Gianfranco Murtas

Monsignor Antonio Tedde nel 40° anniversario della morte. “Fabbricò” le scuole supplendo alle deficienze statali quell’indimenticato vescovo della diocesi, allora, più povera d’Italia

di Gianfranco Murtas

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Dieci anni fa tenemmo a Villacidro, nel salone grande dell’antico seminario, un bel convegno a quattro voci: di don Angelo Pittau, di don Tonino Cabizzosu, di don Giovanni Dettori vescovo e mia (con supplenza di Marco Sardu, datomi un rovinoso incidente di quei giorni stessi) per celebrare, nel trentennale della scomparsa, la personalità forte di monsignor Antonio Tedde, che guidò la diocesi di Ales e Terralba fra mille difficoltà, facendo della sua missione religiosa il lievito di una pasta sociale sofferente ed alla ricerca di rimedi immediati e duraturi. Gli Atti del convegno furono poi pubblicati a cura di Angelo Pittau e per le Edizioni Confronto nel 2013, con il titolo Mons. Antonio Tedde a trent’anni dalla morte 1948-1992.

Già nel decennale della morte, monsignor Tedde era stato ricordato in diocesi da due belle pubblicazioni: Ricordo di Mons. Antonio Tedde vescovo di Ales, Edizioni Testimonianze, 1992, e Mons. Antonio Tedde, una vita per la Chiesa, Edizioni della Diocesi di Ales-Terralba, 1992 (questo secondo come supplemento a Notiziario della diocesi di Ales-Terralba al tempo diretto dal caro don Giovanni Pinna).

Naturalmente poi è stato il Nuovo Cammino, periodico diocesano rilanciato negli anni dell’episcopato Orrù, oltreché Confronto – l’imbattibile mensile condiretto da Angelo Pittau e dal compianto Petronio Floris – a coltivare, in tutti questi anni, la memoria del presule scomparso con un numero impressionante di articoli e con vari “speciali”.

Ho scritto e detto tante volte anch’io di monsignor Antonio Tedde che entrò nella mia vita di bambino allorché d’estate mi trasferivo da nonni e zii ad Arbus e dopo, negli anni della residenza villacidrese, e dopo ancora, negli anni della sua malattia, quando il mio amico dottor Franco Cossu, allora in servizio alla divisione urologica dell’ospedale di Is Mirrionis, mi consentì di salutare il vescovo già quasi agonico… Il mio amico Armando Corona innumerevoli volte mi aveva parlato, sempre con ammirazione, di questo vescovo che era stato suo affezionato paziente nell’ambulatorio medico di Ales, dal 1955 e per un decennio circa…

Ho scritto e detto tante volte anch’io e, dunque, non volendo ripetermi, ho creduto in questo 40° della sua morte di onorare tanta memoria riprendendo da un libro prezioso, ormai rarissimo nelle biblioteche nostre, quelle generali e quelle specialistiche religiose, alcune pagine tutte quante di monsignore, da collocare accanto alle sue storiche lettere pastorali (In dilectione, In paupertate…). Mi riferisco a Problemi sociali nella luce del Vangelo, che l’editore sassarese Gallizzi dette alle stampe nel 1954 – quando il presule era in sede ormai da sei-sette anni – e che, con una significativa lettera d’introduzione di fra Arcangelo Mazzotti, arcivescovo di Sassari (del quale Tedde era stato, da prete secolare ordinato nel 1929, collaboratore diretto per molti anni) ed altre pagine di saluto e introduttive del can. Severino Tomasi vicario generale e della presidenza diocesana dell’Azione Cattolica, nonché di don Riccardo Meloni preside della scuola vescovile di Ales, intendeva accompagnare e celebrare il 25° di messa di monsignore.

