Studiando e sognando l’«intelligenza della Suprema Architettura dell'Universo». Omaggio a Franco Marchi, il signore degli occhiali, nella nostra via Manno
di Gianfranco Murtas
Sono passati settanta e più anni dacché un giovane cagliaritano allora 23enne si concesse alle singolari prove della iniziazione massonica in un Tempio simbolico assolutamente precario, nella città che ancora presentava, deprimenti e anzi dolorosi, i segni della tragica devastazione bellica di appena un lustro avanti: quel giovane, Franco Marchi, allora studente iscritto a Giurisprudenza (dopo qualche assaggio a Medicina ed anche a Ingegneria) e residente a un passo dal convento dei padri predicatori a Villanova, poi per una vita intera ottico con negozio nella via Manno, è morto l’altro ieri, migrando – come dicono i liberi muratori sardi e di ogni altro luogo dell’universo mondo – all’Oriente Eterno, sempre cercatore e sempre modestamente pago delle sue conquiste. Un galantuomo di coscienza ferma, un gentiluomo di altri tempi, la signorilità e la discrezione fatte persona, e la disciplina ed il rispetto per le altrui opinioni fatti patrimonio morale ed esempio per tutti. Uomo di ascolto, umile e pensoso. Io lo conobbi, giovane come lui allora, quasi mezzo secolo fa e la frequentazione fu per lunghi anni assidua e di vario contenuto. Era il mio ottico di fiducia e insieme la memoria rispondente ad ogni mia interrogazione: sulla Cagliari del tempo novecentesco che non ho conosciuto, sulla Fratellanza massonica dei decenni che non ho conosciuto, e di più ancora nel dopo.
Ho rintracciato, nel mio Archivio storico generale della Massoneria sarda, alcune carte che lo riguardano, e riguardano tanto più la stagione della sua iniziazione: i verbali che documentano le votazioni a cui la sua domanda di ammissione fu sottoposta, le tavole informative che ne riferivano il tratto umano di giovane della classe 1925 ed in affaccio all’età adulta in quel tempo che fu anche, può dirsi, dell’iniziazione di Cagliari e della Sardegna (con l’Italia patria intangibile) al tempo nuovo che s’apriva e bisognava riempire di vita e virtù civica dopo gli sconquassi della guerra fascista.
«È un giovane educatissimo, serio e assennato. Professa la religione cristiana ed è di idee liberali. Appartiene a famiglia rispettata ed onorata. La mamma gestisce a Cagliari un negozio di articoli di ottica nella via Manno ed a Mamoiada possiede una buona proprietà terriera», «È un giovane che merita essere preso in buona considerazione per le sue ottime qualità di cuore e di mente, non facili a trovarsi in certi giovani nell’era attuale», «Giovane di ottima famiglia, serio, intelligente, studioso. Riuscirà un buon massone», scrissero i vari informatori e le loro referenze furono discusse ed accolte come sufficienti, validando il buon giudizio espresso dal presentatore Giovanni Battista Brignardello, coetaneo e collega di studi, impiegato avventizio alla Biblioteca universitaria (e prossimamente in forza alla Banca Commerciale Italiana), di recente ammissione lui stesso.
La sua iniziazione nel 1948 – la data di calendario dovrebbe essere il 15 giugno – fra le Colonne della loggia Risorgimento n. 354 appartenne a quel novero di eventi che cercarono di rilanciare in città il seme sociale della Libera Muratoria che tante benemerenze (pur nel chiaroscuro proprio della umanità all'opera) aveva avuto nell’età bacareddiana, e fino al 1925, fino cioè alla punitiva e minacciosa perquisizione della sede – Tempio e circolo – di via Barcellona ed alla sua conclusiva interdizione per volontà del regime illiberale.
Conquistati i gradi di merito nell’Ordine (quelli di Compagno e di Maestro), Marchi fu accolto, nel 1954, nel Rito Scozzese, il più universale dei Riti che alimentano ancora oggi le speculazioni templari, come si dice, fra Zenit e Nadir, fra Settentrione e Meridione, fra Oriente ed Occidente. Di quel Rito sarebbe diventato con il tempo il dignitario di maggior autorità nell’Isola – Ispettore regionale –, successore virtuoso di quell’Alberto Silicani che aveva segnato di suo, con la testimonianza antifascista fin dal 1922, tanta parte della militanza e dirigenza latomistica, nella fermezza democratica e liberale ed insieme, per il suo personale contributo, nella manifesta sensibilità sociale (e socialista).
