PER UNA RIPRESA. VISIONE E INIZIO
Il 7 luglio riprenderanno gli incontri della scuola di politica "Mons. Tonino Bello". Di Angelo Pittau
La situazione dell'Italia e, in particolare della Sardegna, in questa fine del Covid 19 (questa è la speranza anche se si parla del rischio di una seconda ondata) mi spinge a riprendere la riflessione iniziata con il progetto della Scuola Politica “Mons. Tonino Bello” che avevamo inaugurato all'inizio dell'anno 2020, ma che la pandemia ha bloccato. E' vero che la situazione dell'Italia e della Sardegna era già drammatica nel 2019. Ma oggi siamo al capolinea. O troviamo una via d'uscita subito o sarà precipitare nella recessione più nera, nella miseria per tanti, nella povertà per i più, nella non speranza per la società. Credo che ricorrere alla pioggia di miliardi facili ad avere e difficili a restituire sia totalmente inutile, sia solo un alibi per farsi votare, per nascondere la povertà di idee, di progettazione, di visione.
E' stato detto che siamo di fronte ad un Italia fragile sofferente, sfinita. È con sofferenza che vedo questa maggioranza che regge Conte farsi la guerra sotterranea (non tanto, la si vede anche troppo). Un governo di grandi annunci di pioggia di miliardi, di elemosine per garantirsi il consenso e i voti di domani, non certo per creare una vera ripresa. Mi intristisco nel vedere la scuola chiusa, la scuola dell'infanzia, dell'obbligo, i licei, le università stesse. E si discute come ingabbiare gli studenti! Manca la visione a chi ci governa, ai politici, alla classe dirigente. Senza visione non c'è impresa, rinascita direi, non c'è rinascimento, non c'è Italia.
In questo clima continuano le mafie, i giochi della burocrazia; parlando di semplificazione, emerge sempre più la lentezza della macchina giudiziaria, emergono le correnti e, con le correnti, l'ingiustizia, l'impunità, l'arroganza, la corruzione. Certo che non tutti sono così, ma questo emerge. La gente affoga nel vittimismo, ma non combatte, è rassegnata. Domina nella classe dirigente la mediocrità, la rassegnazione; l'unica iniziativa è crearsi impunità e privilegi. Credo che in un clima simile non si tratta di ripartire studiando la dottrina sociale della chiesa (ricordo commosso don Dossetti che raccontava come si radunava magari nella torre di un campanile a studiare e discutere sulla dottrina sociale della Chiesa con un gruppo di amici di Bologna durante la guerra, nel periodo fascista. La dottrina sociale della chiesa certamente non si tocca, ha la sua sacralità, le sue evidenze, il suo percorso decisamente positivo. Ma sono gli uomini di chiesa e no, dei partiti e dei sindacati in quest'ultimo cinquantennio (alcuni certamente sono un'eccezione e non penso solo a Moro) ad aver svuotato il carisma di questi documenti, dei questi uomini come papa Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II. Tanti hanno tradito il pensiero ecclesiale. La riflessione di Papa Francesco, che pure cita questi documenti, si fa libera, si proietta su strade nuove, su nuovi orizzonti, su un bene comune fatto di giustizia per gli ultimi della terra, per gli emarginati, per le minoranze, per gli scartati. Questo Papa non parla di categorie, di principi, di asserzioni, ma del grido, delle lacrime, dei lamenti, del pianto degli ultimi della terra, degli uomini e delle donne oppressi, delle infanzie violate.
Papa Francesco sempre più appare come il Papa della rottura. Per questo ha molti nemici dichiarati e molti falsi amici. Vuole la sua chiesa non solo amica dei poveri, ma povera, che viva il vangelo, una chiesa fatta di popolo vivo, mistico, evangelico.
Così l'impegno sociale, politico di questo Papa certamente è estraneo al marxismo (lo riconoscono tutti), ma è critico sul capitalismo globale che oggi domina il mondo. Papa Francesco è solidale con gli ultimi della terra. Ha un confronto personale con il vangelo e a questo esorta. Non è legato ai riti della diplomazia: come riceve Conte riceve la Raggi, si inginocchia davanti ai capi musulmani, vola a Gerusalemme, ma anche in Arabia. È stato detto: questo Papa è un mistico del povero evangelico.
Papa Francesco nel messaggio per la giornata mondiale della Pace del 1° gennaio 2019 ha ricordato che la politica è la più alta forma di carità. Se riflettiamo sul percorso tracciato da Papa Francesco, percorso di evangelizzatore, in questo momento dell'Italia, della Sardegna, dobbiamo riconoscere che per incidere per il bene comune dell'Italia è necessario per noi tutti (anche per i politici) un cammino di conversione. Un cammino di conversione nel ritorno al bene comune al di là delle formule, dei partiti, degli interessi, del particolare, un ritorno all'uomo che soffre, che è emarginato, privo di dignità, che patisce ingiustizia, che è privo di risorse personali e di comunità, che non ha futuro. Questo vuol dire avere un a visione: che non è accumulo di ricchezza, di risorse personali, familiari, non è accaparrarsi privilegi, costruire muri. Occorre un cambiamento rapido, radicale, un cambiamento di mentalità. Ieri si diceva una rivoluzione culturale, lo si può dire e lo si deve dire anche oggi: una rivoluzione che sia creativa.
L'ultima volta che sono stato ad Hanoi ho visitato il tempio eretto a Confucio, il tempio della conoscenza. È necessario mettere come base la conoscenza, la scienza e la ricerca; conoscenza, ricerca competenza. Noi abbiamo scardinato tutto dando a tutti la promozione, il sei politico, l'uno uguale all'ultimo. Così i nostri migliori giovani se ne sono andati all'estero, dove hanno avuto successo. Le prime risorse da impiegare sono sulla scuola, sulle università, sulla conoscenza. Da qui si deve partire per l'economia, per lo sviluppo, per la ripresa.
Se vogliamo una buona classe dirigente questa deve essere nutrita di passione per la conoscenza, per le nuove tecnologie, per lo sviluppo creativo, per le soluzioni inedite. Quando parlo di visione è che dobbiamo pensare in grande, questa è la chiave del futuro.
Il pensare in grande, l'avere una visione ci permetterà di trovare soluzioni per mille e mille problemi che inchiodano oggi l'Italia alla recessione. Se c'è una visione i mille e mille problemi troveranno soluzioni certe anche con quello che abbiamo dimenticato: il sacrificio del lavoro.
Se troverò spazio scriverò ancora proprio su quella che è la “missione per l'Italia” e per la Sardegna in particolare.
Devi accedere per poter commentare.