Era ancora giovane, monsignore, nel 1954: 48enne. Nativo di Sorso, aveva completato gli studi al seminario regionale di Cuglieri di recente inaugurato: al corso teologico, in quel 1929, erano iscritti 57 chierici (e fra essi, matricola, don Abramo Atzori), ed altri 78 invece lo erano al corso filosofico (e fra essi, degli aleresi, Aldo Mocci, Pietro Casu, Mario Grussu, Mario Meloni, Giuseppe Zurru, Mario Diana). Segretario dell’Ufficio catechistico dell’archidiocesi di Sassari, e segretario anche della commissione per gli spettacoli educativi, nonché redattore del periodico Libertà (con pezzi invero talvolta molto cadenzati dal basso clima clerico-fascista del tempo: cf. Guido Rombi, Chiesa e società a Sassari dal 1931 al 1961, Milano, 2000, passim) ebbe negli anni di guerra la responsabilità della parrocchia di San Donato, nel povero o poverissimo centro storico turritano (come ampiamente documentato dalla stampa isolana allorquando giunse per lui la promozione episcopale).



Raggiunse Ales e la cattedrale che nella Marmilla riuniva, lavorandone le sintesi ecclesiali, anche le esperienze sociali del medio Campidano e del Terralbese con un doppio proposito rivelato in modo sempre più chiaro nel giro di appena uno-due anni: quello di schierare la Chiesa dalla parte dei lavoratori, fossero essi braccianti agricoli o minatori, nelle vertenze sindacali che li opponevano alle parti “forti” e quello di supplire con le risorse della diocesi alle mancanze statali in materia scolastica: nel mortificante e ingiusto vuoto scolastico mise in piedi, una dopo l’altra, le “sue” scuole, dalle medie alle superiori. E capitò spesso che chi ebbe a frequentare quei corsi per conseguire il diploma, fosse poi chiamato ad insegnare: fu il caso anche della mia amica Rosabianca Cadeddu guspinese sposata poi con Marco Rombi, che sempre onorò la memoria del vescovo che fu il vescovo “dei lavoratori e delle scuole”.

E della scuola così come del lavoro, tutto naturalmente in chiave di impegno religioso, monsignor Tedde parlò ogni giorno in ogni paese della sua diocesi. Il libro Problemi sociali nella luce del Vangelo raccoglie ben 39 discorsi da lui pronunciati ora a Guspini e Gonnosfanadiga, ora ad Arbus ed Ales, ora ad Uras e Simala ora a San Gavino e Mogoro, ora a Villacidro e Sardara ora a Tuili, ora a Lunamatrona ora perfino a Sassari…

Scrisse sui giornali e parlò a Radio Sardegna, monsignor Todde, e le sue posizioni, anzi le sue iniziative attraversarono il Tirreno, s’imposero all’attenzione di diocesi e comunità religiose del continente fino a Milano – terra di emigrati sardi! –, e dal presidente Einaudi arrivò perfino un riconoscimento come benemerito della cultura.

Una intervista rilasciata a Renzo Floris

Quel che vorrei riproporre di monsignor Tedde è una intervista che sul tema a lui caro in modo speciale – la scuola, cioè per bambini e adolescenti della sua diocesi – egli rilasciò nel 1952 (settant’anni fa!) al presidente dell’Azione Cattolica diocesana, lui stesso uomo di scuola (oltreché esponente politico regionale). Indovinatissimo il titolo: “Educazione integrale, spirituale e culturale nelle Scuole Vescovili di Ales e San Gavino”. Naturalmente sarà importante contestualizzare i temi e gli approcci, direi anche il linguaggio. Ma una rilettura di quelle pagine basterà comunque ad illustrare bene il profilo umano oltreché religioso del presule.

Da parecchi mesi, subito dopo le operazioni d'esame della sessione estiva, i caseggiati delle Scuole Vescovili di Ales e San Gavino si sono trasformate in cantieri di lavoro.

Ad Ales infatti si è completata l'ala Sud-Est, si sono ampliate delle aule, si sono rimodernati i servizi igienici, sono state tolte alcune sovrastrutture nella costruzione che rendevano buie alcune aule, è stato sistemato un cortile per le lezioni di ginnastica alle classi femminili.

A S. Gavino si sta completando il grandioso edificio con la costruzione della palestra coperta.