Nel foglione del piedilista della loggia – Marchi al numero d’ordine 73 – sono compresi altri nomi che qualche vivida memoria, a dirla guardando al luogo, certamente ridestano nei quidam cagliaritani, e a dirla ripensando alle attività ed alle relazioni, qualche emozione suscitano nei massoni quotizzanti ed appassionati alle migliori idealità della storia: Manlio Ravenna, classe 1908, impiegato al Banco di Napoli, Nicola Valle, classe 1904, bibliotecario all’Università (e poi tante altre cose), Bartolo Cincotta, classe 1915, spedizioniere (originario di quella Lipari a noi cara/discara per il confino a cui furono costretti in contemporanea Emilio Lussu e Domizio Torrigiani il gran maestro del Grande Oriente d’Italia), Arnaldo Mereu, classe 1909, altro impiegato del Banco di Napoli (che tante risorse ha offerto nel tempo, in Sardegna, al sistema delle logge), Paolo Racugno, classe 1917, capo servizio del personale civile dell’Aeronautica (e poi anche campione assoluto di equitazione), Giuseppe Marongiu, classe 1902, professore e preside del liceo scientifico Pacinotti, Pietro Caggiari, classe 1911, vice direttore del Consorzio Agrario…
Furono complessivamente poco più di cento, nell’arco di un decennio circa, i partecipanti alla vita della loggia di prima educazione muratoria di Franco Marchi, loggia costituitasi nel novembre 1944 e per qualche tempo itinerante per quartieri fra Villanova (via Farina) e San Benedetto (via Verdi), Castello (via Università) e Marina (piazza Santo Sepolcro) e Stampace (viale Trento), fino a metter tenda più duratura a S’Ecca Manna: cento ammessi via via, fino al 1954-55 press’a poco, appunto un decennio, tanto quanto durò quella compagine poi rifluita, con altre minori, nel più solido organico della Cavour n. 574, una loggia ex-brancacciana regolarizzatasi nel 1958 nel Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani.
Della Risorgimento era Venerabile, nel 1948, Alberto Silicani – segretario della Camera del lavoro prima della grande guerra e, allora, anche militante riformista, redattore per qualche tempo a L’Unione Sarda, costretto quindi ramingo negli anni della dittatura – succeduto due anni prima a Federico Canepa esponente del liberalismo facente capo all’ex sindaco Gavino Dessì Deliperi ed a Francesco Cocco Ortu jr.al suo esordio amministrativo; copriva le funzioni dell’Oratore, presentandosi sì come uomo delle sintesi dialettiche all’interno della loggia, ma con una forte connotazione “bruniana”, Domenico Salvago, colonnello direttore del distretto militare e grande invalido di guerra. Autorità di peso e specialmente ascoltata, fra le Colonne, era il Fratello Renato Papò, sovrintendente bibliografico nella vita professionale.
Il carattere prevalente nell’ensemble, unificante le diverse propensioni ora moderate ora progressiste coesistenti in un equilibrato mix attorno all’ara della Menorah e della squadra e del compasso disposti sul Vangelo giovanneo, era certamente nella distanza dal confessionalismo guelfo che, nella stagione che preparava o accompagnava la prova elettorale dello storico 18 aprile, si respirava ovunque in città (e non solo in città). Ed a cui rispondeva un greve giacobinismo di classe da parte della sinistra social-comunista, ideologicamente settaria ed altrettanto sgradita alla modesta compagine in conclave nel Tempio muratorio.
Nelle stesse tornate in cui si procedette alla votazione della domanda di iniziazione del giovane Marchi si commentò, con forti accenti critici (e di preoccupazione), il risultato delle urne e il sorprendente grande successo del biancofiore democristiano. Lamentò soprattutto, il Venerabile, le cause che avevano indotto «una notevole maggioranza di elettori» di tradizione democratico-liberale a «tradire il loro partito per votare la Democrazia Cristiana nostra secolare nemica»: cause individuate nella «paura che paventavano del partito comunista».
Questo riporta ancora il verbale della tornata del 25 aprile 1948: «Si augura [il Maestro Venerabile] che la Democrazia Cristiana forte della sua maggioranza non istituisca una dittatura clericale che andrebbe a distruggere la grandiosa opera del Risorgimento. Il popolo italiano sappia ritrovare sempre se stesso ed eliminare la tirannide sia di estrema destra sia di estrema sinistra».
