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Franco Meloni

San Giuseppe a Stampace e il suo finanziatore comm. Giovanni Sola

Le ragioni, generali e personali, dell’importanza della riapertura al culto e ad attività culturali della chiesa di San Giuseppe a Stampace

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Giovedì 27 novembre 2025 viene riaperta al culto e ad eventi culturali la Cappella di San Giuseppe a Stampace.

di Franco Meloni

Un po’ di storia…

La chiesa fu eretta nel 1937 (inaugurata il 1°agosto), totalmente finanziata dal comm. Giovanni Sola, primo presidente degli “Istituti Riuniti di Ricovero minorile” da quando, in virtù dei decreti regi di riforma (1928), diversi istituti assistenziali di Cagliari furono riuniti in un solo Ente, che automaticamente acquisì la proprietà di tutto il complesso edilizio denominato “Asilo San Giuseppe”; più tardi, al centro dell’orto ivi presente fu appunto costruita la chiesa dedicata a San Giuseppe (approfondimenti: href=”https://www.aladinpensiero.it/?p=159263).

… fino ai giorni nostri.

Nel 2024 la Fondazione istituti riuniti di ricovero minorile (IRRM) – che ha sostituito il vecchio Ente, mantenendone il nome – ha rinnovato gli organi di gestione. Il nuovo presidente, dott. Franco Manca, ha condiviso le richieste delle associazioni di quartiere (Ass. Giuseppe Toniolo di Sant’Anna e Congregazione Artieri di San Michele) e altri movimenti ecclesiali (MEIC) e ha reperito i fondi necessari per i lavori di restauro e ricupero dell’edificio, cogliendo la disponibilità della Regione Autonoma della Sardegna. E il sogno è diventato realtà.

L’asilo San Giuseppe e la sua chiesa nel cuore degli stampacini.
Perchè gli attuali abitanti del quartiere Stampace, nonchè quelli, viventi, che non più lo abitano, sono particolarmente affezionati all’ex Asilo e alla chiesa di San Giuseppe, custodendone la memoria? Ecco la risposta
L’Asilo San Giuseppe, fondato nel 1867 in via San Paolo (poi denominata via Siotto Pintor), si trasferì nella nuova struttura di via San Giorgio nel 1885*. Dal primo anno di funzionamento, in modo pionieristico e via via più consistente nella nuova sede, fino alla sua chiusura (1986), quasi tutti i bambini e le bambine del quartiere (e non solo) delle diverse generazioni che si avvicendavano nel tempo vi frequentarono gli anni dell’asilo, compresa la refezione e il dopo scuola. Fino agli anni ’80, l’Asilo ospitò anche trovatelle e orfanelle (dai 6 ai 18-20 anni) e nel 1930 vennero istituite le prime tre classi elementari. L’Asilo con tutte le diverse attività, dalla fondazione alla chiusura, è stato affidato alle cure delle Suore Vincenziane, FdC. Prima ancora della chiusura formale dell’attività (asilo-scuola-ospitalità collegiali), la gestione passò alla Fondazione (laica), che ha aggiornato i propri Statuti e modalità di operare sulla base delle nuove disposizioni normative degli Enti del Terzo Settore (ETS). Giova ricordare che, insieme alle attività prese in carico dalla Fondazione, vi si svolsero ulteriori meritevoli iniziative, come quella dei Gruppi giovanili del Volontariato Vincenziano, animati da suor Anna Cogoni e dal compianto padre Sergio Visca (**). La chiesa, pur in buone condizioni strutturali, fu dismessa di fatto nel 1982: ecco perché si parla di 43 anni di chiusura.

