Si avvia il cammino del Sinodo della Chiesa universale e, in essa, della Chiesa italiana e della Chiesa sarda
Due giornali online e tre siti fb impegnati per una costante informazione sui cammini sinodali
(a cura di Mario Girau, Franco Meloni, Gigi Pittau, Andrea Giulio Pirastu)
Due giornali online (Giornalia e Aladinpensiero) unitamente a tre siti fb ( “Un sinodo per camminare insieme”, “Patto per la Sardegna”, “Amici sardi della Cittadella di Assisi”), si sono accordati per sviluppare, in collaborazione con la Pro Civitate Christiana di Assisi, un’attività di informazione e approfondimento, il più possibile aperta e coinvolgente, sulle tematiche del “Sinodo” che nei prossimi tre anni (ottobre 2021 – ottobre 2023 ) interesseranno la Chiesa universale e, tenendo conto della nostra collocazione, la Chiesa italiana (e in essa quella sarda) il cui impegno si estende per ulteriori due anni (fino al Giubileo del 2025*). Riteniamo che le tematiche che svilupperanno i “cammini sinodali” siano di vastissimo interesse, e che non riguardino solo i cattolici e neppure solo i credenti. Pertanto che in forme diverse possano coinvolgere tutte le persone pensanti, quelle che ormai diffusamente vengono elencate come “credenti, non credenti, diversamente credenti”. Nel comune sentire di un credente, il grande card. Carlo Maria Martini e di un non credente (o altrimenti credente), il grande filosofo Norberto Bobbio, tali soggetti, singoli o partecipi di comunità, richiamano un pensiero: «La differenza più importante non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa ai grandi interrogativi dell’esistenza».
Sicuramente ci sono diversi aspetti che coinvolgeranno soprattutto i praticanti – o comunque quanti sono inseriti nelle organizzazioni della Chiesa – che oggi, a guardare le statistiche, sono una minoranza rispetto alla popolazione complessiva, anche a quella che continua a dichiararsi cattolica. Altri aspetti interessano una maggiore numerosità di persone, non sappiamo di preciso, sicuramente di tutte le fasce d’età e ceti sociali. Tra queste persone quelle che appartengono a gruppi informali, si dichiarino o meno cattolici, più o meno vicini alle strutture istituzionali. Bisognerebbe farsi un’idea di queste realtà associative. Anche di questo potremo occuparci. Evitando ogni ipotesi di incasellamento, siamo convinti che la nostra proposta interessi non poche persone e realtà associative sparse in tutta la Sardegna e oltre. Proponiamo di fare tutto in modo aperto e, come si diceva in tempo, in spirito di servizio. Come ci muoveremo? Lo decideremo strada facendo, in compagnia di altri compagni di strada, che contiamo saranno numerosi. Intanto anticipiamo che l’attività di tempestiva e selezionata informazione su tutto quanto riguarda il Sinodo e i “cammini sinodali” sarà svolta per ora esclusivamente in via digitale, attraverso le news online e i social, telematica (webinar e YouTube) e quanto prima anche in presenza, a cura delle menzionate News/pagine fb, e di altre entità che auspicabilmente si aggiungeranno e nell’eventualità segnaleremo. Per rafforzare il senso della nostra proposta pubblichiamo di seguito un pertinente intervento del teologo Brunetto Salvarani, che condividiamo totalmente e al quale facciamo riferimento anche per i percorsi che ci impegnamo a fare insieme.
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Sinodo in Italia: Se non ora quando?
«Non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio» (1Cor 1,26-29).
C’è un tempo per ogni cosa, come sostiene il sapiente della Bibbia (Qo 3). E questo, certo, è il tempo per interrogarsi a fondo sul significato di una pandemia che sta mettendo in ginocchio il pianeta, a oggi tutt’altro che conclusa.
Ma per la Chiesa che vive in Italia – al pari delle altre Chiese della cattolicità sparse nel mondo intero – è altresì il tempo di mettersi in cammino, anzi: di avviarsi con una certa speditezza per un cammino sinodale, come l’hanno definito i vescovi nella loro 74ª Assemblea generale, svoltasi a Roma dal 24 al 27 maggio scorsi (si badi: una scelta che non è una diminutio rispetto a sinodo, rimandando tale locuzione a uno stile, una metodologia, un atteggiamento ecclesiale, ben più di quello che, nel caso peggiore, potrebbe risultare anche solo un mero adempimento burocratico).