Parole che ben anticiparono e ben seguirono le tante altre che lo stesso Venerabile Silicani spese nella medesima stagione avverso un certo qualunquismo, rozzo di natura e reazionario nella partita parlamentare e civile, confermando nell’arco delle formazioni di cultura riformatrice, liberaldemocratica e socialdemocratica, il campo di riferimento ed ispirazione dei giustinianei. Nessuna destra parafascista, nessuna sinistra similstalinista, ma Mazzini e Cavour erano e dovevano rimanere, nella continuità e negli sviluppi della storia nazionale, i fari ideali della militanza liberomuratoria. (Non diversa, e forse anzi più veemente, fu la presa di posizione della consorella loggia sassarese Gio.Maria Angioy in cui l’elemento repubblicano e, ad esso strettamente legato per la comune radice mazziniana, sardista – sardismo d’un tempo! – pareva prevalente nel totale e di certo idealmente molto motivato fra gli anziani di robusta formazione prefascista ed antifascista, oltreché anticlericale, tanto da non mancare di celebrare, con Mazzini e Garibaldi, Asproni e Giordano Bruno, anche Giacomo Matteotti e don Minzoni, Gobetti ed il Fratello Giovanni Amendola!).
Visse dunque, Franco Marchi, l’esperienza della loggia Risorgimento e poi quella della subentrante loggia Cavour (che il suo Tempio aveva in via Portoscalas). E quando, nel 1959, quest’ultima, fattasi intanto centro assembleare di tutte quante le risorse variamente inquadrabili nella dispersiva galassia liberomuratoria isolana e in specie cagliaritana, deliberò di abbattere le sue Colonne per risorgere in una doppia formazione gemellare – la Nuova Cavour n. 598 e la Libertà n. 599 – Marchi, ormai graduato dignitario scozzese, optò per quest’ultima. Con lui erano una decina di Fratelli, da Battiloro a Zucca, da Todde a Goldstaub, da Fanni a Bertini, da Fano ad Emilio Fadda, a Lucio Salvago… artieri di diversa esperienza non soltanto di loggia ma addirittura obbedienziale. Il decreto di fondazione venne formalizzato a Palazzo Giustiniani il 18 febbraio 1960, e dagli interessati si approvò addirittura un regolamento interno (sulla falsariga di quello del 1893 adottato dalla storica Sigismondo Arquer). La cosa, però, non funzionò. E ben presto, unanimi, i partecipanti deliberarono la restituzione della bolla alla Gran Segreteria e la confluenza nella loggia Nuova Cavour, che allora e ancora per un lustro abbondante, fu la sola officina massonica obbediente al Grande Oriente d’Italia funzionante a Cagliari e nella nuova e bella sede di palazzo Chapelle.
Nel tempo, parallelamente percorrendo gli stadi verticali dello scozzesismo – Camere di perfezionamento Concordia e Nemesi, Sovr. Capitolo R+C Athanor, Subl. Areopago Giorgio Asproni – Franco Marchi ricoperse – sempre richiesto, mai d’iniziativa sua – quasi tutte le funzioni dignitarie della propria loggia e più volte quelle di Maestro Venerabile, ispirandosi al modello che aveva assunto come guida ideale: quello di Alberto Silicani. Del quale in almeno due circostanze – nel 1974, nel trigesimo della morte, e nel 1999, nel 25° di quel doloroso passaggio all’Oriente Eterno – ricordò, con appositi lavori, i tratti umani, di spiritualità profonda che il Patriarca aveva mostrato un’infinità di volte, ma è meglio dire nell’ordinaria quotidianità sociale (e, in essa, nel raggio della Chiesa evangelico-battista che ne coltivò la virtù più intima). Negli enunciati fu allora, da parte del relatore, la fedele rappresentazione dell’uomo virtuoso che si doveva celebrare, ma anche – forse inconsciamente – l’autobiografia morale di chi testimoniava come si fa a presentarsi migliori ogni giorno di più alla scena del mondo. Senza applausi, soltanto per il più segreto e granitico dei bisogni.
Alberto Silicani nelle celebrazioni di Franco Marchi: come uno specchio di se stesso
Nel mio volume Il giusto come fine – biografia di Alberto Silicani uscita per i tipi della Edes nel 2001 unitamente a Diario di loggia. La Massoneria in Sardegna dalla caduta del fascismo alla nascita dell’Autonomia – riportai le parole di Franco Marchi che del suo Maestro volle ricordare la personalità ai tanti che lo avevano conosciuto e frequentato in anni lontani e presentarla a quanti tale opportunità non avevano avuto.
Così dunque nel luglio 1974…
«Egli sentì, appena adolescente, i suoi doveri verso la società, aderendo al socialismo umanitario, intorno alla prima guerra mondiale. Era periodo di polemica del socialismo verso la Massoneria, condotta fino alla dichiarazione d'incompatibilità e alla espulsione dei Fratelli dal partito». Occorreva scegliere: «benché giovanissimo il Maestro Alberto Silicani coerente con l'Iniziazione, non ebbe dilemmi; era già maturo per un ordine di precedenza nei valori».
