Regionali 2019, Sardegna al voto tra il 20 gennaio e il 24 febbraio
Le Regionali sarde del 2019 potranno tenersi in una data compresa tra il 20 gennaio e il 24 febbraio.
Le Regionali sarde del 2019 potranno tenersi in una data compresa tra il 20 gennaio e il 24 febbraio. È questa la forbice elettorale del voto isolano che si ricava dalla legge 108 del ’68, quella che fissa il quadro normativo della chiamata alle urne nelle regioni, siano esse a statuto ordinario che speciale.
All’articolo 3 è infatti scritto che le elezioni “potranno aver luogo a decorrere dalla quarta domenica precedente il compimento del periodo di cui al primo comma”, cioè i cinque anni. E considerando che nel 2014 la Sardegna ha votato il 16 febbraio, la quarta domenica precedente cade appunto il 20 gennaio. Data che diventa il primo giorno utile per l’eventuale apertura delle urne, la quale non può essere protratta per più di due domeniche rispetto alla scadenza del quinquennio.
In questi ultimi mesi più volte da ambienti politici filtrava il fatto diceva che nel 2019 la chiamata alle urne potesse slittare sino ad aprile. Invece non esiste questa possibilità, perché il conteggio del quinquennio non scatta con la proclamazione degli eletti, ma “decorre dalla data delle elezione”, è scritto ancora nell’articolo 3. Vero che Francesco Pigliaru, eletto nel 2014, aveva giurato il 20 marzo di quell’anno, quindi oltre un mese dopo il voto e ciò successe per via di ritardi nel riconteggio delle schede e nella conseguente proclamazione degli eletti. Ma le lungaggini amministrativo-burocratiche non sono contemplate nella legge nazionale.
Le elezioni saranno come sempre indette con decreto del commissario del Governo, “emanato di intesa con i presidenti delle Corti d’appello, nelle cui circoscrizioni sono compresi i Comuni della regione”, prevede ancora l’articolo 3. La campagna elettorale comincia quarantacinque giorni prima del voto e coincide con lo scioglimento del Consiglio regionale in carica che può riunirsi solo in casi urgenti.
E se la legge 108 è la cornice legislativa per l’indizione delle elezioni, il resto delle norme è contenuto nella legge statutaria sarda, la numero 1 del 12 novembre 2013, con la quale sono state modificate le regole del voto nell’Isola. Il provvedimento arrivò a distanza di pochi mesi dalla riduzione dell’Assemblea regionale da 80 a 60 consiglieri, come contenuto nella legge costituzionale 3 approvata dal Parlamento il 7 febbraio 2013 (la propose l’allora senatore del Pd, Francesco Sanna). Il dettato normativo sulle elezioni prevede, tra le altre cose, le soglie di sbarramento: al 10 per cento per le coalizioni e al 5 per cento per le liste singole. Ancora: entrano in Consiglio solo due candidati a governatore: quello che vince le elezioni e il secondo più votato.
La legge statutaria 1 è stato ritoccata il 21 novembre 2017 con l’introduzione della doppia preferenza di genere e l’obbligo della liste partitarie. Doppia preferenza significa che ciascun elettore può esprimere due voti, scegliendo all’interno di una stessa lista un uomo e una donna. Si tratta comunque di una facoltà e non di un vincolo. È invece perentoria l’imposizione per i partiti di candidare un numero uguale di maschi e di femmine, pena la non ammissione della lista stessa sulla cui regolarità vigila l’Ufficio elettorale regionale della Corte d’appello di Cagliari.
La Sardegna, infine, è divisa in circoscrizioni elettorali, pari a otto e che coincidono con le vecchie provincia. Da quella di Cagliari, la più numerosa demograficamente, saranno eletti 20 consiglieri; da quella di Sassari ne verranno scelti 12; dai collegi di Nuoro, Oristano e Gallura arriveranno nella massima assemblea 6 rappresentanti; quattro dal Sulcis, tre dal Medio Campidano e due dall’Ogliastra. Gli eletti corrispondono al numero dei candidati nelle rispettive liste, tranne nel caso del Medio Campidano dove correranno in quattro per tre posti. E questo per evitare che la doppia preferenza di genere potesse avvantaggiare l’unica donna che diversamente sarebbe in corsa. Sommando gli eletti in ciascuna delle otto circoscrizioni la quota è 59. Il 60° componente del Consiglio regionale è il governatore.
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