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Franco Meloni

Nei cammini sinodali, in ascolto e partecipi delle sfide e dei cambiamenti del mondo.

Cammino Sinodale. Alcune riflessioni e proposte per la Chiesa e la Società sarda.

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Sostenuti dallo Spirito, in attuazione del Concilio. Nei cammini sinodali, in ascolto e partecipi delle sfide e dei cambiamenti del mondo. Alcune riflessioni e proposte per la Chiesa e la Società sarda.

di Franco Meloni.

(contributo contenuto nel Dossier 2021 della Caritas di Cagliari)

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Il Concilio ecumenico Vaticano II, convocato da Giovanni XXIII e cominciato l’11 ottobre 1962, chiuso da Paolo VI l’8 dicembre 1965, fu indubbiamente un avvenimento grandioso per la Chiesa, che si affermava sempre più cattolica, nel significato di universalità, e per il Mondo.

Allora io ero molto giovane e nonostante militante della Gioventù di azione cattolica (Giac) nell’associazione Giuseppe Toniolo della parrocchia S.Anna di Cagliari, poco avvertii la portata del Concilio, se non per gli aspetti di innovazione nella liturgia. Certo, insieme con gli amici della mia e vicine generazioni avvertimmo il vento del cambiamento, ma senza capirne il profondo significato, ignorando quanto il Concilio aveva sancito nelle sue costituzioni e negli altri documenti. Solo alcuni anni più tardi cominciammo a prenderne consapevolezza, quando con la presidenza diocesana della Giac organizzammo momenti di riflessione e confronto in ambito studentesco (di frequente a La Madonnina di Cuglieri). Su quell’onda cominciammo a collegarci con le esperienze di comunità ecumeniche (Taize’, S.Paolo fuori le mura a Roma, Isolotto a Firenze; e anche in Sardegna: S.Rocco e S.Elia a Cagliari, Bindua). E a frequentare appuntamenti sulle grandi tematiche di rilievo della fase storica (Convegni giovani promossi dalla Pro Civitate Christiana di Assisi). Furono per noi le premesse culturali dell’impegno nel sociale, soprattutto nei quartieri urbani, contemporaneamente coinvolti nei Movimenti contestativi del ‘68. Circostanze che segnarono un accentuarsi delle difficoltà di rapporti con la Chiesa istituzionale da cui gradualmente in molti ci staccammo. Poteva andare diversamente, ma di sicuro non sentimmo il sostegno della Chiesa nelle nostre scelte esistenziali e vivemmo progressivamente il post Concilio come un “tornare indietro” rispetto alle attese dei primi tempi. Insomma non il Concilio ma la sua concreta attuazione fu per noi e per molti altri una delusione, o perlomeno una “mancata opportunità”, una “grande incompiuta”. Senza per questo disconoscerne i grandi frutti prodotti – come non dimenticare che uno di questi fu proprio la creazione della Caritas, ad opera di Paolo VI (1) – ma sicuramente non nella misura in cui il suo potenziale avrebbe consentito e ci saremo aspettati. È ora giunto il momento di riprendere quel cammino interrotto per noi e per molti. Sarà anche questo un frutto del Sinodo. Lo speriamo e sappiamo che molto dipende da ciascuno di noi.

Ho narrato di una personale esperienza, che non pretende di assurgere ad analisi generale, perché mi pare scorgervi un’assonanza con considerazioni di altre persone, tra cui quelle autorevoli di mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, l’ultimo vescovo vivente che ha partecipato al Concilio Vaticano II. In una recente intervista (2) così rispondeva alla domanda su quale sia la principale eredità del Concilio: «L’impegno ad attuarlo compiutamente, affidandolo alla responsabilità personale di ciascuno». E su cosa in particolare, debba essere ancora attuato: «Il riconoscimento del popolo di Dio. Noi siamo stati abituati come gerarchia ad agire e chiedere l’obbedienza dei fedeli: questa responsabilità della gerarchia rimane, ma dopo aver ascoltato, dobbiamo maturare insieme col popolo di Dio. L’importante compito che hanno i laici è di portare le sensibilità, le mentalità, i problemi del mondo d’oggi per poter tutti insieme preparare la decisione finale della gerarchia. (…) Quindi è importante questo spirito di dialogo, di comunione, di incoraggiamento all’interno della Chiesa, affinché la gerarchia sia in grado di dire l’ultima parola (…) Pertanto non credo serva un nuovo Concilio perché dobbiamo ancora attuare quello passato e il rischio sarebbe di tornare indietro invece che andare avanti. Purtroppo se guardiamo alla liturgia, al clericalismo… ancora tanto c’è da fare. Fortunatamente però il Signore ci ha donato un Papa come Francesco che, pur non avendo vissuto i giorni del Concilio, lo sta mettendo in pratica».