Venne quindi il fascismo. «Con l'avvento della dittatura, pagò per questa sua fermezza nel dire e nell'agire: perse il posto di redattore nell'Unione Sarda; subì interrogatori, calunnie, e persecuzioni per tutto il ventennio. Seppe soffrire e tacere, è s'addossò spesso responsabilità d'altri Fratelli per salvarli dagli avversari. Negli anni del regime nero, tenne accesa con alcuni Fratelli una fiaccola che servì ad illuminare i Templi al momento della Liberazione».
Nel nuovo sistema di libertà non aggiustò "i conti" con alcuno e riprese a lavorare con nuova lena. «Con il crollo del regime… egli perdonò... mantenne il modesto impiego che gli consentiva appena di vivere con la sua degna ed amata compagna. Non chiese nulla per sé, ma aiutò molti per il riconoscimento dei loro diritti morali sociali di lavoro».
Fu il protagonista della rinascita massonica in Sardegna e nel sud dell'Isola in particolare. «Fu il primo artefice della ripresa dei Lavori nelle Officine di Cagliari e Sassari, il primo nella costruzione delle Loggie di Cagliari ed Oristano».
La Massoneria aveva avuto per lui sempre un'importanza esistenziale. «Anche negli ultimi istanti... tentava ancora, con l'ultimo fiato, di dire la sua Fede Massonica e la sua volontà di continuare il Lavoro nel G.A.D.U.».
La «squadratura della pietra» è l'eredità immateriale che ha lasciato. «La morte, la materia ed energia, la legge ineluttabile che tutto trasforma attraverso il tempo e lo spazio, uccide l'uomo, vince la coesione tra corpo e vita, ferma la sua creatività. Il corpo umano muore, la pietra ritorna pietra, ma la squadratura rimane, un qualcosa, s'è stata vita, resterà e vivrà nel succedersi, nel modificarsi della materia, arriverà agli eredi in opere e pensiero».
Un uomo libero "nel" pensiero, oltre i conformismi, compresi quelli giacobini. «Lo vedevamo, in quei suoi vestiti ordinati, lindi, un po' senza tempo, coprivano un'eleganza povera, una povertà dignitosa e rispettosa. Camminava lieve, negli ultimi tempi incerto, stanco di portare un corpo che ormai presentiva non suo, non più rispondente al suo io... Era un uomo libero, limpido, coerente in una fede religiosa di fratellanza, esempio di bontà e di rettitudine di costumi, le sue intenzioni furono sempre pure, uomo buono di quella bontà che è fortezza, perché conquistata e provata nell'esperienze di una vita combattuta».
La libertà dopo la coazione, la vita dopo la morte. «Un uomo che non usci mai vinto, anche se coartato ed incarcerato, perché quando la fede s'identifica con l'Ideale conquistato da ragione ed intuizione pure, rimane, al di là delle cose, indomita sovrana assoluta libera di vera libertà».
L'uomo virtuoso è destinato a rimanere nell'esempio che sprona tutti al bene. «Voleva chiudere la sua vita con un bilancio in attivo, ma non di cose e di metalli. Tenne solo ad un titolo: quello di Fratello che portò sempre e realmente con merito ed onore... Conobbe il Dovere ed il Sacrifizio. Manifestò i caratteri dell'uomo vero, dell'uomo universale: l'azione del combattente, l'esortazione del maestro, la confidenza ed il consiglio del saggio, la lealtà sincera e disinteressata, il conforto del fratello, il perdono del giusto... Seppe sintetizzare e concretizzare ideale e vivere; fu un Maestro, veramente, in un mondo di profani».
La sua maestria fu in quell'umile applicarsi all'«apprendere continuo». «La nostra Famiglia non ha rappresentanti esclusivi e rifiuta individualizzazioni dei supremi principi, è una scuola d'eguali potenziali, di Fratelli che la servono e la interpretano, d'apprendisti che diventeranno maestri e di maestri che credono in un apprendere continuo. Esiste una scala di valori che Alberto Silicani percorse nei vari gradini, acquisì i supremi diritti e li tradusse in doveri, che sempre coerente manifestò col pensiero e realizzò con l'azione».
Nella "catena d'unione" la memoria perenne di lui, Artiere della tradizione. «Mentre, da un lato profanamente, ci sembrerebbe d'aver perso qualcosa, dall'altra la fede che Alberto Silicani ebbe nella comunione dello spirito c'insegna e ci fa intuire che la sua era "presenza viva". La Catena d'Unione s'è spezzata, materialmente, solo per i sensi dell'apparenza, ma è ben salda nella nostra memoria, nella nostra tradizione riconoscente... Crediamo che la "sua" Iniziazione Suprema gli sia concessa nella Grande Architettura dell'Universo, e raccontiamo ai Fratelli che verranno la storia di un maestro che, già tra queste tenebre, pare un'allegoria di Luce».
