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Redazione Giornalia

Punte di colore, la mostra pittorica di Michele Cara

Lo scorso venerdì 25 ottobre, Rita Grauso ha presentato, nei locali dell’albergo Italia a Cagliari, la mostra di pittura di Michele Cara all’indovinata insegna di “Punte di colore”.

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Ecco di seguito la scheda di presentazione elaborata dalla curatrice dell’esposizione.

di Rita Grauso


Sapientemente costruite in studio, le composizioni di Michele Cara sono il risultato di lunghe scansioni di prova e corrispondono ad un preciso disegno mentale. 

Lo stile pittorico rimanda, pur nella sua piena originalità, all’arte di Mirò. Colpisce così il protagonismo dei colori accesi, quel loro emergere dalla materia acquosa che fluttua sulla tela per miracolo d’abilità dei celebrati pennarelli pantone… All’attento osservatore sembra di incontrare, risvegliate dal tempo, alcune delle più intime sensazioni infantili.

L’insistita rappresentazione delle matite fa riaffiorare l’effetto generale ed innocente di un dipingere secondo le modalità della vitale e incontenibile allegria delle prime età, della prima scuola...

Ingegnere nel campo bello dell’architettura e versatile sperimentatore, l’Artista esprime la sua creatività attraverso forme legate a “giochi” ottici o matematici. Trasferisce in essi le proprie emozioni e provoca così, deliberatamente, quelle altrui. E non solo le emozioni: anche le suggestioni mentali che si muovono sempre radicate in una irrinunciabile razionalità.

Certo è che se, nel “gioco”, la sua arte combina in sé tutte le fantasiose motivazioni e la rigorosa disciplina della tecnica, chi le sue opere ha la ventura di conoscere è come naturalmente sospinto, egli pure, a “giocare”, impegnato a scovare, nella sfera più intima del Pittore, appunto i perché e i come. I suoi segreti insomma, i segreti del suo mondo e del suo mestiere.  

Il tutto, nei quadri di Michele Cara, appare collegato da un preciso ordine costruttivo, pur se all’osservatore sia dato di percepire, nell’immediato, soltanto una linea aniconica interamente bisognosa di un… attraversamento interpretativo. Vi si colgono soggetti modellati con una palpabile, insistita e gustosa tensione armonica, così per le forme come per i colori. Vince, e affascina, il gesto sicuro dei pennarelli pantone e, con esso, vince l’eleganza virtuosa che è, pure essa, comunicazione. 

L’Artista utilizza il suo strumento con la stessa velocità di un pennello, trasformando la pittura in materia. E rivela d’istantaneo un livello tecnico che è alto, una espressività che va “oltre” ogni tradizione canonica o codificata, tutta l’intriganza del suo linguaggio sperimentale.

Egli dipinge e modella volteggiando, con un’abilità impressionante, tra la tecnica figurativa, quella onirica e quella intellettuale. 

I suoi soggetti assumono forme-strutture non del tutto orizzontali o verticali, ma piuttosto definite da linee rette o curve ellittiche, cromaticamente esplodenti, dove la virtualità optical, generatrice di luce-colore, righe, solchi e forme, suggerisce una visione metafisica. E’ qui la provocazione imposta al pensiero: quella di saper andare, foss’anche soltanto per tentativi, “oltre” il reale.

Se il suo lavoro si concentra prevalentemente sul segno, al colore egli affida la non minore missione di preludere al cambiamento, anzi ai cambiamenti: nel continuo susseguirsi di possibilità strutturali, il “gioco” si ricarica infatti di inarrestabile animazione. 

Su direbbe anche che le figure si intreccino fra di loro, ed in questo loro far relazione concedano, con un “gioco” all’incontrario, di riportare l’“oltre” nel mondo presente, tangibile e comune. Presepi natalizi e geografie italiche, oceani e spiagge ombrellonate, foreste e strade, ponti e macchine, fabbriche inquinanti e pesci ferragostani, ammaestramenti di vecchi e chiacchiere di pianerottolo… 

Grovigli, combinazioni di forme e di linee si racchiudono in un contesto iconografico. Ed il segno diventa protagonista delle sue forme architettoniche: ne è lampante esempio “La grande mela”. 

L’Artista esprime l’inquietudine esistenziale “quando” abbandona il colore e “dove” i suoi mitici pennarelli pantone mirano a raccontare volti “cercatori”: quelli di chi ricerca l’utopia di una luce che, sola, potrebbe risolvere il dramma dell’anonimato in incongruenti megalopoli, rintracciando ed appagando l’urgenza identitaria del proprio “sé”. 

I volti descritti rimandano ad un mondo fortemente globalizzato e sempre più caotico: ne è esempio lo sviluppo del tema “I disoccupati”. L’Autore mette in evidenza qui le dinamiche complesse e forse conflittuali delle impostazioni di un gruppo sociale aggregato in una connessione di provenienze da fonti le più diverse.

All’interno della circolarità di un disco sembra di percepire le note musicali dove i colori si mescolano tra loro raccontandoci presenze e contributi: sono le matite appuntite di “Le emozioni della musica”.

Eseguito con pennarelli su tela, “Trio live” vuol rappresentare l’autonoma soggettività e, insieme, il dialogo necessario fra strumenti musicali che, riuniti in mix fra fantasia e forme, materializzano un’orchestra nel cui “oltre” è possibile immaginare, in maniera quasi imprevedibile, il Direttore che, bacchetta in mano, concerta le differenti note e dona l’armonia allo spazio e all’ascolto ricevente. Ecco un’altra opera che ricorda le “giocose” forme di Mirò…

Fonte: Rita Grauso
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