Il titolo programmatico, “Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita”, è destinato a diventare verosimilmente anche lo slogan del prossimo evento.
L’intera operazione dovrebbe articolarsi in tre fasi nell’arco di un biennio, cominciando a livello diocesano locale nell’ottobre 2021, passando poi al livello nazionale e, di seguito, a quello europeo, previsto per l’ottobre 2023.
Un impegno, va detto da subito, da far tremare i polsi, solo limitandosi a scrutare il piano organizzativo: ma anche, e vorrei dire soprattutto, un’occasione preziosa, da cogliere al volo e da sfruttare appieno, che avrà bisogno da parte di tutti noi di grande pazienza, grande capacità di ascolto e grande umiltà. Imparare ad agire sinodalmente, da parte dei laici, dei presbiteri, dei vescovi, non sarà per nulla facile. Soprattutto per la disabitudine di tutte le componenti, al riguardo.
La posta in gioco
La posta in gioco, in effetti, è davvero alta. Anche perché, almeno per ragioni anagrafiche, del prossimo cammino sinodale potrà sentirsi partecipe per l’ultima volta in un’esperienza ecclesiale importante una generazione ancora in grado di fare riferimento al concilio Vaticano II con qualche cognizione di causa, avendone udito i racconti dai diretti protagonisti e respirato un po’ dell’atmosfera unica di quell’assise iniziata ormai quasi sei decenni fa.
Una generazione che – forse – può ancora scaldarsi il cuore su temi (come le riforme ecclesiali) che alla stragrande maggioranza dei giovani connazionali probabilmente appaiono sospesi fra l’astruso e l’insensato: eppure, ovvio, il coinvolgimento di questi ultimi in qualche modo nel processo sinodale resta vitale.
Credo che la domanda sottesa a tale processo, sull’identità della Chiesa e su che cosa significhi essere Chiesa oggi, vada declinata nell’unica modalità possibile e sensata: non rassegnandosi a contemplare il proprio ombelico né cimentandosi in analisi autoconsolatorie, com’è capitato in un recente passato (penso a Verona 2006), bensì misurandola sui suoi modi di relazionarsi con il mondo esterno, con quell’alterità che ormai ci abita e ci mette in crisi e non di rado ci inquieta, con la vasta porzione di Paese che non solo ha smarrito il senso di Dio, ma non sente per nulla il bisogno di un’appartenenza ecclesiale e neppure ha la percezione di cosa voglia dire un’appartenenza simile (inevitabile richiamare l’analisi di un teologo di vaglia come il gesuita Christoph Theobald che, sulla scorta dei lavori di Danièle Hervieu-Léger, parla dichiaratamente di esculturazione del cristianesimo dalla cultura occidentale).
Per orientarci e non smarrirci troppo, tra le mani abbiamo, dal 2013, una bussola credibile e non ancora sperimentata a fondo, il testo di Evangelii gaudium, che papa Francesco ha scritto non solo come programma del suo pontificato, ma come mappa di una Chiesa capace di uscita. E alcune parole-chiave: vangelo, fraternità, mondo.
Tutte da riempire, perché ha ragione il vescovo Erio Castellucci, eletto nell’occasione alla vicepresidenza dei vescovi italiani, che ne ha parlato lo scorso 31 maggio in un’intervista a Settimananews: «Non sono concetti: sono volti, esperienze, urgenze che riguardano tutte la necessità di ripensare l’annuncio di Cristo, in un contesto nel quale si sono riscoperte alcune grandi domande esistenziali». Volti oggi ammaccati, confusi, oltre che mascherati.
Fedeli allo stile di Gesù
Nei limiti di un intervento che ha l’obiettivo di gettare appena qualche sassolino per agitare acque che ci si augura possano divenire lustrali, vorrei evidenziare tre punti che in questo momento percepisco – da un’angolatura del tutto limitata e periferica – come cruciali per la felice riuscita dell’impresa.