Il Tempio e l’Officina: nel 25° dell'addio, memento sempre valido
Fu ancora il Fratello Franco Marchi a riportare, in forma ufficiale e solenne, il nome di Alberto Silicani in loggia, a presentarlo ad Apprendisti e Compagni d'Arte che non lo avevano conosciuto, a rievocarne il tratto, l'umanesimo, la spiritualità, la dignità civica a quei Maestri che lo incontrarono in età ancora giovane nella loro strada, nello spazio protetto del Tempio rituale ed in quello dei Passi perduti, e nella città, nelle relazioni amicali e professionali.
Ecco la vivida, efficace Tavola Architettonica tracciata in suo onore:
«Il ricordo dell'attività del Car.mo Ven.mo Maestro Alberto Silicani mi conferma continuamente il Magistero nella Tradizione Massonica.
«Attuali e validi: Antichi Doveri, Simboli, il Lavoro dei Fratelli in Loggia vanno letti, riletti, meditati, rimeditati, perché non giacciano passivi nella nostra memoria (superficiale), ma approfondendosi rinascano continuamente e con solide radici nutrano ed elevino dritto-verticale l'albero fruttifero della nostra individualità, con una scelta di comportamento secondo una deontologia illuminata: il dovere d'operare per il Bene ed il progresso dell'Umanità.
«Così fece il Car.mo Ven.mo Fratello Alberto Silicani. Uomo vero, inflessibile, coerente costruì secondo le Tre Luci, con esatto uso degli Strumenti Muratori. Grande e modesto, sempre attivo, operante, forte di Virtus, rigido con se stesso, tollerante e prodigo con il prossimo, visse da Maestro Perfetto ogni attimo del suo tempo nella Stretta Osservanza a Gloria del Grande Architetto dell'Universo.
«In Lui pensiero ed azione, Verità e Realtà rimasero coerenti, inscindibili, la sua parola diventava opera concreta, costruì tutto il suo possibile nella L.U.F. con Squadra e Compasso sotto il Delta Vigile.
«Ancora è presente in noi che lo conoscemmo, non ci ha lasciati, rimane senza soluzione di continuità una traccia, un debito, una riconoscenza, una viva eredità d'affetti stimolanti e fecondi.
«Se... per la materia profana nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, a maggior ragione, la necessità in noi verso l'intelligenza della Suprema Architettura dell'Universo; la ricerca, l'intuizione ineffabile verso l'anello mancante tra le due nature umane, l'io non s'annullerà con la vita, col corpo materiale, sono indotto a credere sia atemporale, come viene insegnato dall'esoterica Catena d'Unione nei nostri Rituali Lavori: comunione - continuità.
«Appena all'inizio della Liberazione i pochi Fratelli rimasti uniti, e primo fra questi sempre il più tenace ed attivo il Car.mo Ven.mo Fratello Alberto Silicani, elevarono le solide Colonne ricostruendo la prima Loggia di Cagliari, sulle basi indistruttibili celate nelle loro menti e nei loro cuori. Per cui questo luogo contempera le due accezioni di Tempio ed Officina, ovvero conoscenza iniziatica per operare rettamente nell'Umanità.
«I Lavori interrotti ripresero forza e vigore. Rimane un periodo luminoso illuminante nella storia della Muratoria Sarda».
L’A.D. 1948 (stralci da “Diario di loggia”)
Così, in Diario di loggia, volli rappresentare le fatiche ricostruttive della Massoneria sarda nel 1948 (qui limitatamente a Cagliari, che fece la sua parte in parallelo a quanto fu messo in cantiere a Sassari dai Fratelli della Gio.Maria Angioy n. 355):
Sono 20 le tornate rituali dell'AVL 0005948, in verità sempre più semplicemente 1948 E.V. O almeno, di tante è rimasta traccia nelle Tavole Architettoniche sottoscritte dai titolari delle tre cattedre all'Oriente della Loggia cagliaritana: quattro a gennaio, tre a febbraio, tre a marzo, due ad aprile e altrettante a maggio, una a giugno e così - alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva - a settembre, ottobre e novembre, due infine a dicembre. Altre tre - non registrate o il cui verbale è andato disperso - si deducono da elementi indiretti.
Le Camere di Mezzo sono quattro: il 6 marzo ed il 25 settembre per il conferimento della Maestria ai Compagni d'Arte Mereu e Pani, il 29 giugno per il rinnovo delle cariche, il 23 ottobre per la discussione di alcune questioni d'organizzazione interna.