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img_7050Giovanni Sola, un illustre cittadino cagliaritano, ingiustamente dimenticato
Il comm. Giovanni Sola (1882-1954) [in foto] , cattolicissimo e generoso benefattore delle organizzazioni di pubblica beneficenza che presiedeva, come già detto, aveva fatto edificare la chiesa intitolata a San Giuseppe, totalmente da lui finanziata, in onore del primogenito Carlo, laureato in medicina con lode, reclutato dall’Esercito come sottotenente medico, morto all’età di 24 anni a Pordenone per una malattia infettiva al tempo incurabile. Nella circostanza ricordiamo che il comm. Sola fece costruire, a sue spese, anche il secondo campanile della chiesa di Sant’Anna.
Giovanni Sola morì suicida nel 1954, a 72 anni, due anni dopo la morte della moglie Gisella Arnaudo (1884-1952), oppresso da un terribile esaurimento, lasciando nel dolore le due figlie (Costanza e Alda), generi, nipoti e familiari tutti, le maestranze delle sue imprese e un vuoto incolmabile negli istituti di beneficienza che aiutava con smisurata generosità. Giovanni Sola è stato un illustre cittadino cagliaritano, ingiustamente dimenticato, che meriterebbe ben altri riconoscimenti di qualche lapide che ne ricorda la munificenza: per esempio l’intitolazione di una strada o di una piazza o di una scuola o di qualche altro edificio pubblico con finalità di assistenza ai meno abbienti. E ancora: sarebbe auspicabile una ricerca storica sulla sua figura e sulle sue opere che dovrebbe impegnare la Fondazione IRRM, il Comune di Cagliari, l’Università di Cagliari, l’Associazionismo socio-culturale [al riguardo vedesi l’istanza presentata al Comune dall’Associazione Toniolo].
Come si sa, il comm. Giovanni Sola, mise fine alla sua vita in modo tragico, suicidandosi una domenica del luglio 1954, nel Cimitero di Bonaria, nei pressi della tomba del figlio Carlo.
Di questo triste accadimento riferisce un articolo de L’Unione Sarda del 20 luglio 1954. Vi sono riportate sulla persona del comm. Giovanni Sola dichiarazioni delle suore vincenziane del tempo, davvero misericordiose e commoventi.


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Di seguito la trascrizione leggibile dell’articolo citato.
A lui furono negati funerali religiosi, solo la benedizione del feretro, fuori dalla chiesa, da parte del parroco di Sant’Eulalia. All’epoca la Chiesa non era propensa a riconoscere i funerali religiosi ai suicidi e, azzardo che il silenzio sul comm. Sola, che è seguito nel tempo successivo, sia stato in certa parte legato allo stigma sui suicidi all’epoca prevalente.
A mio parere l’occasione dell’evento di oggi potrebbe essere propizia per un riconoscimento pubblico, in questa fase della Chiesa, per un grande benefattore e “padre dei poveri”. Sperando che seguano opportuni riconoscimenti civili.
Azzardo ancora che sarebbe bello che i resti mortali del comm. Sola fossero riesumati dall’attuale sito nel Cimitero di Bonaria per essere collocati nella “sua” chiesa. Ma questa è un’altra decisione da approfondire nelle sedi deputate, che compete in primo luogo agli eredi del comm. Sola, che comunque sembrerebbero favorevoli, avendo io potuto interpellare in merito la nipote, oggi ottantenne, signora Sandra Zedda.

Le ragioni personali di chi scrive
I lettori forse si chiederanno del perché di tanto mio fervore per la vicenda dell’ex Asilo San Giuseppe e della sua chiesa. Lo spiego: l’asilo San Giuseppe ha ospitato i miei fratelli e sorelle, tutti/e più anziani/e di me. E negli anni più recenti (1983-85) mio figlio Roberto.

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Mia madre, Maria Meloni (1903-1999) fu ospite dell’istituto da bambinetta (1905), essendo rimasta orfana di entrambi in genitori, fino al 1923, anno in cui si sposò con mio babbo Giulio Meloni (1900-1966). Mi parlava spesso, sempre benissimo, del comm. Sola, che conosceva personalmente e che io, invece, non conobbi.
E poi: in quella chiesa mio fratello Mario e mia sorella Luisella hanno fatto la Prima Comunione;


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i miei genitori vi celebrarono i 25 anni di nozze (1948). Io non ero ancora nato e quindi non apparvi nella foto ufficiale del 25mo.


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Infine, un particolare sull’arredamento della chiesa: al centro del presbiterio vi è la statua di San Giuseppe con il Bambin Gesù in braccio e ai lati, uno di fronte all’altro, sono posizionati due quadri di grandi dimensioni, raffiguranti San Giovanni Battista e San Carlo Borromeo, richiamando il nome del commendatore e del figlio deceduto in giovane età.