Si riteneva da parte di molti che gli esami della seconda sessione non avrebbero potuto avere luogo prima che i lavori venissero ultimati: e ciò forse speravano molti studenti, che con trepidazione vedevano avvicinarsi i giorni fatali dell'esame, della resa dei conti; il giorno in cui sarebbe stata decisa la loro sorte.

Invece abbiamo potuto vedere che gli alunni hanno sostenuto le diverse prove al ritmo cadenzato del piccone a S. Gavino e nel faticosamente contenuto raccoglimento d'un cantiere ad Ales.

Proprio in periodo d'esame abbiamo potuto visitare i lavori, accompagnati personalmente da S. Ecc. Mons. Tedde, alla cui iniziativa ed alla cui intraprendenza si deve se le due popolose zone nelle quali si divide la Diocesi, quella mineraria e quella agricola, possono fruire di corsi regolari di studio, senza dover trasferire i ragazzi in città, evitando così delle spese per molti insostenibili ed i pericoli cui tanti alunni, perché senza controllo dei famigliari, vanno soggetti nella grande maggioranza.

Dopo aver notato l'imponenza delle opere di ampliamento e di completamento ci siamo permessi rivolgere all'Ecc.mo Vescovo qualche domanda.

1) Sappiamo che le Sue due Scuole Vescovili, di Ales e di San Gavino, hanno un bilancio finanziario notoriamente passivo. Come, dunque, ci spiega il ritmo intenso di lavori per la palestra coperta della Scuola di San Gavino e per i restauri e nuove costruzioni alla Scuola di Ales?

R. - Tutti sanno come io pensi, veda e senta la Scuola nel complesso programma di azione pastorale. Non è difficile, perciò, comprendere – e chi non ha fede non comprende ma constata – come la Provvidenza Divina ci doni la gioia di veri miracoli di grazia.

2) Vostra Eccellenza attende molto dalle sue Scuole. Ci perdoni. Non è troppo ottimista? Non ha già provato delusioni?

R. - Sono ottimista e spero sempre nel meglio. Non sono mancate le amarezze: non tutti gli alunni sono come li vorrei, come non tutti i figlioli sono sempre come il buon babbo li vorrebbe.

È dura cosa moralizzare, riportare, cioè, alla sua dignità la Scuola. È lotta dura. Ci tempreremo in questa battaglia civica e morale con estrema tenacia. Sempre in forza di quell'ottimismo, che poggia sulla fede nella grazia del Signore.

 3) Non pensa Vostra Eccellenza che questa «estrema tenacia» - ci perdoni se riprendiamo le Sue parole – possa privare la Sua Scuola delle simpatie non solo degli alunni ma anche dei genitori? La «estrema tenacia» di Vostra Eccellenza, infatti, vorrebbe significare severo impegno da parte degli alunni e da parte degli insegnanti con severità di controllo e di giudizio.

R. - Purtroppo è una facile ma amara constatazione che non solo gli alunni – fragilità o cattiveria di tutti i tempi – rifuggono dalla serietà di impegno nello studio, ma anche la gran parte dei genitori, oggi, - per quella amoralità o immoralità sociale e di lavoro che ci avvilisce ed opprime – si preoccupa non della educazione dei propri figliuoli allo studio ed alla onestà, ma del cartoncino-diploma. E chi crede ancora ai valori reali della cultura sana e profonda ed alla onestà, è dai più considerato, nella più benevola delle ipotesi, un ingenuo che non sa vivere la vita, od un idiota ostinato che non sa introdursi in società.

 4) Quali propositi particolari ha Vostra Eccellenza all'inizio di questo nuovo anno scolastico per le due Scuole di Ales e di San Gavino?

 R. - Quanto ho già detto precedentemente chiarisce pensieri e propositi del Vescovo, che ha per la Scuola un sacro rispetto come per le sue chiese, centro e garanzia di una sana formazione civica e spirituale della gioventù, eterna speranza della società che si dibatte nell'ansia di un rinnovamento invano cercato con altri mezzi e sistemi, nella cultura senza la fede o nell'arido culto di un dovere non animato dalla carità di Cristo.