Tre passaggi che contribuirebbero a misurare, fra l’altro, quanto la scelta episcopale sia stata dettata da una convinzione profonda, oppure da una rassegnazione ormai obbligata di fronte all’insistenza del papa: il primo richiamo del quale alla necessità di un sinodo nazionale è ormai di sei anni fa, novembre 2015, a Firenze al quinto convegno della Chiesa italiana…
Per prima cosa, a dispetto della pubblicistica che si pasce di argomenti divisivi e caldi più o meno sentiti, bisognerà avere consapevolezza che il cammino sinodale, se vorrà riuscire, dovrà concentrarsi su questioni di metodo, più che di contenuti (i quali, naturalmente, non mancheranno, come non dovranno mancare le decisioni e gli sguardi di prospettiva, pena ulteriori frustrazioni per ciò che resta del mondo cattolico).
Perché? Perché sinora, come si accennava, salvo benemerite eccezioni, nei sinodi precedenti, la parola d’ordine della sinodalità, del camminare insieme, sia pur proclamata, è rimasta spesso sulla carta; ed è necessario che si passi finalmente dalla carta alla vita.
E che lo si faccia sulla scia dell’unico Maestro possibile e veritiero, Gesù di Nazaret. Ciò che Gesù fa e dice nei suoi incontri, nei vangeli, costituisce un tutt’uno con il suo essere: in lui ci sono un’assoluta unità e trasparenza di pensiero, parola e azione che sono manifestazione del Padre. Una bellezza che, a saperla guardare, affascina e può ancora affascinare il mondo.
Dallo stile di Gesù emerge la provocazione di un messaggio che apprende, mentre le patologie e le infedeltà al vangelo che pervadono ogni epoca della storia ecclesiale – compresa la nostra, posta alla fine del regime di cristianità – sono leggibili come rottura della corrispondenza tra forma e contenuto.
Quando prevale la forma, si produce un cristianesimo ridotto a estetismo liturgico, istituzione gerarchica, struttura, dove, però, è assente la sostanza di quell’amore che porta Gesù fino alla croce. Se invece prevale il contenuto, si ha un cristianesimo ridotto a impianto dottrinale e dogmatico, verità fatta di formule alle quali credere, ma priva di un legame vitale con l’esistenza delle persone.
Gesù, dal canto suo, ha indicato piuttosto un metodo da adottare, la strada di un vangelo capace di apprendimento, e creato uno spazio di libertà attorno a sé comunicando, con la sua sola presenza, una prossimità benefica a tutti quelli che incontrava.
Una Chiesa fedele allo stile di Gesù, perciò, non si presenta come istituzione detentrice di un sistema di dogmi da insegnare al mondo, né ovviamente come societas perfecta, bensì quale spazio in cui le persone possono trovare la libertà di far emergere la presenza di Dio che già abita la loro esistenza.
Ogni persona, infatti – quali che siano la sua appartenenza religiosa, il suo pensiero e la sua cultura – è portatrice di un’immagine di Dio che aspetta di schiudersi, cioè di fare proprio lo stile di Gesù: quindi i cristiani dovrebbero essere in ricerca della manifestazione divina propria di ogni religione e di ogni pensiero, invece di assumere atteggiamenti di svalutazione e condanna.
In ascolto del popolo di Dio
In seconda battuta, affinché il processo sinodale non si ponga su un binario morto, sarà necessario che esso dia fiducia e prenda sul serio il popolo santo di Dio (con tutte le sue manchevolezze, le nostre manchevolezze, i suoi limiti, le sue fragilità).
Ascoltandolo attentamente in tutte le modalità possibili, ma soprattutto affidandogli, per quanto possibile, la scelta del menu di argomenti da trattare. Cosa che potrà causare delusioni e inciampi, ma che potrebbe anche invece produrre esiti sorprendenti.
Parafrasando papa Francesco nella Gaudete et exsultate, mi verrebbe da dire: prendiamo sul serio i cristiani della porta accanto, quelli semmai affaticati da una quotidianità che costantemente ci rincorre, forse con pochi titoli ma tanta vita da raccontare e da condividere.