La vera continuità del Concilio sta dunque nel Sinodo, attraverso i percorsi sinodali intrapresi dalla Chiesa universale e dalle Chiese particolari, affidati al protagonismo di tutto il popolo di Dio, assistito dallo Spirito santo.

Come è noto i percorsi sinodali avviati nel 2021 sono due, che ovviamente si intrecciano: il “Sinodo 2021-2023” della Chiesa universale, intitolato «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione», che si è aperto il 9-10 ottobre in Vaticano e il 17 ottobre in tutte le diocesi del mondo (3); l’altro è il cammino sinodale italiano, ufficialmente aperto dall’Assemblea della CEI dello scorso giugno, che si snoderà fino al 2025 nel solco delle indicazioni emerse dal Convegno ecclesiale di Firenze del 2015 (4).

In questo scritto focalizziamo le nostre riflessioni soprattutto sulla missione apostolica della Chiesa, in particolare con riferimento alla Chiesa italiana, in ascolto e partecipi delle sfide e dei cambiamenti del mondo contemporaneo. Lo facciamo in sintonia con le indicazioni della Chiesa italiana, formulate attraverso la CEI, con particolare attenzione alle problematiche della nostra Regione.

Dai tanti documenti esplicativi dei percorsi sinodali, pubblicati nei siti web dedicati, riprendiamo solo alcuni spunti, utili per i nostri ragionamenti (5).

“Nell’intraprendere questo cammino, la Chiesa di Dio che è in Italia non parte da zero, ma raccoglie e rilancia la ricchezza degli orientamenti pastorali decennali della CEI, elaborati fin dagli anni ’70 del secolo scorso, i quali, in un fecondo intreccio con il magistero dei Pontefici, da Paolo VI a Francesco, costituiscono una mappa articolata e sempre valida per la vita delle nostre comunità. Nel suo documento programmatico Evangelii Gaudium, Papa Francesco ha rilanciato con parole nuove e vigorose la dimensione missionaria dell’esperienza cristiana, disegnando piste coraggiose per l’intera Chiesa, provocandola a mettersi più decisamente in cammino insieme alle donne e agli uomini del nostro tempo; quel documento, dispiegatosi poi sempre più chiaramente nei gesti, nelle scelte e negli insegnamenti del Papa, costituisce un’eccezionale spinta a dare carne e sangue all’ispirato inizio della Costituzione conciliare Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (6):

“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia”.

E’ una missione che la Chiesa svolge da sempre, ma ovviamente noi pensiamo soprattutto al Mondo di oggi, con tutti i suoi problemi, ai quali corrisponde con la sua presenza, le sue opere e le sue sollecitazioni pastorali. E con il suo respiro universale, guidato da Papa Francesco, purtroppo “in solitudine” o perlomeno con pochi “compagni di strada” nelle realtà delle compagini umane (7). Se ci riferiamo agli ultimi tempi i capisaldi del messaggio evangelico della Chiesa sono le ultime due encicliche sociali di Papa Francesco, Laudato sì’ e Fratelli tutti. Verrebbe da dire che l’Umanità “chiama e invoca aiuto” anche quando il suo lamento non è precisamene indirizzato. La Chiesa comunque risponde, proponendo non le soluzioni, ma le condizioni perchè queste vengano costruite, rivolgendosi a tutto il popolo di Dio, che si allarga a tutti gli uomini e donne di buona volontà, in ultima analisi a tutta l’Umanità. Come non trovare in questa azione della Chiesa l’anelito alla fratellanza, all’eguaglianza, alla solidarietà, alla libertà di tutto il genere umano nella salvaguardia della Terra, la nostra casa comune.