Non diversamente dall'anno precedente i Lavori mostrano un interesse piuttosto volto alle questioni interne dell'Ensemble - proselitismo, sede... - che non allo studio dialogico dei temi che sono nell'attualità civile della Nazione e dell'Isola.
Né si tratta, va detto, di una scelta tesa ad orientare le energie sulle priorità dell'organizzazione quali si ravvisano, ma piuttosto della conseguenza di una specie di smarrimento o di una stanchezza che pare aver colto i più anziani fra le Colonne, depressi e in difficoltà ad uscire dalla precarietà cui si è indotti da molteplici fattori, prima fra tutti la mancanza di un Tempio vero e proprio.
E così, dunque, ecco la spinta al proselitismo, nella convinzione, o forse nella illusione, che il numero o comunque l'infoltimento dei ranghi con risorse nuove ed esperte del vivere civile e professionale, possa fornire forza e vigore alla compagine. […].
Infoltire i ranghi: un'illusione
Entrano così in Loggia Jago Zucca (il 4 gennaio) - fratello del Fratello Nino, e con lui nipote dell'indimenticato Artiere Cristiano Carboni -, Giovanni Battista Brignardello (l'11), Nicola Valle (il 18), Manlio Ravenna (il 25); seguono Giuseppe Marongiu (il 15 giugno), Francesco Marchi e Paolo Racugno, e quindi, rispettivamente il 14 ed il 21 novembre, Pietro Caggiari ed Enrico Frau (sono, questi, giorni anche di speciale mestizia per il recentissimo passaggio all'Oriente Eterno del Gran Maestro Guido Laj).
La sequenza delle votazioni inizia per altri tre (Cadeddu, Zanda e Cirina), mentre per altrettanti (Dettori, Pischedda e Ancis) non si va oltre l'acquisizione delle Tavole informative. Soltanto due domande vengono respinte, mentre altre […] vengono trattenute sotto Maglietto, nella convinzione che il profano «non sia ancora preparato a far parte dell'Istituzione».
Occorrerebbe domandarsi perché la sorte delle ben 19 domande pervenute nell'anno si areni al termine (per quasi tutte) del loro iter amministrativo e se ne rinvii l'attesa conclusione rituale a tempo da destinarsi. La risposta è probabilmente nella presa di coscienza della inopportunità di procedere ancora a piè sospinto con le ammissioni, data l'impreparazione rituale (e della stessa filosofia iniziatica) della maggior parte degli Artieri, ed anche, chissà, nella considerazione della urgenza di adottare una linea di prudenza in un momento nel quale la politica nazionale (e regionale) ha visto la solenne e scabrosa vittoria della Democrazia Cristiana alle elezioni del 18 aprile.
Sulla materia giungono, in effetti, pressanti inviti alla prudenza.
Per questo, del corposo pacchetto sul tavolo del Venerabile recante le firme dei profani […] che avranno da attendere svariati mesi prima di varcare la Porta d'Occidente. Quelli, almeno che concluderanno positivamente l'istruttoria. […].
Nel corso della tornata dell'11 gennaio si dà lettura della già nota circolare del GOI che gira alle Officine la viva raccomandazione venuta da Grandi Logge estere «di stare in guardia nel vagliare attentamente alcune domande d'iniziazione di profani indesiderabili per la loro indegnità morale e disonestà». E se pure il Fratello presentatore pare talvolta scalpitare per l'infelice esito che si prospetta nella votazione che più gli interessa, non si danno mai indebite interferenze […] e pressioni che possano disturbare la serena espressione delle Colonne. Così anche è sempre rispettato il patto fra gentiluomini, e più ancora tra Fratelli, teso a giustificare l'eventuale pallina nera depositata nel sacco che circola per raccogliere il giudizio definitivo del Cor unum.
Il 5 maggio l'argomento torna nella discussione fra il Venerabile ed alcuni Artieri di diversa esperienza anche massonica - da Valle a Frau, da Degioannis a Floris a Salvago sr. -, almeno per quel particolare aspetto che attiene a come «avvicinare il profano per portarlo a conoscenza di varie notizie inerenti la Massoneria». Le opinioni non collimano e, passando infine alla conta, prevale la linea di prudenza che esige la esclusione di qualsiasi traccia scritta. […].
Sempre discreto, ancorché meno elevato dell'anno precedente, è il numero degli ospiti che intervengono alle tornate rituali: dai bosani Poddighe e Todde (presenti ai Lavori, quando il Venerabile commemora il padre del secondo dei due, «per le sue doti massoniche e specialmente come iniziatore delle opere di beneficenza») al sassarese Tonossi […], ai "continentali" Priamo Porcu dell'Oriente di Verona, Basile della Romagnosi capitolina, Abbate della palermitana Bios, Curati della Gran Loggia Libera di Trieste.