 5) Ci permettiamo di dedurre che le sanzioni particolari vigenti nelle Sue Scuole – per quanto riguarda le lezioni private e «ripetizioni» - rientrano nella «estrema tenacia» di moralizzazione di cui ci parlava poc'anzi.

R. - Esattamente. A nessuno sfugge l'infamia, di cui gratificano la Scuola alunni e genitori, che considerano ormai le ripetizioni come una organizzazione parascolastica curata ed elaborata nei pedinati accordi di corridoio tra marzo e giugno. Ora non è possibile tollerare che alunni e genitori continuino ad infamare così la Scuola italiana. S'impone, perciò, una severa disciplina in materia; e nelle scuole Vescovili di Ales e di San Gavino sarà sempre severissima. Chi non intende sottostare, per l'onore della Scuola, preferisco che si ritiri.

6) E non ha paura di conseguente spopolamento di alunni ed insegnanti?

R. - Credo ancora all'onestà degli insegnanti della Scuola italiana ed ho anche fiducia nel buon senso dei genitori, che sapranno apprezzare ed amare le nostre Scuole che tendono energicamente a dare ai loro figlioli una educazione integrale.

7) La chiusura anticipata dell'anno scolastico, quali ripercussioni avrà sul funzionamento delle Sue Scuole?

R. - Il provvedimento ministeriale è quanto mai opportuno. E se lo svolgimento delle lezioni è normale e regolare, la chiusura delle scuole portata al 31 maggio penso dia ad alunni ed insegnanti la possibilità di condurre le loro fatiche alla fine con sufficiente freschezza di energie.

8) Avremo ad Ales nel prossimo anno il Ginnasio superiore?

R. - La Marmilla avrà ad Ales tutti i tipi di scuola e le classi di cui affermerà l'esigenza. A parità di trattamento nel mio cuore di Vescovo con la popolatissima zona mineraria.

9) Quali speranze «prossime» ci sono per le Scuole professionali di cui si sente in Diocesi l'esigenza?

R. - Le Scuole professionali seguiranno immediatamente alla sistemazione degli Orfanotrofi già aperti ed al completamento di quelli attualmente in costruzione. Lasciamo alla Divina Provvidenza l'incarico di antecipare i tempi.

10) Quale vantaggio dal punto di vista didattico si trarrà dalla nuova sistemazione dell'edificio scolastico di Ales e dal completamento di quello di San Gavino?

R. - Penso che anche il visitatore estraneo alla tecnica dei problemi didattici e pedagogici possa apprezzare il contributo – dico contributo – che il rifacimento e la nuova sistemazione del caseggiato della Scuola Vescovile di Ales come il completamento della Scuola di San Gavino daranno all'orientamento dei nostri alunni.

Studiare in una scuola attrezzata secondo le più moderne esigenze della didattica e dell'igiene – dalle docce alle aule arieggiate e riscaldate, dalla biblioteca modernissima anche nella scaffalatura ai gabinetti scientifici – significa trovarsi nelle migliori condizioni fisiche e morali per superare le necessarie fatiche dello studio. Non dubito che anche i nostri alunni ed i nostri insegnanti sapranno apprezzare questo regalo che la Divina Provvidenza ha fatto alla Diocesi di Ales.


(Dopo circa due anni dalla precedente intervista, abbiamo notato nel Vescovo di Ales lo stesso ottimismo, la stessa serena fiducia. Ottimismo e fiducia che non sono stati smentiti dai fatti. E giustamente.

Egli sottolinea che anche chi non ha fede deve constatare quanto la Provvidenza sia stata benevola nel far sorgere, nel giro di pochi anni, due centri di studio così importanti nelle due ridenti cittadine.

Nonostante tutte le difficoltà, nonostante le preoccupazioni finanziarie cui bisogna pur fare fronte, le Scuole Vescovili di Ales e San Gavino in soli quattro anni hanno avuto uno sviluppo che può comprendersi solo con l'aiuto della fede.

