RIFORMA TAGLIO DEI PARLAMENTARI. SEGNALE DI CAMBIAMENTO O COS’ALTRO?
"La Costituzione va presa sul serio, non può diventare uno strumento di propaganda politica"
Di Antonella Soddu
La riforma del taglio dei parlamentari voluta dai cinque stelle. Si tratta di un disegno di legge costituzionale finalizzato a ridurre il numero dei parlamentari appunto; i Deputati passerebbero dagli attuali 630 a 400, i Senatori passerebbero dagli attuali 315 a 200. La riduzione sarebbe di 345 unità. Trattandosi di una legge di riforma costituzionale occorre la doppia lettura sia alla Camera sia al Senato. Fin oggi manca il quarto e ultimo passaggio alla Camera. Passaggio appunto, per cui i 5S hanno chiesto di calendarizzare i lavori per procedere alla definitiva approvazione poi, dicono - “si torni al voto”.
Si può tornare subito al voto? Ai sensi dell’articolo 4 della legge di riforma costituzionale - “le nuove regole si applicano a decorrere dalla data del primo scioglimento o dalla prima cessazione delle Camere successiva all’entrata in vigore della legge e comunque non prima che siano decorsi 60 giorni dalla predetta data di entrata in vigore”.
Rispondendo alle domande dei cronisti - subito dopo esser uscito dall’aula del Senato a intervento concluso e senza fermarsi a votare - Salvini ha fatto riferimento proprio a questo articolo della legge insistendo sul ritorno alle urne per dar la parola agli italiani. Ovviamente le cose non stanno esattamente come le ha dipinte il Ministro dell’Interno – e per dirla tutta anche alcuni noti esponenti dei cinque stelle tra i quali il Ministro Bonafede.
Ci sarebbe, infatti, da valutare la questione Referendum poiché una volta pubblicata la legge in G.u., scattano in automatico i “tre mesi” che la Costituzione (articolo 138) prevede ed entro i quali i cittadini, (500 mila) consigli regionali, (almeno cinque) deputati o senatori (un quinto) possono chiederlo per confermare o no la riforma. La consultazione referendaria è possibile solo se il ddl è stato approvato da una maggioranza inferiore ai due terzi. ( il nostro caso ) A questo punto la questione si complica; ad ottobre risulterebbe ancora aperto il termine per chiedere il referendum, si potrebbe andare a votare ma il taglio dei Parlamentari non potrebbe esser applicato determinando quindi l’elezione di 345 senatori e 630 deputati. Qualora invece nessuno avanzasse richiesta di referendum, si potrebbe votare non prima del febbraio 2020 giacché scaduti i tre mesi per chiedere il referendum, devono trascorrere 10 giorni per la promulgazione della legge e altri 60 giorni per consentire la ridefinizione dei collegi. Tempi che si allungherebbero moltissimo se invece, si procedesse con il referendum perché, dal momento dell’ultimo voto alla Camera devono necessariamente trascorrere 7 mesi e 10 giorni e ulteriori 10 per la promulgazione e ulteriori 60 per la ridefinizione dei collegi quindi il voto slitterebbe a giugno 2020.
In un’intervista rilasciata al quotidiano “La Repubblica” dal Costituzionalista Gaetano Azzariti - “La Costituzione va presa sul serio, non può diventare uno strumento di tattica politica né può essere strumentalizzata per fini d’interesse di partito”.
Partendo da questo presupposto, la questione della “riduzione del numero dei parlamentari” che sembra essere al momento l’elemento che più caratterizza la crisi politica in atto, da sempre cavallo di battaglia dei cinque stelle ma, che con altri connotati lo è stata anche del Governo Renzi. E’ nota a tutti infatti, la revisione del titolo V della Costituzione - la Renzi/Boschi - bocciata dagli italiani con il referendum del 4 dicembre, è necessario considerare due valutazioni; la prima riguarda quella del risparmio che comporterebbe; circa 50 milioni di euro l’anno. La seconda considerando questa una battaglia di retroguardia e alquanto demagogica se si considera che il problema non è il numero dei parlamentari ma la qualità di questi. Tradotto il problema da risolvere non è il numero ridotto o meno dei parlamentari ma, oggettivamente è la “selezione della classe politica”.