E a proposito. Aprendo i Lavori del 21 marzo, con lo spirito patriottico che gli è proprio, il Venerabile si dichiara «felice» della prospettiva che si delinea «per la restituzione alla madre patria della italiana città di Trieste».
Inutile negarlo; la Risorgimento ancora paga la sua precarietà "circolare": sede, tesoro (il GOI ha diffuso il 28 dicembre 1947 le nuove tabelle: le capitazioni sono passate a 400 mattoni; e il 10 aprile 1948 il rimbrotto alle Logge inadempienti verso il Tesoro centrale), frequenza ai Lavori.
La media delle presenze, soprattutto alla ripresa autunnale, e del tutto insoddisfacente - attestandosi essa su un media di 15 unità per volta […]. V'è chi pensa che una delle ragioni dell'assenteismo sia la scelta del giorno di riunione: sicché ad aprile viene deciso, su proposta del Fratello Valle, di abbandonare la domenica e di spostarsi al martedì, ore 20,30 puntuali. […].
Guardando agli altri Orienti e Zenit
Sempre vigile è l'attenzione della Loggia per quanto si muove nelle diverse Valli sarde: sono ancora numerosi gli iniziati che hanno vissuto la propria esperienza latomistica soprattutto nel periodo prefascista e che hanno di fatto abbandonato la militanza attiva per ragioni soltanto pratiche, riconducibili cioè soltanto alla assenza di strutture organizzate nel loro Oriente. Fra essi gli iglesienti e sulcitani - già visitati dal Pot.mo Silicani -, il cui saluto giunge all'Officina attraverso il Fratello Tonossi, che li ha incontrati ai primi di marzo.
È per questo che fin dall'inizio dell'anno il Venerabile ha proposto di costituire «una deputazione» che si prenda l'incarico di visitare Valli, Orienti e Zenit, per godere di quanto è stato ormai realizzato - a Bosa, a Sassari, a La Maddalena - e per dare una mano ad innalzare Colonne là dove si potrebbe e ancora non si è fatto.
Nel corso dell'anno, l'aggiornamento sia pure rapsodico del notiziario farebbe pensare ad iniziative finalmente di nuovo impianto, ma - tolta Bosa - non si dà occasione concreta per realizzare alcunché. Cagliari ha da pensare, prima di tutto, a Cagliari...
Ma se tutto rimane in sospeso per quanto riguarda lo sviluppo del radicamento sul territorio isolano, non mancano le belle notizie riguardanti la carriera rituale di Fratelli impegnati nello Scozzesismo: a gennaio è arrivata la promozione al XXX grado per il Fratello Ajello, ad aprile il XXXII per il Fratello Carruccio, entrambi della Loggia e del Capitolo sassarese (ma Ajello è stato fra i "ricostruttori" della Risorgimento cagliaritana, nel 1944). Riconoscimento anche al Fratello Salvago: pure per lui il meritato brevetto di Grande Eletto Cavalier Kadosch, Cavaliere Dell'Aquila Bianca e Nera.
Il Fratello Salvago è, con il Pot.mo Silicani, la vera autentica colonna della Risorgimento. Ad essa, da febbraio, egli può donare altre e nuove risorse di pensiero e di lavoro atteso che, raggiunti i limiti di età, deve lasciare il servizio attivo nell'Esercito. Ricevendo l'augurio di «buon meritato riposo» portogli dal Venerabile, egli conferma la sua generosità e culturale e... materiale, offrendosi di accogliere sotto il suo patronato un giovane particolarmente bisognoso segnalatogli dal Fratello Papò.
Palazzo Giustiniani e le relazioni estere
Nella seduta del 18 gennaio il Fratello D'Andrea, «nell'occasione che la Massoneria all'obbedienza di Palazzo Giustiniani è stata nuovamente accolta nella Massoneria universale dell'America», propone un ordine del giorno di auspicio a che «ben presto venga rivendicata la proprietà di Palazzo Giustiniani».
Il documento incontra, naturalmente, l'unanime consenso della Loggia ed è motivo per un approfondimento della materia. Ora che è venuto da alcune importanti Gran Logge d'oltre Atlantico l'atteso riconoscimento, è da ritenersi che la forza contrattuale della Massoneria italiana nei confronti dell'amministrazione competente (il Demanio, e per esso, il Senato prossimo venturo della Repubblica) si sia irrobustita sensibilmente. Portano il loro contributo, in particolare, col Venerabile e l'Oratore, il Primo Sorvegliante Frau Piras ed il Pot.mo Branca, buon conoscitore della intera questione.
