Silverio Magno con Leo Taroni e la "pastorale" antimafia nel Grande Oriente d’Italia: perché “affrontare” è più difficile che negare
Redazionale
"Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno", questa frase, pronunciata dell'attivista americano per i diritti civili Martin Luther King, si adatta perfettamente al sessantenne notaio messinese Silverio Magno (in copertina), eminente esponente del Grande Oriente d'Italia e in questi giorni al centro di un eroico tentativo di rilancio morale della più importante e numerosa comunità massonica nazionale.
Le ragioni stanno in una Lettera, semplice e allo stesso tempo dirompente, che Magno ha voluto inviare lo scorso 22 ottobre ai quasi 23mila "fratelli" di Palazzo Giustiniani. In essa la sua candidatura alla carica di Grande Oratore nella Lista "NOI INSIEME" dell'ex Sovrano Gran Commendatore del R.S.A.A. Leo Taroni e un forte richiamo ai valori dell'Antimafia (quella con la "A" maiuscola), dei martiri civili Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Magno, nella sua Lettera, parla senza infingimenti e ipocrisie dello stato attuale del Grande Oriente d'Italia, corroso da «un sempre maggiore svilimento delle nostre peculiari caratteristiche Tradizionali a vantaggio di comportamenti di natura prettamente profana», in cui è «disattesa e vilipesa la Ritualità, che è il centro del nostro vivere insieme» e «trattato con sufficienza e malcelata sopportazione lo studio del Simbolismo», ma – soprattutto – dove sono «ignorati i principi sacri di Libertà, di agire e di pensare, di Eguaglianza, di Fratellanza e di Tolleranza».
Parole molto chiare, capaci addirittura di andare oltre, affrontando il tema "innominabile" dell'infiltrazione malavitosa nella massoneria regolare. Un tabù che è interdizione sacrale anche per molti magistrati, che sanno – aggirandolo – di preservarsi da fastidi tali da mettere in pericolo se stessi e le loro carriere.
Non così per Silverio Magno, che esprime con una nitidezza impressionante un concetto che dovrebbe appartenere alla sensibilità, alla coscienza e alla morale di ogni massone italiano: «l'affrancamento da qualsiasi possibile accostamento alla criminalità organizzata ... non permettendo più che si parli di massomafia o di massoneria deviata, perché la Massoneria è Sacra e non è accostabile a queste nefandezze».
In effetti non sarebbe nemmeno difficile riuscirvi. Perché, seppure totalmente rinnegati dalla attuale Giunta del G.O.I., gli strumenti regolamentari per rendere possibile tutto questo esistono! Prendiamo un caso eclatante: quello di Vito Lauria, Maestro Venerabile della Loggia "Arnaldo da Brescia" di Licata (comune siciliano in provincia di Agrigento), recentemente condannato in via definitiva ad 8 anni di carcere, per concorso esterno in associazione mafiosa, dalla Corte di Cassazione.
Il "venerabile fratello" in questione avrebbe dovuto essere espulso dal Grande Oriente d'Italia, come dichiarato dallo stesso Gran Maestro Stefano Bisi nel corso di un'intervista rilasciata al giornalista Pino Nano il 26 gennaio 2023, in riferimento al caso di un altro "fratello" coinvolto in una operazione antimafia: il campobellese Alfonso Tumbarello (medico di Matteo Messina Denaro). Ma perché questo non è avvenuto?
La spiegazione è molto semplice: perché nel G.O.I. non esiste un potere di espulsione diretta in capo al Gran Maestro. L'unico modo per espellere un "fratello" è quello di processarlo per "colpa massonica" ai sensi dell'art. 15 della Costituzione dell'Ordine, che individua i casi in cui un affiliato si rende colpevole di trasgressione verso gli ideali massonici, tanto nel suo contegno interno alla Comunione quanto all'esterno nella società civile.