Commenta mirabilmente la CEI l’incipit della Gaudium et Spes (6):

“In queste righe è racchiuso il significato del cammino sinodale, perché vi è concentrata la natura della Chiesa: non una comunità che affianca il mondo o lo sorvola, ma donne e uomini che abitano la storia, guardando nella fede a Gesù come il salvatore di tutti (cf. Lumen Gentium 9) e pellegrinando insieme agli altri con la guida dello Spirito, verso la meta comune che è il regno del Padre. La Chiesa è stata concepita in movimento, nel viaggio di Abramo da Ur dei Caldei (cfr. Gen 11,31) e nelle chiamate di Gesù ai discepoli sul lago e sulle strade (cfr. Mt 4,18‐23); la Chiesa è popolo pellegrino, che non percorre sentieri privilegiati e corsie preferenziali, ma vie comuni a tutti; la Chiesa non è fatta per stabilirsi, ma per camminare. La Chiesa è Sinodo (syn‐odòs), cammino‐con: con Dio, con Gesù, con l’umanità”.

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Ma per venire a “cose da fare”, dando atto delle numerose iniziative avviate nella nostra Diocesi, come anche riportate sul sito dedicato (3), scegliamo di dare un nostro contributo che pensiamo contribuisca ad integrare e arricchire le attività già in atto e quelle programmate, per i primi due anni del cammino sinodale. Proposte che si rivolgono anche a quanti poco o niente oggi frequentano la Chiesa e che ci sembra corrispondano all’impostazione data dall’Arcivescovo di Cagliari, di cui alla nota del Vicario generale (8), laddove è detto:

“Il Cammino Sinodale vuole contribuire a mettere in movimento le nostre comunità e suscitare una rinnovata consapevolezza del senso profondo del nostro essere Chiesa; la sinodalità vuole costituire anche l’occasione per un impulso alla missionarietà delle nostre comunità.

I primi due anni, costituiti da una prima fase narrativa, saranno caratterizzati dal mettersi all’ascolto di “ciò che lo Spirito dice alle Chiese”; sarà pertanto necessario il coinvolgimento, il più ampio possibile, degli organismi pastorali, consigli pastorali parrocchiali, consigli per gli affari economici, movimenti, gruppi di catechesi, senza dimenticare che «può essere significativo interpellare anche chi guarda alla Chiesa dall’esterno, per provare ad ascoltare quel che hanno da dirci e da chiedere. Confrontarsi con la percezione che della comunità ecclesiale e delle sue dinamiche interne ha la gente comune, con ciò che le persone si attendono. Questo può sicuramente contribuire a fare acquisire quel metodo che la carta d’intenti del Sinodo della Chiesa in Italia definisce “dal basso”, anche in rapporto al contesto» (cfr CEI, Prima bozza di esempio di percorso sinodale, Roma, 27-29 settembre 2021).

Non andrebbero esclusi dal Cammino Sinodale anche i luoghi della fragilità e della cura, i luoghi della cultura e dell’arte, i luoghi del lavoro e dell’economia, i luoghi della cittadinanza e della politica. Come da questi luoghi si percepisce la comunità ecclesiale?”

Il nostro contributo mira proprio a facilitare tale coinvolgimento, calato nella realtà della nostra regione, la quale vive oggi una situazione di estremo disagio.

Accumunati a molte altre realtà in Italia e nel Mondo, la Sardegna ha molti problemi, che l’epidemia del Covid ha aggravato e aggrava ogni giorno che passa. Non vogliamo qui farne ulteriore elenco. Chi lo volesse non ha che da sfogliare i quotidiani locali o consultare le News online di informazione politica. E neppure vogliamo parlare delle ricette per risolvere o perlomeno affrontare questi problemi. Anche queste le troviamo ogni giorno esposte, più o meno bene, negli stessi media.