Ci sono poi, coloro che interpretano questa riforma come un “segnale di cambiamento” ma, se la mettiamo in questi termini, sicuramente i segnali di cambiamento per questo Paese dovrebbero esser ben altri!
Vediamo di seguito un riassunto:
Attualmente il nostro Parlamento è composto da:
- 630 Deputati
- 315 Senatori
Con la riforma degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione avremmo:
- 400 Deputati
- 200 Senatori
- 345 unità
- Risparmio annuo circa 50 milioni di euro.
Trattandosi di una Riforma Costituzionale occorre:
- la doppia lettura sia alla Camera sia al Senato ( ad oggi manca il quarto e ultimo passaggio alla Camera )
n.b. l'articolo 4 della riforma stabilisce che "le nuove regole si applicano a decorrere dalla data del primo scioglimento e della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della presente legge". In ogni caso non prima che siano decorsi 60 giorni dalla predetta entrata in vigore.
Questione Referendum.
Una volta entrata in vigore la legge in Gazzetta Ufficiale in automatico scattano i tre mesi previsti dalla Costituzione entro i quali:
- 500 mila cittadini
- 5 consigli regionali
- un quinto di Deputati o Senatori
Possono chiedere Referendum per confermare o no la riforma. Il Referendum è possibile solo se il DDL è stato approvato da una maggioranza inferiore ai due terzi ( il nostro caso )
Il voto subito. Si può tornare a votare a Ottobre?
Il voto ad ottobre sarebbe poco probabile in quanto ancora aperta la finestra dei termini per richiedere il Referendum. Si potrebbe andare al voto ma il taglio dei Parlamentari non potrebbe esser applicato e paradossalmente avremmo ancora una Camera con 630 Deputati e un Senato con 315 Senatori.
L' ipotesi di tornare alle urne e poter eleggere deputati e senatori operando il taglio si verificherebbe solo nel caso siano decorsi i termini per richiedere il Referendum. Quindi la prima finestra utile per il voto sarebbe quella di Febbraio 2020.
Vediamo perché;
- dovrebbero trascorrere 10 giorni per la promulgazione della legge
- ulteriori 60 giorni per la ridefinizione dei collegi
Qualora invece, si procedesse con il Referendum i tempi per tornare al voto si allungherebbero ulteriormente. Vediamo:
- dal momento del voto alla Camera devono trascorrere 7 mesi e 10 giorni
- ulteriori 10 per la promulgazione
- ulteriori 60 per la ridefinizione dei collegi
Si potrebbe andare a votare non prima di Giugno 2020.
La nostra Costituzione - articolo 138 - prevede che: " una riforma costituzionale dopo esser stata approvata con la sola maggioranza assoluta, non entra subito in vigore ma viene solo pubblicata per conoscenza e nell'arco di tempo quantificato in tre mesi è possibile richiedere Referendum". Andando a votare si verrebbe a creare da un lato un "vulnus alla Costituzione" e/o anche qualcosa di peggio in quanto da un lato verrebbe eletto "un Parlamento delegittimato in partenza" dalla revisione Costituzionale stessa, dall'altro andrebbe compromessa la regolarità dell'iter stesso della revisione costituzionale.
Insomma, la proposta di Salvini è incociliabile con il ritorno alle urne. Sciogliere le Camere andrebbe a ledere il diritto al Referendum e per dirla tutta a quanti replicano - "Ma nel 2001 la riforma del Titolo V della Costituzione - per intenderci, quella per le autonomie regionali nota come Devolution - passò a pochi giorni dal voto" facciamo notare che in quel caso si trattò di cambiamento dell'assetto dei rapporti tra Stato e Regioni non della composizione dei due rami del Parlamento.
Fonte: articolo 138 Costituzione, articoli 56, 57, 59 Costituzione, Professor Gaetano Azzariti
Autore:
Antonella Soddu
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