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Ecco il citato articolo su L’Unione Sarda
(…) Nella mattina di domenica [18 luglio 1954], il comm. Sola aveva trascorso due ore con la Madre superiora dell’Ospizio San Vincenzo. Appariva abbattuto. Giu’ di salute, i cedimenti d’umore gli erano consueti, da qualche tempo a questa parte. Dedicava gran parte del suo tempo agli Istituti benefici di cui era Presidente: il Conservatorio della Provvidenza, l’Ospizio San Vincenzo, l’Asilo San Giuseppe, l’Infanzia abbandonata ed il Tracomatosario di Quartu, che con propri mezzi aveva riattato. “Era il padre dei poveri”, ha detto ieri di lui una suora del Conservatorio. “Buono, generoso, disinteressato”, ha sostenuto la Madre superiora dell’Ospizio San Vincenzo. Solo l’annebbiamento provocato dalla malattia può spiegare il suo gesto. Non fastidi economici infatti potevano indurlo a tanto. Il comm. Sola risulta creditore di una somma che oltrepassa i 150 milioni.
La notizia ha suscitato profonda impressione in chi lo conosceva ed apprezzava. Fu benefattore e comprensivo con tutti: persino con chi gli fece del male. Lo ricordiamo in un processo a carico di due giovani che, nel suo ufficio del Viale, avevano tentato di aggredirlo con una verga di ferro avvolta in un giornale. Per la sua deposizione, i giovani condannati ad una pena minima, poterono uscire quella sera stessa dal carcere. Alla uscita dal palazzo di Giustizia una donna baciò le mani del comm. Sola. Era la madre di uno degli imputati. Abbiamo rievocato l’episodio, allora registrato nella nostra pagina di cronaca, per dire la mitezza del suo carattere. Una malattia lo ha sconfitto; ed egli ha dovuto soccombere. La salma è ora nell’obitorio.

[Da L’Unione Sarda del 20 luglio 1954]
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L’Asilo San Giuseppe fu fondato nel 1867 dal negoziante Cav. Carlo Thorel, in un locale di sua proprietà situato nella via San Paolo [già via Giovanni Siotto Pintor, a Stampace] con lo scopo di istruire ed educare i fanciulli poveri e dare ricovero e assistenza ad orfani e trovatelli. Fu eretto in ente morale con Regio decreto 16 novembre 1882, n. 1268. Si manteneva grazie alla rendita del suo patrimonio, ai sussidi del Municipio e di altre amministrazioni e ad elargizioni di privati. Tra queste ultime, notevoli furono quelle della signora Nicoletta Giera, vedova del Cav. Thorel, la quale provvide anche a portare a compimento il progetto del consorte di trasferire l’Asilo in un nuovo locale più igienico, fatto costruire appositamente nella via Ospedale [inaugurato nel 1885].
L’istituto era amministrato da un Presidente e sei membri, dei quali quattro di nomina prefettizia e gli altri due rappresentati dal presidente della Parrocchia Collegiata di Sant’Anna e dal Sindaco di Cagliari. Il servizio dell’asilo era affidato a cinque suore di carità. Ogni anno l’istituto poteva istruire in media 130 alunni esterni e oltre 30 interni, che venivano ricoverati, nutriti e vestiti. Erano ammessi all’asilo bambini di ambo i sessi, dai due anni e mezzo fino ai 5 anni di età. La scuola era divisa in due classi, con due maestre e un assistente. Come altri istituti di beneficenza cagliaritani, nel 1928 l’Asilo infantile e Ricovero di trovatelli San Giuseppe confluì nell’unica amministrazione dell’ente Istituti riuniti di ricovero minorile [il primo presidente fu il comm. Giovanni Sola], poi trasformato in Fondazione di pubblica utilità.
[https://siusa-archivi.cultura.gov.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=56198&RicProgetto=reg%2Dsar]
(**) I dati sono tratti dal libro “Una storia di Carità – Le Figlie della Carità in Sardegna” (1856-2006).
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La prima inaugurazione il 1 agosto 1937
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Fonte: Aladinpensiero online, Giornalia
Autore: FRANCO MELONI ARTICOLO GRATUITO
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