Mi torna in mente la considerazione di un vescovo francese di vent’anni fa, Albert Rouet, autore del bestseller La chance di un cristianesimo fragile, fatta a un giornalista che chiedeva cosa la Chiesa dovrebbe fare per poter essere meglio accolta nell’attuale congiuntura culturale, con cui indicava con franchezza evangelica il suo sogno: «Rispondo alla domanda con un’utopia. Vorrei una Chiesa che osa mostrare la sua fragilità. A volte la Chiesa dà l’impressione di non aver bisogno di nulla e che gli uomini non abbiano nulla da darle. Desidererei una Chiesa che si metta al livello dell’uomo senza nascondere che è fragile, che non sa tutto e che anch’essa si pone degli interrogativi».
Insomma, come avrebbe risposto don Tonino Bello: una Chiesa del grembiule. Del resto, i modelli e i codici comportamentali ai quali ci si poteva conformare con tranquillità e che potevano essere scelti come punti di riferimento fino a pochi anni fa per la costruzione di un’identità ecclesiale da conseguirsi una volta per tutte, non esistono più.
Caducità, friabilità, provvisorietà sono i nomi della fragilità anche dei soggetti collettivi (la coppia, la famiglia, le organizzazioni, i partiti politici, le istituzioni in genere, comprese le Chiese e le comunità religiose).
Interruzione, incoerenza, sorpresa sono le normali condizioni della nostra vita. Con cui l’imminente processo sinodale sarà chiamato a scontrarsi, bagnandosi di realtà.
Abitare la fragilità, come ci siamo abituati a ripetere durante la pandemia, significa soprattutto accettare la sfida insita in questo tempo di permanente transizione eletta a orizzonte vitale; capire e amare questa condizione con le potenzialità e le risorse nuove che porta con sé, accettando che sia finita un’epoca e che la nostra condizione sia pressoché irriconoscibile rispetto alle forme ereditate dal passato, persino recente. Senza alcuna certezza da vantare.
La crisi pandemica, del resto, non ha fatto altro che accelerare dinamiche già evidenti (dalla penuria di presbiteri alla crisi degli istituti religiosi, dalla situazione mortificante di tante parrocchie alla frustrazione di chi si occupa della trasmissione generazionale della fede), che vanno ben al di là di una pura e impietosa lettura di cifre su quanto pochi siano i seminaristi oggi in Italia o su quanti fedeli non siano più tornati all’eucaristia domenicale dopo il lockdown del 2020.
Potrebbe peraltro rivelarsi un kairòs, un tempo di straordinarie e sorprendenti opportunità, se ci crederemo e ci investiremo energia e passione. Se prevarrà la realtà.
«La realtà è superiore all’idea» è uno dei principi che – com’è noto – guidano il pensiero di papa Francesco. Il quale ne parla, per la prima volta, nell’esortazione Evangelii gaudium, al numero 231, mentre affronta gli obiettivi, a lui particolarmente cari, del bene comune e della pace sociale, inserendolo fra i criteri per un discernimento di scelte capaci di favorire un’ordinata vita sociale ed ecclesiale: «La realtà semplicemente è, l’idea si elabora. Tra le due si deve instaurare un dialogo costante, evitando che l’idea finisca per separarsi dalla realtà».
L’invito, dunque, è a vigilare attentamente su quelle forme di idealismo che – pur talvolta generose e mosse da buone intenzioni, ma non per questo innocue – rischiano di mortificare il reale. Che deve penetrare nel tessuto del processo sinodale!
Osare il dialogo
In terzo luogo, coerentemente con quanto detto sinora, c’è da augurarsi che esso scelga di aprirsi, il più possibile. Solo rapportandomi all’altro, posso capire qualcosa di ciò che sono. Coinvolgiamo perciò donne e uomini dotati di professionalità di alto livello, interni ma anche esterni a percorsi ecclesiali, interrogandoli a fondo, e non pro forma, sulla loro percezione della Chiesa, sui problemi e sui futuri immaginabili.
Certo, le istanze delle fedi sono oggi sempre più provocate da un mondo regolato su stili civili, sociali e culturali in cui tanto il bricolage di codici religiosi quanto l’indifferenza verso il divino e una certa banalizzazione del sacro si stanno via via accentuando.