E tali scuole s'impongono per la bellezza dei locali accoglienti e confortevoli, per la modernità dell'arredamento e dei sussidi didattici, per la completezza dei servizi vari, ma soprattutto per la severità degli studi).

Fortunato Pasqualino: il pensiero pedagogico di Mons. Tedde

L’intervista di Floris al vescovo uscì nel volume Problemi sociali preceduta da una nota a firma di Fortunato Pasqualino, che in quegli anni ’50 era docente di filosofia nelle scuole di Ales e San Gavino.

Eccole le osservazioni del famoso pedagogista e scrittore e drammaturgo siciliano che fu sardo per un lustro soltanto, ma che nell’isola patria elettiva poté consolidare quei fondamentali culturali che in lui ebbero natura esistenziale, muovendosi fra la lezione di Giorgio La Pira, Dossetti e Carretto e la pratica docente e della comunicazione giornalistica, dunque sociale, radio-televisiva.

Ci siamo chiesti, qualche volta, tra amici e colleghi, ed hanno chiesto anche gli illustri studiosi del "Paedagogium", durante l'ultimo convegno dei "Pietralbini": qual è il pensiero pedagogico di Mons. Tedde?

Se rivolgiamo la domanda a S. E., ci risponde con un nome: Don Bosco.

Però – a voler malignare un poco – il nostro Vescovo ha preso l'abitudine di attribuire a Don Bosco parecchi suoi pensieri. Dico "suoi", anche quando Egli crede sinceramente che appartengano al Santo ispiratore.

Chi legge queste pagine, incontrando titoli come "Educazione integrale, spirituale e culturale nelle Scuole Vescovili di Ales e S. Gavino", e di più, "Gioia del Cristo Risorto nel culto dell'amore e della giustizia – Luce di scienza e di fede – A Guspini la Scuola media Vescovile Contardo Ferrini", stupirà che si diano così vaste proporzioni ad un fenomeno educativo che in fondo sembra molto limitato.

Ebbene, per intendere il valore dell'opera di Mons. Tedde occorrerebbe essere presi da quella sorta di innamoramento per l'ideale Scuola e per l'apostolato sociale in genere che ha finito col trascinare un po’ tutti nella Diocesi di Ales.

Possiamo dire che la pedagogia di Mons. Tedde è la pedagogia di un innamorato della Scuola che vede attuata nelle sue Scuole una pedagogia che coincide con Lui stesso, con la sua volontà, col suo cuore, con la sua vocazione.

E chi non ama la Scuola con l'intensità quasi tirannico del suo amore rimane sorpreso del suo linguaggio, del suo eccessivo sacrificarsi, del suo eroismo.

L'ideale del suo amore e del suo eroismo è di là delle dimensioni umane della vita.

"Io voglio che comprendiate che la Scuola è al di sopra di voi", gli ho sentito dire più volte.

Per tutta risposta al nostro "la Scuola, Eccellenza, siamo noi", ecco la Cappella nell'edificio scolastico, ecco il Santissimo davanti al quale ci pieghiamo tutti, Insegnanti e Studenti.

"Ditemi ora", esclama Mons. Tedde sorridendo, "se la Scuola non è al di sopra di noi".

"Nelle mie Scuole si deve poter essere in grazia di Dio in ogni ora della giornata".

Questa espressione è stata al centro della meditazione che Egli ha tenuto a Professori e Studenti a conclusione di una settimana di adorazione. Una settimana che fruttò, spiritualmente, nei ragazzi e in noi, più che non due trimestri di lavoro!

In un'altra occasione ebbe a dire: "I ragazzi nelle nostre Scuole debbono poter ristabilire ogni momento i rapporti con la grazia di Dio".

Un pedagogista di professione troverà che tali elementi non bastano per poter parlare d'un metodo educativo nel senso tecnico del termine.

Ma l'abbiamo detto: il metodo educativo di Mons. Tedde non può avere nessun nome tranne il suo, in diretta ispirazione a quello di Don Bosco.

Possiamo parlare di "amore che ispira dentro" alla maniera di Dante, di innamoramento e di stile di amare e arrivare alle determinazioni didattiche, che, nelle Scuole Vescovili, raggiungono tutta l'efficacia consentita alla pratica dell'educazione.