Qui vogliamo semplicemente lanciare un messaggio e proporre una riflessione su che cosa possono fare i cattolici insieme con tutte le persone di buona volontà disposte a fare un percorso di comune impegno. Il messaggio è il seguente: la Sardegna ha soprattutto bisogno di fiducia. Innanzitutto della fiducia dei sardi verso se stessi, che è la condizione perché gli altri abbiano fiducia nei sardi. Dobbiamo pertanto impegnarci tutti a creare quel clima di fiducia che ci consenta di affrontare i problemi e di impegnarci a risolverli mettendo a frutto le capacità personali e delle comunità di appartenenza. Tutto ciò sembra banale, ma non lo è affatto. Sicuramente è difficile. Pensate cosa significa creare fiducia nel mondo della politica. Significa praticare rapporti di scambio tra persone che nella ricerca del bene comune, anche nel confronto e nello scontro dialettico, arrivino a soluzioni ottimali. La condizione è che si pratichi l’ascolto reciproco, come prevede il cammino sinodale, che si persegua l’obbiettivo della massima partecipazione. Cosa abbastanza diversa da quanto accade oggi, laddove la politica tende a selezionare le idee e le scelte sulla base degli interessi dei gruppi prevalenti e la partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica è sempre più ristretta. Allora, se si vuole invertire la rotta, occorre allargare gli spazi di partecipazione democratica sia per quanto riguarda l’accesso alle rappresentanze istituzionali (riforma delle leggi elettorali), sia per la promozione della cittadinanza attiva, sia per la valorizzazione delle competenze che devono prevalere sulle appartenenze.

Se dunque è la “partecipazione” la chiave giusta per ridare speranze di rinascita al popolo sardo, occorrono impegni concreti per favorirla, avendo come chiaro e virtuoso riferimento l’art. 3 della nostra Costituzione, laddove al comma 2 recita: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Insomma, c’è da dibattere e lavorare, nella consapevolezza che occorre maggiore dinamismo e disponibilità all’incontro esattamente come previsto dai percorsi sinodali, ovviamente sorretti da spirito evangelico e da correlato ottimismo della volontà! Ci sarebbe molto da discutere a tutto tondo sull’impegno dei cattolici in Politica, che, come ci ha insegnato Paolo VI, costituisce la più alta forma dell’esercizio della Carità. Ma in questo contributo scegliamo di soffermarci in prevalenza su quella parte della Politica che attiene alle questioni sociali, a sottolinearne urgenze e priorità, anche per quanto argomentiamo di seguito.

Siamo convinti che la situazione attuale della nostra società migliorerebbe fortemente se si sviluppasse un impegno politico che consentisse di rendere più incisivo e produttivo il poderoso lavoro che sul piano dell’impegno sociale fanno i volontari nelle diverse organizzazioni cattoliche e laiche al servizio della gente, in modo particolare degli ultimi. Innanzitutto ai volontari è richiesto che diano un aiuto alla Politica, anche se la stessa non la chiede. Al riguardo condividiamo in toto un invito formulato da Walter Tocci in un recente convegno della Caritas romana (9).

In questa sede avanziamo alcune proposte autonomamente elaborate o che riprendiamo da altri – una in particolare da uno scritto di Enzo Bianchi (fondatore della Comunità di Bose) (10) – che riecheggiano le riflessioni del “Patto per la Sardegna” lanciato nel novembre 2020 da un gruppo di intellettuali cattolici sardi (11).

1. Moltiplicare gli spazi di partecipazione, ascolto, confronto, discernimento.

In piena sintonia con l’impostazione dei cammini sinodali, si tratta di dare vita nelle chiese locali, diocesane e regionale, e in tutte le diverse realtà parrocchiali e di altra natura di appositi spazi nei quali “tutti i cattolici che si sentono responsabili nella vita ecclesiale e nella società possano essere convocati e quindi partecipare: incontri realmente aperti a tutti, che sappiano convocare uomini e donne muniti solo della vita di fede, della comunione ecclesiale, della consapevole collocazione nella compagnia umana”. Si tratta di chiamare tutte e tutti a “esprimersi in merito a una lettura della vita sociale, delle urgenze che emergono, occasioni di confronto in cui si esaminano i problemi che si affacciano sempre nuovi nella vita del paese e si cerca di discernere insieme alla luce degli insegnamenti del Vangelo. Da questo ascolto reciproco, da questo confronto, possono emergere convergenze pre-politiche, pre-economiche, pre-giuridiche che confermano l’unità della fede ma lasciano la libertà della loro realizzazione plurale insieme ad altri soggetti politici nella società”. Spazi pubblici reali in cui “pastori e popolo di Dio insieme, in una vera sinodalità, ascoltino ciò che lo Spirito dice alle chiese e facciano discernimento per trarre indicazioni e vie di testimonianza, di edificazione della polis e della convivenza buona nella giustizia e nella pace”. È in questi spazi che si possono “delineare le istanze evangeliche irrinunciabili, che poi i singoli cattolici con competenza e responsabilità tradurranno in impegni e azioni diverse a livello economico, politico, giuridico”.