Eppure siamo chiamati, e saremo chiamati ancor più domani, a osare il dialogo, sforzandoci di edificare ponti (e non muri) nella Babele che abitiamo. Tornando alla citata esortazione Evangelii gaudiume ai quattro princìpi che dovrebbero orientare specificamente lo sviluppo della convivenza sociale e la costruzione di un popolo in cui le differenze si armonizzino all’interno di un progetto comune, il primo di essi è: il tempo è superiore allo spazio. Ecco come viene descritto dal papa (citazione lunga, ma vitale):
«Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. È un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnando priorità al tempo. Uno dei peccati che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione.
Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci» (n. 223).
C’è di che meditare, in vista dell’ormai imminente cammino sinodale. Anche perché, come si legge nella Mishnà, trattato Pirkè Avot in un detto attribuito a rabbi Tarfòn: «La giornata è corta e il lavoro è tanto; gli operai sono pigri, il compenso è abbondante e il padrone di casa incalza. Ma non è tuo il compito di completare l’opera, né sei libero di esentartene» (Pirkè Avot 2,18-19).
* Quali tappe avrà il “cammino sinodale”? In Italia inizierà in sintonia con il Sinodo universale (2021), si svilupperà con l’ascolto di tutto il popolo di Dio (2022), vivrà un momento unitario di dialogo e confronto con tutte le anime del cattolicesimo italiano (2023) che condurrà a una sintesi da offrire alle Diocesi (2024) e a una verifica a livello nazionale del cammino fatto (Giubileo del 2025). La Presidenza della Cei darà presto indicazioni più precise.
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24 Ago 2021
Vigilia di un atteso e pur inaspettato cammino sinodale di Giampiero Forcesi su C3dem. Articolo ripreso da Aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=126350
08 Set 2021
Da Brunetto Salvarani su fb. VERSO IL CAMMINO SINODALE (15) Nel libro dei Numeri è contenuta un’esclamazione di Mosè che dovrebbe essere il grido di battaglia di ogni vescovo o parroco «“Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!”» (Nm 11,29). Marinella Perroni, Marinella Perroni, Assemblea diocesana di Rieti, settembre 2021
31 Ago 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. ———— VERSO IL CAMMINO SINODALE (1) Proposta: perché non partire con un’assemblea da tenere in ogni parrocchia d’Italia, a cui invitare tutti i propri fedeli? Titolo: La comunità cristiana che vorrei. Giovanni Ferrò, da Jesus di agosto 2021
31 Ago 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. ———- VERSO IL CAMMINO SINODALE (2) Facciamolo, allora, questo sinodo per creare uno stile di Chiesa, di comunità cristiana in cui, chi si sente escluso dal mondo possa trovare riparo; che si sente perseguitato, possa trovare una parola di consolazione; chi è nel dubbio, più che una verità assoluta possa incontrare qualcuno che lo ascolti e lo accompagni per un momento nel cammino. Don Paolo Cugini
31 Ago 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. ——— VERSO IL CAMMINO SINODALE (3) La Chiesa "esce" davvero quando ascolta le domande prima di dare le risposte; o meglio, quando si lascia provocare dalle domande per cercare, insieme a chi domanda, le risposte nel Vangelo di Gesù. don Erio Castellucci, Avvenire, 14-8-2021
31 Ago 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. ————- VERSO IL CAMMINO SINODALE (4) "Non mancano ovviamente le diverse opinioni tra i vescovi – grazie a Dio, perché nella Chiesa non c’è omologazione di pensiero – che vanno da chi teme che si inneschi un processo poi difficile da guidare, a chi paventa il sorgere di attese sproporzionate che poi rischiano di venir inevitabilmente deluse, a chi invece vede con favore, o anche con molto favore, l’avvio di un cammino “dal basso” che, come dice il papa, si incontri poi con il cammino “dall’alto” già disegnato al Convegno di Firenze." don Erio Castellucci, Settimananews, 31-5-2021
