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Gianfranco Murtas

Della Libera Muratoria sarda nella testimonianza di chi ci crede. Romano Anchisi e i suoi Fratelli caduti nella grande guerra

di Gianfranco Murtas

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L’Unione Sarda di oggi, nella pagina sempre santa, ché raccoglie gli annunci di morte di amici e sconosciuti ma tutti presenti e accolti nel sentimento, un colonnino ricorda per la seconda volta, fra gli eroi della grande guerra , il cagliaritano Romano Anchisi ed un altro avverte della scomparsa – involato all’Oriente Eterno – di Pino Lo Pinzino, medico naturalizzatosi nostro sardo, per lungo tempo direttore sanitario dell’INRCA (e già dirigente AOU di Cagliari), in forza da quarant’anni alla loggia intitolata ad Alberto Silicani protagonista di tante scene della vita obbedienziale della circoscrizione isolana. L’ho conosciuto e stimato anch’io.

La compresenza delle notizie relative ad Anchisi (“Romano Anchisi nacque il 24 aprile 1868 a Cagliari e morì il 25 ottobre 1917: il sacrificio per salvare i compagni”) e a Lo Pinzino costituisce, evidentemente, una pura coincidenza nella impaginazione, ma mi offre lo spunto per ricordare brevemente – e con riserva di poterne riferire con molti particolari in altra circostanza – quanto i massoni cagliaritani e sardi in generale hanno donato alla causa nazionale – patriottica e democratica – della grande guerra vissuta dal fronte liberale come compimento del risorgimento per l’accoglienza che fu allora possibile, nei confini della patria, degli italiani irredenti.

Gli speciali che L’Unione Sarda ha pubblicato sui caduti sardi nella guerra 1915-18 ed i colonnini di supporto biografico nelle quotidiane pagine dei necrologi hanno finora già riportato i nomi di diversi massoni sardi, alcuni dei quali – i cagliaritani – sono anche elencati nelle bande marmoree che dirimpettano nella cappella della Madonna della Vittoria presso la Basilica di Bonaria, a pochi metri dalla Madonna del Combattente di Francesco Ciusa e, fino agli sconquassi delle bombe del 1943, sotto le tele religiose di Antonio Ghisu, il pittore che fu anche fra i promotori del… monumento a Giordano Bruno nel 1913.




La Fratellanza fu dolorosamente colpita. Romanelli, Della Cà, Sola, Morganti… ma anche Corda, anche Bolasco, anche Camboni, anche Anchisi… Anche Alfredo Cucinotta, portotorrese classe 1883, che era stato iniziato nel 1911 nella ferrarese loggia Felice Foresti: ufficiale medico, in capo al Corpo Truppe Coloniali del distretto militare di Sassari, morto nel settembre 1917 in Libia… Alcune decine furono poi i feriti, i mutilati e i protagonisti di scene di speciale coraggio infine premiati, con decorazioni varie, dai comandi militari.

Ricordo qui adesso soltanto i caduti e parto proprio da Anchisi, con nel cuore il sentimento di quella certa Libera Muratoria patriottica e democratica “che ci credeva” ed accoglieva a Cagliari – proprio all’indomani della fine del conflitto, era giusto cento anni fa di questi giorni! – il gran maestro Domizio Torrigiani, di lì a breve tempo destinato al confino fascista (con Lussu, a Lipari) … Celebrava Bovio, Domizio Torrigiani, celebrava quella colonna della memoria civile cagliaritana e sarda e, con lui, celebrava insieme Carducci e Garibaldi anch’essi effigiati in plastici presenti nei Passi Perduti e nella Segreteria di via Barcellona: Cagliari viveva pienamente la vita italiana, soffriva delle stesse pene dell’Italia che in quei giorni sperava, con il nuovo turno elettorale (lo stesso che avrebbe visto la prima elezione in parlamento di Emilio Lussu), di cominciare a vivere una stagione nuova di pace e progresso, ciò che non sarebbe stato purtroppo per l’incombenza del volgare assedio fascista.  

Romano Anchisi, cagliaritano classe 1868, era stato iniziato nel 1905 nel Tempio della siracusana loggia Archimede: tenente colonnello in SPE del 272° fanteria, cadde nell’ottobre 1917 sul Tagliamento (così seguendo suo fratello Emilio, pari grado nel 125°, caduto nel giugno 1915 sul medio Isonzo): medaglia d’argento e di bronzo al valore militare… «Si narra che sul monte di Ragona – scrive ogni L’Unione Sarda – la brigata di fanteria Bologna si sacrificò per consentire il ripiegamento delle due armate italiane. In questo contesto c’era anche lui»… Ebbe le sue decorazioni «per aver logorato con grande slancio gli avversari sul Tagliamento bloccandone l’avanzata. Consentì una riorganizzazione della retroguardia e delle truppe sul Piave. Un uomo di impavido coraggio che ha dato la sua vita per gli altri».