Da queste attività si può partire per ulteriori indispensabili interlocuzioni con il “resto del mondo” per comuni percorsi nel perseguire il bene comune. Ovviamente il coinvolgimento di appartenenti ad altre confessioni religiose e anche di non credenti sarebbe possibile è auspicabile fin da subito, decidendosi caso per caso le modalità di apertura.

2. Cattedra dei non credenti e Cortile dei Gentili: esperienze da proporre, opportunamente adattate, anche nella nostra realtà sarda.

Un’altra proposta, che s’iscrive nell’esortazione a «interpellare anche chi guarda alla Chiesa dall’esterno, per provare ad ascoltare quel che hanno da dirci e da chiedere» è quella di ripercorrere le orme della «Cattedra dei non credenti», del grande uomo di chiesa cardinale Carlo Maria Martini (12), cogliendone l’essenzialità, anche se in forme attuative diverse dall’esperienza originale. Forse avvicinandosi a quella tuttora viva e di largo seguito del «Cortile dei Gentili», animata dal cardinale Gianfranco Ravasi (13). Ovviamente anche qui in programmi e modalità corrispondenti alle energie che persone di buona volontà vogliono mettere in campo, risorse che non mancano anche dalle nostre parti.

3. L’ascolto nell’esperienza della Caritas (14)

Quantunque presi dalla frenesia di fare cose nuove o proporre iniziative collaudate in altri ambienti che per noi avrebbero il gusto dell’inedito, non possiamo certo dimenticare quanto di buono già si fa dalle nostre parti, magari con la voglia di migliorare. Con questo intento, ripercorriamo in particolare, anche come esemplificazione, le iniziative di “ascolto” della nostra Caritas.

In tale ambito un’iniziativa pastorale di rilievo concerne il rafforzamento del Centro di Ascolto Giovani. Esso offre le seguenti forme concrete di aiuto: sostegno emotivo, ossia tutte quelle attività che permettono di prendersi cura dei ragazzi per le loro fragilità relazionali, sociali e psicologiche e sostegno strumentale, per assistere i giovani nelle operazioni di natura burocratica e per affrontare la condizione di disoccupazione.

In sinergia con il Centro di Ascolto Diocesano, si segnala l’implementazione di un servizio di supporto psicologico gratuito, fondamentale per i giovani, specie nelle situazioni di disagio emotivo ed esistenziale in momenti critici della vita. Il servizio di supporto psicologico mira a promuovere lo sviluppo e la valorizzazione delle risorse personali, facilitare le capacità decisionali dei giovani per sviluppare una migliore consapevolezza del proprio agire nell’affrontare problematiche di carattere personale e/o professionale. In sinergia con gli interventi istituzionali, in gran parte sostenuti dall’Unione Europea, dallo Stato e dalla Regione Sarda, il Centro di Ascolto Giovani svolge un ruolo di informazione e di formazione, in cui gli operatori accolgono i ragazzi, anche aiutandoli negli adempimenti di natura burocratica, per intraprendere la strada della propria vocazione professionale. In tale ambito se un giovane ha un’idea imprenditoriale meritevole di supporto, il Centro di Ascolto Giovani può mettere a disposizione un’ampia rete di professionisti per assisterlo con competenza nella realizzazione del suo progetto, utilizzando le numerose opportunità fornite dai soggetti istituzionali, tra le quali quelle che si iscrivono nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) (15) e nei Fondi strutturali europei di coesione sociale territoriale.

Di tale rete fa parte anche il Progetto Policoro, realtà condivisa tra Caritas, Pastorale Sociale e del Lavoro e Pastorale Giovanile che ha come missione i giovani, il Vangelo ed il lavoro. Il servizio del Centro di Ascolto Giovani è esteso alle persone dai 15 ai 40 anni di età. Un Centro di Ascolto “a tutto tondo”: uno spazio di libertà, in cui i giovani possano sentirsi accolti, ascoltati e compresi nelle loro importanti esigenze per costruire insieme progetti di vita piena e finalizzati alla loro autonomia.