31 Ago 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. ———— VERSO IL CAMMINO SINODALE (5) Vorremmo un Sinodo vero, aperto, libero, problematico, audace, educato e irriverente. Che porti alla luce i problemi e dia la parola al popolo dei battezzati. Che trovi le parole contemporanee per dire l’essenziale della fede, quello che, come disse qualcuno, si può scrivere su una scatola di fiammiferi; che assuma il coraggio di scegliere i suoi paradossali compagni di viaggio, quelli, per capirci, del discorso della montagna; che rompa la crosta del clericalismo e liberi con coraggio le energie dei laici e delle donne. Mariano Borgognoni, ROCCA nn.16/17 (2021)
31 Ago 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. —————— VERSO IL CAMMINO SINODALE (6) "Il percorso sinodale, per essere fedele a se stesso, deve essere capace di non lasciare indietro nessuno, di evitare che una voce, una qualsiasi voce ecclesiale, per pregiudizio o preconcetto, non venga ascoltata." don Mimmo Battaglia, vescovo di Napoli, Rocca 16/17 (2021)
01 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO SINODALE (7) La chiesa cattolica italiana sta entrando – possiamo dirlo? finalmente! – in una stagione sinodale. Se sarà un tempo di grazia, come dovremmo augurarci di tutto cuore, oppure dell’ennesima occasione favorevole sprecata, ce lo diranno i prossimi mesi e anni. Sarà indispensabile dotarci di sapienza, intelligenza e (soprattutto) pazienza. Nel frattempo, dall’angolatura del Fattore D, è lecito sperare che la dimensione del dialogo possa entrare a pieno titolo nei dibattiti del futuro Sinodo, senza finire malinconicamente, com’è capitato spesso in passato, nel porto franco riservato agli specialisti e/o agli impallinati del genere. E che, inoltre, lo stile mite del dialogo – e dell’ascolto, che gli fa naturalmente da pendant – ne contrassegni i lavori, sin da quelli preparatori. Non è scontato che sarà così: e non tanto, ritengo, per la cattiva volontà di chi parteciperà direttamente, quanto per una certa nostra disabitudine a farci carico di esperienze dialogiche impegnative. Brunetto Salvarani, "Fattore D", Jesus (luglio 2021)
01 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO SINODALE 8 Credo che siano due i punti principali di cui tener conto. Il primo è che la sinodalità – anche se io, a questa forma sostantivata che rischia di risultare un po’ astratta, preferirei l’espressione “Chiesa sinodale” – implica un processo partecipativo esteso a tutti i membri del popolo di Dio. Parlando di una Chiesa sinodale, si devono prevedere i modi e predisporre gli strumenti perché si realizzi un’autentica interazione tra chi esercita un ministero ordinato e tutti gli altri battezzati. Il secondo punto è che un cammino sinodale esige, soprattutto oggi, che si attivino delle modalità comunicative pluridirezionali. Veniamo da secoli in cui, all’interno della Chiesa, è prevalso uno stile comunicativo e decisionale orientato in una sola direzione (dal clero al laicato, dagli uomini alle donne): con il lessico della sociologia, si parlerebbe di un andamento top-down. Tale concezione dovrebbe lasciare il posto all’idea che tutti i credenti, in quanto uditori della parola di Dio, hanno la possibilità di portare un contributo personale, affinché il messaggio del Vangelo possa essere inteso con maggiore profondità; questo, fermo restando lo specifico apporto dei vescovi. SERENA NOCETI, Sant'Alessandro, 29-7-2021
02 Set 2021
VERSO IL CAMMINO SINODALE (9) Questionari, documenti, relazioni scritte, bozze limate… non sempre servono al cammino. Abbiamo bisogno di metterci in ascolto di esperienze concrete e di rispettarle. È necessario scrivere narrazioni piuttosto che indicazioni, fossero anche pastorali! Nello stesso tempo è stato ribadito che non serve un linguaggio rivendicativo di ruoli di potere, di conquista di posizione, occupazione di spazi, quanto piuttosto di immersione di ciascuno nel cammino dell’altro per comprenderne le ragioni, le fatiche, il fascino, la sfida. Privilegiando proprio chi fa più fatica, gli ultimi, le questioni più urgenti. Tonio Dell'Olio, Avvenire, 25-8-2021
