S. Pietro di Sorres. Intervista al nuovo Abate Luigi Tiana
Il 4 settembre 2019, dom Luigi Tiana, è stato eletto Abate del monastero di S. Pietro di Sorres in Sardegna...
Lutto nel Monastero di S. Pietro di Sorres a Borutta (SS) per la scomparsa improvvisa dell'Abate P. Antonio Musi avvenuta l'11 agosto 2019.
Il 4 settembre la Chiesa Sarda esulta per l'elezione del nuovo Abate del Monastero di S. Pietro di Sorres, il cabrarese P. Luigi Tiana.
Di seguito si riporta l'articolo-intervista de L'Arborense pubblicato mercoledì, 11 Settembre 2019:
Il 4 settembre 2019, dom Luigi Tiana, monaco benedettino originario di Cabras e fino a ora Procuratore Generale della Congregazione Sublacense Cassinese, è stato eletto Abate del monastero di S. Pietro di Sorres in Sardegna...
a cura di M. A. C. (L'arborense)
Nato nel 1962 da una famiglia dedita all’agricoltura, è entrato nel 1981 nel monastero di Sorres emettendo nel 1987 la professione definitiva. Ordinato presbitero nel 1987, ha conseguito la Licenza in Teologia biblica nell’Università Gregoriana a Roma. Ha dedicato vario tempo alla docenza all’Istituto di Scienze religiose di Sassari e all’accompagnamento spirituale, all’animazione e formazione biblica. Gli abbiamo rivolto alcune domande.
Don Luigi, la hanno eletta Abate di Sorres, monastero in cui ha mosso i primi passi nella vita monastica. Cosa prova?
Il primo sentimento è stata la gioia per la fiducia dei miei confratelli nell’avermi indicato come futura guida del Monastero di Sorres. E’ bello sentire che gli altri si fidano di te, che ti ritengono capace di essere in qualche modo d’aiuto. Dopo l’accettazione dell’incarico ho poi provato il sentimento razionale del pentimento: cosa ti è venuto in mente nell’accettare un compito di guida? Subito mi sono chiesto con quali risorse avrei potuto svolgere questo compito arduo, soprattutto di questi tempi. La scarsezza di vocazioni affligge la Chiesa in Occidente, il disorientamento sociale, morale e religioso sembrano essere ovunque e ostacolano cammini di vita legati al fascino che il Vangelo esercita nelle scelte importanti della vita: presbiterato, monachesimo, vita religiosa e matrimoniale. Ho pensato, inoltre, che la decisione dei miei fratelli di Sorres era indicazione dello Spirito perché con semplicità, e non certo per le mie capacità, intraprenda questo cammino di essere “padre” (questo è il significato della parola Abate) per la comunità che mi ha generato alla vita spirituale del carisma monastico, della continua e instancabile ricerca di Dio nella vita dell’uomo. Aldilà dei sentimenti che possono attraversare mente e cuore, occorre affidarsi al Padre di tutti e lasciare che sia Lui, con la luce della Sua Parola, a guidare la mia vita e quella dei miei fratelli monaci. Sono finalmente felice di rientrare nel mio monastero di origine, nella mia Sardegna!
Il monastero di Sorres è stato per tanto tempo, soprattutto sotto l'abate Marin, il cuore pulsante della spiritualità sarda. È possibile riprendere questa centralità?
Erano anni ‘70/80: si viveva da una parte nel boom dello sviluppo economico e dall’altra della ricerca di idealità dopo la crisi sociale dettata dagli avvenimenti del ‘68 e la scia di rinnovamento spirituale indicata dal Concilio Vaticano II. In quei decenni con p. Paolo Gibertini prima (superiore del neo fondato monastero, vera novità per la Chiesa sarda poiché il monachesimo era stato esiliato dall’Isola dal dominio spagnolo) e con l’abate Bruno Marin poi attraverso una serie di iniziative dentro e fuori il Monastero venne tracciato un percorso di rinnovamento di spiritualità con la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa e quindi del singolo credente. Non sta certamente a me dire se si può riprendere tale centralità di propulsione spirituale nella vita della Chiesa sarda. Certamente è mio vivo desiderio entrare nella comunione sinfonica della vita e della spiritualità della Chiesa in Sardegna offrendo la disponibilità propria del carisma monastico benedettino di accoglienza e ospitalità, due termini preziosi ma difficili per il sentimento sociale del momento, legato a quello della preghiera liturgica e della tradizione della Lectio divina, dell’ascolto umile e costante, ogni giorno, della Parola di Dio, l’unica capace di salvare, l’unica fedele che agisce nella profondità dell’anima, l’unica che resta alle troppe nostre parole e promesse. Con questo voglio dire che certamente la comunità che presiedo, con la fragilità dell’età e del numero, certo non si sottrarrà al cammino di tutta la chiesa sarda. I tempi dell’Abate Bruno Marin restano certamente paradigmatici nell’accogliere le sfide dell’oggi che la comunità monastica di San Pietro di Sorres è chiamata a vivere sia al suo interno sia come servizio ai fratelli e sorelle in Cristo.