Più precisamente l'art. 187 del Regolamento dell'Ordine dispone, al suo 2° comma, che in caso di arresto di un affiliato a seguito di Ordinanza emessa dall'"Autorità profana" (cioè dalla Magistratura statale): «Il Grande Oratore formula una Tavola d'Accusa». Tale Tavola d'Accusa costituisce il mezzo attraverso il quale una condotta dall'accentuato disvalore profano viene ricondotta all'interno dell'Ordinamento giuridico massonico, affinché possa essere successivamente valutata in sede giudiziaria interna (cioè dal Tribunale della Corte Centrale o dai Tribunali Circoscrizionali) e sanzionata – eventualmente – con un Decreto di espulsione emesso direttamente dal Tribunale giudicante.
Il problema nasce proprio in questo: ammettere la colpa massonica per reati connessi a 'ndrangheta, mafia e camorra farebbe crollare la tesi negazionista per la quale si è spesa fino al midollo l'attuale Gran Maestranza del G.O.I., che anche di fronte ai casi più eclatanti ha scelto deliberatamente di fermarsi agli atti di decretazione, senza mai trovare il coraggio per intraprendere le vie giuridiche interne in grado di condurre ad una reale espulsione dei "fratelli" coinvolti in fatti di malaffare. Nemmeno a seguito di condanna definitiva! Preferendo invece ricorrere a veri e propri sotterfugi giuridici, attraverso – ad esempio – l'emanazione di Decreti Magistrali di depennamento degli affiliati coinvolti, che però risultano impossibili a termini regolamentari, dato che il "depennamento" configura una sanzione esclusivamente amministrativa che non solo non è nella disponibilità del Gran Maestro, bensì del Consiglio di Disciplina delle singole Logge, ma è pure destinata ai soli casi di morosità o assenza dai Lavori rituali.
Nel caso specifico, il "venerabile fratello" Vito Lauria si è visto destinatario di un fantomatico Decreto Magistrale di depennamento numerato 431/SB del 20/04/2023[...] Decreto che nonostante la specifica richiesta del giornalista de "Il Fatto Quotidiano" Mario Portanova non è stato mai divulgato. Perché?
Queste le contraddizioni sulle quali si sono abbattute, come un uragano, la trasparenti affermazioni di Silverio Magno e del candidato alla Gran Maestranza Leo Taroni, il quale nel suo programma elettorale è andato anche più a fondo, parlando della necessità assoluta, per il Grande Oriente d'Italia, di sconfiggere quella "mentalità mafiosa", magari del tutto scollegata da reali contiguità con il malaffare, che sta però alla base di ingiustificati comportamenti elusivi del regolamento interno: «Il Fr. Leo Taroni e i Fratelli candidati alla carica di Grande Dignitario, si impegnano a lavorare incessantemente, compiendo ogni necessario sacrificio, affinché il Grande Oriente d'Italia operi, all’interno e nel mondo profano, in modo assolutamente conforme a quanto stabilito dalla Costituzione repubblicana e dalla Legge, nonché in modo rispettoso della sovranità dello Stato e dell’azione della Magistratura e, infine, affinché ponga in essere pensieri, parole e azioni di siderale distanza e di avversione totale, effettiva ed efficace alla criminalità organizzata, specialmente se di natura mafiosa, e anche alla cosidetta "mentalità mafiosa", che costituisce un morbo velenoso e mortifero che non deve trovare dimora nel Tempio della Fratellanza».
La rappresaglia interna
Avremmo voluto fermarci, ancora una volta, alla cronaca, purtroppo occorre dar conto di come l'impegno schietto e il coraggio cristallino dimostrati dai candidati Silverio Magno e Leo Taroni sul fronte dell'Antimafia siano in queste ore sotto attacco dalla parte più retriva del Grande Oriente d'Italia, quella che non accetta, per miope dogmatismo, la "pastorale" portata avanti dalla Lista "NOI INSIEME".