Mons. Tedde non sa pensare che in concreto.

Egli parte dalla costruzione di Scuole. Siamo tentati di ripetere per Lui il "nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu" del realismo moderato della Scuola tomista.

Egli è come quel grande corridore il quale, al giornalista che gli chiedeva se avrebbe vinto il giro, rispose: "Ve lo dirò all'ultima tappa"!

E i rapporti tra noi Professori e Lui? Come in famiglia.

Tra il Vescovo, il Fondatore e l'Animatore della Scuola c'è identità assoluta, sono sempre tutti e tre perfettamente d'accordo. Quando qualcuno di voi – leggete il sottoscritto – ha da ridire, il Vescovo lo aiuta a comprendere il Fondatore o viceversa.

Ecco il modo con cui mi sono rivolto a Lui: "Prego Vostra Eccellenza di voler intervenire per me presso l'illustre Fondatore, Ministro e Gestore della Nostra Scuola, il quale, per provvidenziale combinazione, porta il Vostro stesso nome "...

Ci rise sopra.

Ancora Pasqualino: la scuola per la promozione sociale

Devo a Monsignor Antonio Tedde gli anni più belli della mia pur modesta attività scolastica: a lui e a tutta una splendida umanità sarda, in particolare alla gioventù studentesca di cui ebbi il privilegio d'essere insegnante di filosofia nelle scuole vescovili di Ales e San Gavino Monreale. Si era agli inizi degli anni cinquanta, uno di quei periodi in cui ogni cosa, comprese le difficoltà, sembrano cooperare nel senso di una certa luce e gioia.

Di Monsignor Tedde si era occupata la stampa come del Vescovo intraprendente che tra l'altro era "disceso nelle miniere", gesto che allora parve una specie di catabasi ad inferos, un'audace discesa nell'inferno del lavoro più sofferto. Volentieri accorsi al suo invito. Mi attrasse il suo spirito pioneristico, il fatto che avesse istituito scuole medie e superiori laddove lo Stato non sarebbe arrivato che molto più tardi, e confusamente. In particolare, m'interessò la nuova metodologia di quelle sue scuole fondate sulla "pedagogia perenne" del cristianesimo, in sintonia spontanea con le ricerche e sperimentazioni svolte dalla Scuola Italiana Moderna di Brescia, cui avrei collaborato. Ricordo che alla stazione di San Gavino venne a ricevermi il professor Pietro Mudu, preside della scuola vescovile "Beata Vergine della Speranza", persona di straordinaria nobiltà d'animo, geniale e poi amico carissimo. Quando Monsignor Tedde mi vide, "Ma tu, gigante come sei, dovresti chiamarti PasquaIone, non Pasqualino", scherzò. Rideva fanciullescamente a ogni propria battuta umoristica, che da sé giudicava "Buona, questa!", con un filino di quell'autorevole sacra compiacenza, che nella Genesi è di Dio a ogni cosa creata. Sì, era un fanciullone, con grandi virtù e qualche piccolo capriccio, che l'avvocato del diavolo tirerà fuori al processo per l'auspicabile beatificazione, su cui quel caro Vescovo dal Cielo non mancherà di far piovere la propria "buona" battutina: giusta la convinzione dei mistici chassidim secondo i quali le barzellette più belle vengono direttamente dal Paradiso. (Fortunato Pasqualino in Ricordo di Mons. Antonio Tedde vescovo di Ales, 1992).

***

Scrivo queste note mentre continuano a giungere, drammatiche, le notizie da Kiev e dalla Ucraina tutta. Sia maledetto chi ha scatenato l’inferno ed ha provocato la morte e la sofferenza di tanti innocenti. (Ed ancora una volta abbiamo la plateale dimostrazione della nullità liberale degli esponenti della destra italiana, pagana e imbrogliona, da cui insistenti sono venuti, negli anni, gli accarezzamenti ad un pericoloso dittatore nato).


Fonte: Gianfranco Murtas
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