Per tutto ciò, si rimarca la necessità di agire nella prospettiva di percorsi sinodali di ampio respiro capaci di intessere reti, alleanze ed occasioni di corresponsabilità nella consapevolezza che è fondamentale operare insieme nella direzione della giustizia sociale e del bene comune.

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Queste proposte, che ci sembrano collimino con le posizioni di tanti altri partecipanti al dibattito, in certa misura già in attuazione, appaiono ulteriormente migliorabili e percorribili nei cammini sinodali.

Infine una considerazione: la Chiesa propone e pratica concretamente un metodo, quello sinodale ispirato dal Vangelo, che può costituire un decisivo aiuto per rafforzare le democrazie contemporanee che in tutto il mondo stanno attraversando fasi di crisi, in talune realtà fino al pericolo della propria sopravvivenza. Anche su questo versante, nel rispetto dei diversi ambiti, si può camminare insieme con tutti gli uomini e le donne di buona volontà e con le tante e diverse organizzazioni di impegno sociale e culturale che animano le nostre società, verso la Salvezza dell’Umanità e di tutto il Creato.

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Note

(1) Fu particolarmente proficua, 51 anni fa, la VII assemblea della Conferenza episcopale italiana, a Roma il 14 novembre 1970. Decise di istituire una realtà cardine per la Chiesa italiana in questo mezzo secolo: la Caritas Italiana, eretta il 2 luglio 1971 con uno statuto provvisorio: “più che distribuire soldi, deve stimolare ed educare i credenti alla solidarietà” (…) La Caritas, organismo pastorale della Conferenza episcopale per la promozione della carità; ha lo scopo di promuovere – recita l’art.1 dello statuto – «la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica»; è nata dietro sollecitazione di Paolo VI, nello spirito del rinnovamento del Concilio Vaticano II (1962-65). [50 anni di Caritas Italiana. Pier Giuseppe Accornero su La Voce e il Tempo, 30 Giugno 2021: https://vocetempo.it/50-anni-di-caritas-italiana/]

(2) Luigi Bettazzi, “Il vaticano II è ancora da attuare compiutamente”, La Stampa, luglio 2019: https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2012/10/11/news/bettazzi-il-vaticano-ii-e-ancora-da-attuare-compiutamente-1.36368356 – “Non serve un nuovo Concilio, dobbiamo ancora attuare quello passato”, Corriere Cesenate, luglio 2021: https://www.corrierecesenate.it/Dalla-Chiesa/Monsignor-Bettazzi-Non-serve-un-nuovo-Concilio-dobbiamo-ancora-attuare-quello-passato.

(3) Tutta la documentazione sul Sinodo con riferimento alla Chiesa universale, alla Chiesa italiana e specificamente alla Chiesa sarda e alla Diocesi di Cagliari sono riportati nel sito dedicato di quest’ultima: https://www.chiesadicagliari.it/cammino-sinodale/?fbclid=IwAR1GiIeni4UaZaGYSzL4K2gURvNCxrj2OAlFHUuikq9cI5J3eQs7PsYa0f8 .

(4) Il V Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, dal titolo “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, si svolse dal 9 al 13 novembre 2015. All’incontro parteciparono circa 2500 delegati, inviati dalle diocesi e dalle aggregazioni laicali italiane. Al Convegno partecipò anche Papa Francesco nella giornata di mercoledì 10 novembre 2015:  https://www.famigliacristiana.it/articolo/firenze-2015-il-testo-integrale-del-discorso-alla-chiesa-italiana-di-papa-francesco-.aspx

(5) CEI. Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia. Messaggio ai presbiteri, ai diaconi, alle consacrate e consacrati e a tutti gli operatori pastorali. Riferimenti su web: https://www.chiesadicagliari.it/wp-content/uploads/2021/10/CEP_MessaggioOperatoriPastorali.pdf

(6) Tutti i documenti conciliari sono di assoluto riferimento per le considerazioni svolte in questo scritto, ma la più pertinente ci appare la Costituzione pastorale “SULLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO, GAUDIUM ET SPES”. Riferimento su web: https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html