Il "Partito del negazionismo" si fa forte della BALAUSTRA N. 8/SB – 2 Novembre 2023, E. V. emanata l'altro ieri dal Gran Maestro Stefano Bisi, nella quale si spendono parole durissime nei confronti dei due "fratelli" candidati, ai quali si rimprovera di aver rilasciato «alcune improvvide dichiarazioni diffuse in questi giorni all’interno e all’esterno della Comunione», che avrebbero causato «sconcerto e sdegno».
Magno e Taroni sono accusati da Bisi di essere mossi da strumentale e frenetica ambizione, «che offende tutti noi», oltre che "sé stessi" (e qua ci occorre segnalare al Gran Maestro, collega giornalista, che il pronome "sé" si accenta solo quando è isolato, per distinguerlo da "se" congiunzione). Tutto ciò perché «La Libertà non è fare ciò che si vuole», soprattutto in quanto «La Comunione, in questo momento, non ha bisogno di finti redentori o pseudo crociati che sventolano il vessillo di apparenti ed ingannevoli libertà: libero non è colui che può ciò che vuole, ma colui che vuole ciò che deve».
Insomma, farà piacere ai quasi 23mila massoni del Grande Oriente d'Italia apprendere che sul concetto di "libertà" il loro Gran Maestro la pensa esattamente come un altro riconosciuto Alfiere del "libero pensiero": «Il concetto di libertà non è assoluto perché nulla nella vita vi è di assoluto. La libertà non è un diritto: è un dovere. Non è una elargizione: è una conquista; non è un'uguaglianza; è un privilegio!» (Benito Mussolini).
Ed è proprio la libertà così intesa, caro Stefano Bisi, cioè la libertà vilipesa e tenuta al servizio scodinzolante del potere, che costituisce: «merce di scambio per un pugno di voti», non il contrario!
E come li vorremmo vedere i massoni giustinianei "in piedi e all'ordine" ad ascoltare la BALAUSTRA bisiana silenti nel Tempio della Parola, a configurare plasticamente la negazione di loro stessi e delle idealità professate dalla Massoneria universale! (C'è da domandarsi se anche la U.G.L.E. – la Gran Loggia Madre inglese che ha recentemente di nuovo riconosciuto il G.O.I. come "Obbedienza regolare" – potrà continuare a far finta di non vedere e di non sentire per mero interesse metallico).
Bologna, 11 novembre 2023
Secondo l'ormai riconosciuto Canale di informazione massonica de "Il Cavaliere Nero" è già pronta, per i due "fratelli ribelli", la ricompensa... L'"imboscata" si terrà a Bologna, sabato 11 novembre, all'interno del Consiglio dell'Ordine.
Il suo Presidente, Stefano Bisi, sosterrà che Leo Taroni e Silverio Magno lo hanno offeso, lui e l'Ordine, affermando – ovviamente a torto – che il G.O.I. sarebbe invaso da mafiosi (niente di più falso!). Poi prenderanno la parola altri "Consiglieri", i cui nomi sono già stati fatti, che proporranno l'elevazione di una Tavola d'Accusa ai due malcapitati, ad opera dell'Oratore del Consiglio dell'Ordine, così da lasciare pulite (in senso figurato e almeno per questa volta) le mani del Grande Oratore sardo Michele Pietrangeli.
A quel punto sarà tutto nelle mani di Leo Taroni e Silverio Magno. Ai quali qualche amico consiglia già di tenersi pronti a convocare una Conferenza stampa, magari insieme a Mario Martelli, Tonino Salsone e Claudio Bonvecchio, al fine di chiarire, una volta per tutte, come stanno realmente le cose.
Qualcuno, ieri, su "Il Cavaliere Nero" ha scritto che la Storia a volte pone dei punti di cesura: L'unica scelta possibile allora è o di qua o di là, perché nel mezzo c'è solo l'abisso.
Devi accedere per poter commentare.