Pier Giovanni Camboni, sassarese classe 1880, funzionario al ministero del Tesoro a Roma, era stato iniziato nel 1907 nella Gian Domenico Romagnosi all’Or. capitolino (come lui mazziniani in politica e bruniani nello spirito civile, diversi dei suoi familiari erano anch’essi coinvolti in attività di loggia a Sassari e a Cagliari): capitano di complemento nel 152° fanteria, cadde nel giugno 1916 sull’altopiano di Asiago: medaglia d’argento al valore militare…  

Antonio Bolasco, algherese classe 1882, era stato iniziato nel 1911 fra le Colonne della Vincenzo Sulis ad Alghero stesso: maggiore in SPE del 249° fanteria, cadde nell’agosto 1917 sul Carso: medaglia d’argento al valore militare… 

Manlio Corda, calangianese classe 1889, ancora studente quando fu iniziato nel 1913 presso la fiorentina Concordia: sottotenente medico di complemento direzione sanità al IX corpo d’armata, cadde nel luglio 1915 sul medio Isonzo (medaglia di bonzo al valore militare)…

In quello stesso 1915, il 1° agosto, era stata la volta, sul monte San Michele, di Giovanni Romanelli, capitano in servizio attivo nel 152° reggimento fanteria (nella Brigata Sassari): medaglia d’argento al valore militare. Originario di Firenze, era avvocato presso il Tribunale militare di Cagliari e in città aveva fatto famiglia. Collaborava intensamente con l’Unione Sarda con lo pseudonimo di Gian della Bella sostenendo la causa interventista ed era l’Oratore della Sigismondo Arquer. I suoi commilitoni lo ricordarono per giorni sulle pagine del giornale e un opuscolo sarebbe stato pubblicato con i testi dei discorsi di commemorazione anche nel Tempio di via Barcellona.




Neppure tre mesi dopo, il 25 ottobre sul monte Col di Lana, lo seguì Ottavio Della Cà, sottotenente di complemento 45° reggimento fanteria, giovane Venerabile della loggia Karales (la stessa di Armando Businco, anch’egli in guerra). La Rivista della Massoneria italiana lo ricordò allora fra i protagonisti dei nuovi rigogli giustinianei della Sardegna.

Il 2 giugno e il 2 ottobre 1917 caddero Arnulfo Sola, di Vigliano Biellese e residenza e famiglia cagliaritana (era assicuratore e titolare di un forno elettrico in viale San Bartolomeo) e Giuseppe Morganti, rispettivamente tenente M.T. in forza alla 575.a compagnia mitraglieri Fiat (medaglia d’argento al valore militare) e sottotenente di complemento al 212° reggimento fanteria: l’uno in un ambulatorio chirurgico d’armata n. 5, l’altro nell’ospedaletto da campo n. 91… Entrambi in forza alla loggia Sigismondo Arquer, rispettivamente dal 1908 e dal 1913.




33 anni Romanelli, 28 anni Della Cà, 32 Sola, 30 Morganti, 26 soltanto Corda, 35 Camboni e Bolasco… giovani uomini delle logge giustinianee, diversi di loro lasciarono orfani oltre che vedove.

Con loro almeno trenta furono i Fratelli variamente feriti, mutilati e decorati (a partire da Luigi Caput e Mario Frau...), anch’essi per lo più giovani venti-trentenni. Insieme con i riconoscimenti civili, commosse cerimonie si svolsero nella compostezza dei Templi rituali per riaccogliere chi tornava dal fronte e per piangere chi mancava alla nuova chiamata; forse la loro memoria si era perduta nel tempo, si è perduta nei tempi che sempre più paiono voler prescindere dal valore delle testimonianze (com’è accaduto a Cagliari di recente, quando addirittura un dignitario di loggia impazzito ha, gratuitamente, involgarito insieme la memoria onorevole di Giovanni Bovio e il prestigio del presidente Sergio Mattarella, la missione dell’architetto Hiram e la decenza, la decenza, la decenza, e tutti i suoi superiori e pari sono stati solidali attorno a lui, svergognati e, al meglio, nicodemici, rimuovendo la statura pedagogica di Anchisi e Romanelli, Della Cà e Bolasco, Camboni e Morganti, Corda e Sola, Caput e Frau e altri ancora, ignorando che la Massoneria è scuola di tradizione ed il Grande Oriente d’Italia patrimonio morale della nazione che non può assolutamente svendersi in cambio di nessun cartone della vanagloria). 


     



Fonte: Gianfranco Murtas
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