(7) Papa Francesco si muove con grande capacità di coinvolgimento dei responsabili di tutte le religioni, con frequenti iniziative. Solo per fare qualche esempio, ricordiamo in particolare l’intesa con il Patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo (uno degli ispiratori della Laudato sì’) con il Grande Iman al-Tayyib (Documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune” firmato Papa Francesco e dal Grande Imam Ahamad al-Tayyib – Abu Dhabi, 4 febbraio 2019) e l’iniziativa “Popoli fratelli, Terra futura” organizzato a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio il 7 ottobre 2021 (riferimento web: https://preghieraperlapace.santegidio.org/pageID/31393/langID/it/RELATORI–TESTI–BIO.html). In campo laico ci piace rammentare l’intesa con il Segretario delle Nazioni Unite Antònio Guterres nell’apprezzamento e attuazione dell’Agenda Onu 2030 sullo Sviluppo sostenibile. In tale quadro ci piace riscontrare la consonanza delle posizioni mondialiste di Papa Francesco con il movimento “Costituente della Terra”, animato da diversi intellettuali credenti e non credenti, tra i quali Raniero La Valle e Luigi Ferrajoli (riferimenti web: https://www.costituenteterra.it).

(8) Archidiocesi di Cagliari. Lettera del Vicario generale ai parroci (01/10/2021). Riferimenti su web: https://www.chiesadicagliari.it/wp-content/uploads/2021/10/Lettera-del-Vicario-Generale-del-1-ottobre-2021.pdf

(9) Da una lectio magistralis di Walter Tocci rivolta ai volontari della Caritas romana.

“(…) La chiamata civica alla politica. Credetemi, il ceto politico non si sente bene, non ce la fa da solo, ha bisogno del vostro aiuto; si, proprio di voi volontari e cittadini attivi. Lo so che siete già molto impegnati, ma proprio voi più di altri sapete come fare. La malattia dei politici è una drammatica perdita del senso di realtà, un po’ come capita alle persone disorientate che arrivano nei vostri centri di accoglienza. Con lo stesso spirito potete aiutare la politica a ritrovare il proprio ruolo sociale”. Su web: http://www.aladinpensiero.it/?p=103507.

(10) Enzo Bianchi, Un serio ritorno dei cattolici alla politica, Vita Pastorale, gennaio 2020: https://pietrevive.blogspot.com/2020/01/un-serio-ritorno-dei-cattolici-alla.html?fbclid=IwAR2CVEzFoW9wFbh_9W4CRswHKI92jqiXbjRQQ0jzkS9EerWu4nJkSk0fG6w&m=1

(11) Patto per la Sardegna: è la denominazione datasi da un gruppo di cattolici sardi che nel novembre 2020 ha lanciato un appello con il quale rifacendosi a Papa Francesco (“Non ci si salva da soli”) si rimarca l’urgenza di una “buona politica; non quella asservita alle ambizioni individuali o alla prepotenza di fazioni o centri di interessi”. Considerato il successo dell’iniziativa lo stesso gruppo ha diramato una lettera-messaggio nella quale sono presentate alcune proposte per proseguire, non più solo come cattolici, ma come donne e uomini sardi di buona volontà, nel percorso di assunzione di responsabilità e partecipazione attiva alla costruzione di un nuovo futuro per la Sardegna. L’attività del Patto è riportata in diversi blog e i componenti sono costantemente collegati con chat whatsapp e pagine fb dedicate. Riferimenti su web: http://www.aladinpensiero.it/?p=117602 .

(12) Cattedra dei non credenti. “Una proposta insolita. Non solo ascoltare i non credenti o dialogare con loro, ma metterli «in cattedra» (espressione che, usata da un arcivescovo, assumeva un significato molto particolare), per farsi interrogare da loro e dalla dinamica generata dal confronto: questa l’intuizione fondamentale alla base di una proposta che Martini stesso, nella serata inaugurale del 17 novembre 1987, definì «abbastanza insolita» e «un po’ provocatoria». Non si trattava di una classica conferenza dal movimento unilaterale, con un insegnamento da parte di chi era «in cattedra» e un ascolto passivo da parte dei presenti (arcivescovo compreso). Al contrario l’elemento dialogico era cruciale, sia nello svolgimento di ogni incontro (in cui Martini introduceva e interagiva) sia, a livello più profondo, nella dinamica interiore messa in moto nei partecipanti. Si trattava, come spiegò Martini stesso all’inizio del percorso, di «un’esercitazione dello spirito, quasi seminario di una ricerca su di sé, sulle ragioni del credere o del non credere, cioè sulle ragioni di quelle cose che per tanti di noi sono decisive, riguardano l’orientamento globale della vita»”. Riferimenti su web: https://fondazionecarlomariamartini.it/project/la-cattedra-dei-non-credenti/