03 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO SINODALE (10) Da laico davvero “comune”, da “praticante” come tantissimi altri, senza ruoli particolari nella Chiesa, posso solo dire con la massima sincerità – ma anche con la massima sollecitudine – che è difficile credere che il nuovo Sinodo possa produrre effetti diversi da quelli delle passate esperienze della Chiesa italiana, e “convertirci” realmente, laddove ne abbiamo bisogno. Servirebbe forse, davvero, una profonda consapevolezza che i tempi che viviamo non sono ordinari e che i “segni” di questi tempi (la pandemia, certo, ma anche tanti altri: la rivoluzione digitale, la crisi ecologica e quella migratorio/demografica, solo per fare qualche esempio) sono davvero “segni” eccezionali, che richiedono un discernimento speciale e un impegno straordinario per chiedersi: ma che strada, che “sinodo” dobbiamo davvero intraprendere insieme, per navigare con la barca della Chiesa anche questi tempi? Giuseppe Boschini, Settimananews, 31-7-2021
05 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO SINODALE (11) Solo dal realismo nasce la speranza. Prendiamo atto, con coraggio, che dobbiamo recuperare l’essenziale: l’annuncio del vangelo attraverso la relazione con le persone. Non è una novità, certo: è il metodo stesso di Gesù. Nuova è piuttosto la situazione, che non garantisce più nulla, non permette più di vivere di rendita, ma richiede di riconquistare palmo a palmo il terreno: non però facendo leva sulle strutture, ma accogliendo, ascoltando e incontrando le persone; non rimarcando i valori irrinunciabili, ma testimoniando la bellezza della fede; non cercando di occupare spazi, ma favorendo percorsi. don Erio Castellucci, prefazione a Candiard, La speranza non è ottimismo
05 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO SINODALE (12) Un sinodo non è una istituzione democratica spruzzata d'acqua santa, ma un farmaco. È un farmaco omeopatico che chiede ai vescovi di diventare la cura di mali di cui sono causa: senza castelli di carta istituzionali e senza quel feticismo della vaghezza che ama far sua qualche citazione del pontefice. Alberto Melloni, La Repubblica, 21-5-2021
06 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO SINODALE (13) La posta in gioco, in effetti, è davvero alta. Anche perché, almeno per ragioni anagrafiche, del prossimo cammino sinodale potrà sentirsi partecipe per l’ultima volta in un’esperienza ecclesiale importante una generazione ancora in grado di fare riferimento al concilio Vaticano II con qualche cognizione di causa, avendone udito i racconti dai diretti protagonisti e respirato un po’ dell’atmosfera unica di quell’assise iniziata ormai quasi sei decenni fa. B.S.
07 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO ECCLESIALE (14) Forse, il nostro compito è oggi quello di cominciare, di avviare dinamiche, di sopportarne pazientemente l’imprecisione e di ricercarne, più pazientemente ancora, la correzione. Non saremo noi, credo, la generazione che vivrà la vita ecclesiale in stile sinodale. C’è una cultura da creare, c’è una progressività da accettare, sono previste sconfitte da sopportare. Il cammino, anche se è di sequela del Risorto, è accidentato oltre che faticoso. E, forse, il compito che spetta alla nostra generazione è quello di aprire, avviare, seminare. Ma, se non avremo la pazienza di farlo, ai nostri figli e ai figli dei nostri figli consegneremo una chiesa ormai spenta, un sale senza sapore che può essere solo calpestato. Marinella Perroni, Assemblea diocesana di Rieti
08 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO SINODALE (16) «La sinodalità non è semplicemente espressione di una “Chiesa comunione”, ma è dinamica e processo di una comunione che viene da una dinamica comunicativa e vive di una reciprocità comunicativa che vede tutti i cristiani come soggetto a partire dall’adesione di fede nel Vangelo ricevuto». Serena Noceti, COP, 7-9-2021
10 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO SINODALE (17) Occorre una conversione personale e una vita cristiana autentica, facendo vivere il profilo mariano nella Chiesa, un profilo generativo. Il discernimento comunitario, infatti, non è una tecnica di gestione di un’organizzazione: si tratta di vivere per generare Cristo in mezzo a noi. Stando nel continuo ascolto dello Spirito, di fronte al quale siamo sempre degli apprendisti, può cominciare il cammino insieme, mettendo in moto l’attenzione pedagogica e la gradualità (=pazienza) che il cammino esige. Piero Coda, 25-8-2021