Quali progetti per avvicinare i giovani alla vita monastica per un discernimento serio e plurale?
Questa è veramente una domanda difficile. Credo che nessuno di noi in questo momento abbia progetti per l’impegnativo compito della trasmissione della fede alle giovani generazioni. Ci potranno essere certamente degli itinerari da mettere in gioco, ma sono certo che sia l’autenticità di una vita donata, vorrei dire sprecata per Dio, a diventare il segno del “discernere” che significa cercare, vagliare, e perché no anche tentare di “giocarsi” in qualcosa di differente dalla corrente che tende sempre a far percorrere cammini stereotipi anche per i giovani senza scavare la capacità di scelte ardite e plurali, fra le quali possono essere messe le scelte di tipo religioso, nel nostro caso monastico. Occorre pensare ai giovani così come sono, diversi dall’ormai lontana nostra giovinezza, plasmati dalle positive influenze di un mondo aperto e libero, ma anche segnati dalla fragilità e parcellizzazione causate dalla fine del modello di famiglia, di scuola e di società. Ma i giovani lo sappiamo sono loro i veri portatori della vita, delle novità, del coraggio discelte e atteggiamenti capaci di andare anche in controtendenza. Più che progetti vorrei allora parlare di disponibilità a camminare accanto a loro offrendo ciò che noi più avanti in età abbiamo: esperienza di vita forse trasformata in saggezza. E di saggezza abbiamo tanto bisogno oggi. La sapienza biblica altro non è che giungere a un’arte del vivere.
Quale futuro può avere la vita monastica?
È lo stesso del futuro di Dio. Se sapremo riconoscere il futuro a Dio, la vita monastica ha il ruolo di pedagoga nel credere e vivere in Dio, negli itinerari della fede, della speranza e dell’amore. Per questo il carisma monastico appartiene anche ad altre religioni. Noi occidentali siamo abituati a concepire il mondo secondo la nostra cultura: un tempo cristiana, ora della morte di Dio, della sua insignificanza e irrilevanza… Tuttavia, spesso non siamo capaci di fare i conti con culture emergenti, soprattutto dell’Asia e dell’Africa. Queste culture sapranno insegnarci di nuovo il senso di Dio nella vita dell’uomo. Vorrei che la vita monastica plasmata da Benedetto nel tempo della grande crisi istituzionale, culturale e morale del crollo dell’Impero, ridiventi significativa per i passaggi epocali che si svolgono sotto i nostri occhi. In ogni caso il futuro è di Dio non ci appartiene.
Lei è cabrarese. Cosa porta in questa nuova missione dal suo paese e dal carattere dei suoi compaesani?
Vorrei portare anzitutto il grande senso della vita e della festa che scorre nelle vene di noi cabraresi, il senso del lavoro e perché no di una religiosità profonda. Ogni anno mi commuovo per la corsa-processione del Santissimo Salvatore: tanti corrono per sciogliere la promessa pasquale del salvare e dell’essere salvati dal Salvatore. Direi allora vivere la vita con intensità, con gioia, con responsabilità. Anche in questi giorni la mia elezione ad Abate ha suscitato interesse, forse anche semplice curiosità; eppure sappiamo che la curiosità può essere la madre della conoscenza. Del nostro essere cabraresi vorrei far tesoro dell’arguzia che ci caratterizza e lasciare la rilassatezza che sempre ci tenta.
Note biografiche:
Nato a Cabras il 9 maggio 1962
Famiglia: papà e mamma e 5 figli.
Studi : Liceo classico
Studi teologici
Baccellierato in teologia (Institut Catholique di Parigi)
Licenza in teologia biblica (Pontificia Università Gregoriana – Roma)
Esperienza di docente presso Istituto scienze religiose Sassari Sacra Scrittura e Apocalisse
Animatore di Lectio Divina; Predicatore di Esercizi spirituali
1981 entrata in Monastero
1983 prima professione
1987 professione definitiva
1997 ordinazione presbiterale
A Sorres è stato: foresterario, maestro dei novizi ed economo
A Subiaco è stato Priore del Sacro Speco: luogo della memoria di Benedetto,
A Preci è stato Superiore e parroco dell’Abbazia di S. Eutizio
A Roma Procuratore generale della Congregazione Sublacense Cassinese OSB
Per la Santa Sede: Visitatore Apostolico e Commissario Pontificio
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