(13) Il «Cortile dei Gentili» è una struttura del Pontificio Consiglio della Cultura costituita per favorire l’incontro e il dialogo tra credenti e non credenti. Ecco come è descritta nel sito web dedicato: “Un luogo d’incontro e confronto sui grandi temi e le sfide che interessano la società moderna. Un duetto – e non un duello – continuo tra voci e personalità di spicco delle culture laiche e cattoliche. Un network di persone che, in uno spirito di apertura e accoglienza dell’altro, lavorano per superare la diffidenza tra due mondi apparentemente inconciliabili”. Il «Cortile dei Gentili» dal 2011 si è affermato come “spazio aperto al pluralismo delle idee, per promuovere e stimolare il dialogo costruttivo tra credenti e non credenti; con questo obiettivo, dunque, il «Cortile» affronta e approfondisce ogni anno grandi tematiche (e problematiche) di attualità – come l’etica, la legalità, la scienza, la fede, l’arte e le nuove tecnologie – attraverso eventi, incontri, dibattiti, ricerche e occasioni di condivisione”. Ad ispirare il Pontificio Consiglio della Cultura e il suo Presidente, il Cardinale Gianfranco Ravasi, a creare questo spazio di incontro e dialogo, sono state le parole di Papa Benedetto XVI, il 21 dicembre 2009: “Io penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di «cortile dei gentili» dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto”. L’importanza del «Cortile dei Gentili» è stata poi ribadita anche da Papa Francesco, nella sua Evangelii Gaudium: “Come credenti ci sentiamo vicini anche a quanti, non riconoscendosi parte di alcuna tradizione religiosa, cercano sinceramente la verità, la bontà e la bellezza, che per noi trovano la loro massima espressione e la loro fonte in Dio. Li sentiamo come preziosi alleati nell’impegno per la difesa della dignità umana, nella costruzione di una convivenza pacifica tra i popoli e nella custodia del creato. Uno spazio peculiare è quello dei cosiddetti nuovi Areopaghi, come il «Cortile dei Gentili”, dove credenti e non credenti possono dialogare sui temi fondamentali dell’etica, dell’arte, e della scienza, e sulla ricerca della trascendenza. Anche questa è una via di pace per il nostro mondo ferito” (EG, 257). Riferimenti su web: https://www.cortiledeigentili.com

(14) Per la stesura della parte sui Centri di ascolto Caritas ci siamo avvalsi della collaborazione di Andrea Marcello, utilizzando in particolare il suo saggio “Iniziative di carattere pastorale promosse dalla Caritas diocesana di Cagliari, Centro Studi, 2021″.

(15) Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Approfondimenti: https://italiadomani.gov.it/it/home.html.

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Fonte: Aladinpensiero online, Giornalia, Un Sinodo per camminare insieme,
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Franco Meloni

19 Dic 2021

Nota 6, link di contatto: https://www.famigliacristiana.it/articolo/firenze-2015-il-testo-integrale-del-discorso-alla-chiesa-italiana-di-papa-francesco-.aspx


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Franco Meloni

19 Dic 2021

Nota 8, link di contatto: https://www.chiesadicagliari.it/wp-content/uploads/2021/10/Lettera-del-Vicario-Generale-del-1-ottobre-2021.pdf


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Franco Meloni

19 Dic 2021

Nota 7, link di contatto Costituente Terra: https://www.chiesadicagliari.it/wp-content/uploads/2021/10/Lettera-del-Vicario-Generale-del-1-ottobre-2021.pdf


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Franco Meloni

19 Dic 2021

Nota 7 link di contatto Costituente Terra: https://www.costituenteterra.it/


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Franco Meloni

22 Dic 2021

Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=127582


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