10 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO SINODALE (18) Mia ipotesi, credo realista: in qualche diocesi la consultazione locale potrebbe anche portare ad un risveglio di partecipazione ecclesiale effettiva; a livello macro però credo che ciò non sarà la maggioranza dei casi. Le indicazioni provenienti dalla base saranno prontamente assunte dentro a un testo, la cui prospettiva però le neutralizzerà il più possibile. Perché un sinodo fatto in condizioni di paura e di crisi difficilmente smentisce con coraggio il contesto di partenza. Don Abbondio docet! Ora credo che quei fedeli (laici e consacrati) che sentono forte l’esigenza di non farlo finire così abbiano il dovere morale di trovare tutti i modi per “esserci” e per pungolare, criticare, proporre alternative, facendosi sentire in ogni luogo possibile e a tutti i livelli possibili. Forse esiste anche il carisma del rompiscatole. Gilberto Borghi, VinoNuovo, 31-8-2021
13 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO SINODALE (20) E naturalmente ci vogliono fede, coraggio e quello che Rosmini chiamava «spirito d’intelligenza». Siamo davanti ad un cambiamento d’epoca, piccoli aggiustamenti di facciata non servirebbero a nulla. Non abbiamo bisogno di esercizi, rinunciatari e banali, di cosmesi o di chirurgia estetica. Ci vuole il coraggio della radicalità evangelica. Altrimenti il secolarismo rampante ci devitalizzerà; saremmo, allora, davanti – e non sarebbe la prima volta nella storia – ad un fallimento pastorale. Invece ci vuole coraggio, che poi è fede nel Vangelo e docilità al soffio dello Spirito. E, come dice Francesco, «Non dobbiamo avere paura di elaborare strumenti nuovi […] i tempi attuali richiedono intelligenza e coraggio per elaborare strumenti aggiornati, che trasmettano all’uomo d’oggi la ricchezza e la gioia del kerygma, e la ricchezza e la gioia dell’appartenenza alla Chiesa». In Spirito Santo e fuoco. Fulvio De Giorgi, 2-2-2021
18 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO SINODALE (24) C’è una pagina di Resistenza e resa in cui Bonhoeffer legge la devastante esperienza del limite del suo tempo nell’orizzonte di quella di Geremia: “Per molta gente l’impossibilità di pianificare il futuro a cui siamo costretti li obbliga a vivere solo nell’attimo presente, in maniera rassegnata o irresponsabile. Altri, pochi a dire il vero, sognano il futuro di tempi migliori che verranno tentando di dimenticare il momento presente. Troviamo entrambi gli atteggiamenti impossibili per noi, per il cristiano rimane così solo la via stretta, così difficile da trovare, di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo vivendo però nella fede e nella responsabilità – come se ci fosse dato un futuro radioso. Ancora si compreranno case, campi e vigne – dice Geremia giusto poco prima della distruzione della città santa. Si tratta di un segno che viene da Dio e della promessa di un nuovo inizio e di un futuro radioso, proprio quando tutto sembra buio e oscuro. Pensare e agire a favore delle generazioni che verranno essendo però pronti ad andarcene ogni giorno senza paura o ansietà. Marcello Neri, Settimananews, 19-2-2021
20 Set 2021
Dalla pagina fb di Brunetto Salvarani. VERSO IL CAMMINO SINODALE (25) Alcuni di noi saranno per temperamento più conservatori e altri progressisti. Ciascuno deve però valorizzare la vocazione dell’altro. Non ci deve essere rivalità. Alcuni sono cuori e stomaci del corpo di Cristo, che mantengono vivo l’intero organismo. Altre sono mani che si protendono ed esplorano il mondo esterno, testando i confini, la pelle del corpo. Tutti sono necessari e nessuno deve essere disprezzato. La polarizzazione tra conservatore e progressista dovrebbe essere del tutto estranea al cattolicesimo. Timothy Radcliffe, Settimananews, 16-9-2021
06 Ott 2021
VERSO IL CAMMINO SINODALE (41) Vedendo la situazione sociale e politica del nostro tempo penso che, se la Chiesa riuscisse veramente a riformarsi su un livello più sinodale, con ciò che la sinodalità realmente significa per la vita ecclesiale, questo potrebbe essere anche un grande contributo che viene dato pure alle società e alle democrazie contemporanee, che stanno vivendo dei forti momenti di crisi e anche di pericolo. La sinodalità potrebbe essere un modo per annunciare il vangelo non soltanto in termini “personali”, ma anche come Chiesa che sta dentro una società e che lo annuncia anche ai processi “sociali”. Roberto Repole, Settimananews, 27-3-2019
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