Già dalla tornata successiva e per una decina di altre - fino a dicembre inoltrato - inoltre, la Loggia si impegna nell'esame del progetto di nuova Costituzione - usa preferirsi però il plurale: Costituzioni (o Costituzioni Generali) - del Grande Oriente d'Italia.
Inizia, il 25 gennaio, il Venerabile Silicani dando lettura della circolare n. 21 datata 13 gennaio 1948, riguardante il Consiglio dell'Ordine tenutosi a Roma nei giorni 15, 16 e 17 dicembre 1947 e, di seguito, tracciando a brevi linee il complesso articolato che dal centro viene rimesso al giudizio dell'intera Comunione.
A firma del Gran Segretario Francocci, la circolare n. 21 è assai importante anche per la messe ordinata di notizie che essa offre alla diretta conoscenza delle Logge, riportando la parte sostanziale dell'allocuzione del Gran Maestro nella recente assemblea dei Rappresentanti delle diverse Circoscrizioni territoriali.
Proprio in apertura di seduta, il Ven.mo Laj ha riferito «intorno alla situazione internazionale dell'Ordine e ai suoi rapporti iniziati con i Grandi Orienti e le Grandi Loggie estere. Ha comunicato pertanto che già otto Grandi Loggie degli S.U. d'America, la Gr. Loggia di Francia e il Grande Oriente di Francia hanno dato il loro riconoscimento ufficiale alla nostra Famiglia e hanno con questa intrapreso relazioni dirette; oltre di ciò sono stati da noi presi contatti con il Grande Oriente del Belgio, con la maggior parte della grandi Loggie d'America del Nord e con le altre Grandi Loggie dell'America Latina. [...] quanto sopra si è conseguito senza insistenza di richieste da parte nostra, senza polemizzare e senza inveire contro uomini e organizzazioni irregolari, mirando semplicemente a raggiungere spontanei attestati di estimazione, quali conseguenza naturale di un Ordine costituito su principi regolari e su purezza di propositi e di fede».
Circa le possibili intese con altre Obbedienze operanti sul territorio nazionale, il Gran Maestro ha dichiarato la disponibilità del GOI, «purché si tengano fermi i seguenti punti: 1°) Distinzione precisa tra l'Ordine e i Riti; 2°) Esame preventivo della posizione di ciascuno dei Fratelli coi quali ci si deve unire».
«Quanto è avvenuto o sta avvenendo nelle altre organizzazioni, alcune delle quali si trovano in evidente stato di crisi, dimostra a sufficienza - aggiunge il Gran Segretario riferendo le dichiarazioni del Magister Maximus di Palazzo Giustiniani - che il procedere lento e le cautele adottate erano quanto mai giuste e opportune. Le Supreme Autorità dell'Ordine continuano a perseguire l'intento di raggruppare intorno alla nostra Famiglia quanto di massonicamente sano esiste in Italia al fine di formare una compagine salda ed efficiente di veri Massoni. Da parte loro alcuni dei nostri Fratelli chiedono insistentemente fusioni affrettate e complete, altri deprecano qualsiasi fusione, perché vedono il pericolo di perdere la serietà caratteristica e la purezza particolare della nostra organizzazione; il che sta a dimostrare quanto sia poco agevole prendere determinazioni sia in un senso che nell'altro, e come sia fortemente necessario che si continui ad auspicare realizzazioni di fusioni, ma si proceda con metodo prudenziale e discriminativo».
Il Gran Maestro si è pure occupato del quadro politico nazionale nel quale si inseriscono i vitali interessi della Comunione giustinianea. La propugnazione del principio democratico «nell'ordine politico e sociale» in diretta conformità al superiore trinomio «Libertà, Uguaglianza, Fratellanza» impone al Grande Oriente d'Italia una certa presenza sulla scena civile del Paese ora alla vigilia delle elezioni per il suo primo parlamento repubblicano. «Il fine della nostra Istituzione è il bene della Umanità attraverso il perfezionamento dell'uomo; e poiché tale fine non è conseguibile se non attraverso il progresso sociale, la Massoneria non può, a priori, opporsi ad alcuna riforma della struttura sociale che tal fine persegua e ritenga di conseguire. L'esigenza della giustizia sociale, che fu affermata dal grande spirito di Giuseppe Mazzini, è fondamentale per la Famiglia Massonica.
«Il metodo della nostra Istituzione è il perfezionamento degli uomini attraverso la libertà, il perfezionamento degli organi sociali attraverso la libertà politica: a nessun patto e per nessun fine noi dobbiamo rinunciare alla difesa strenua e incessante - della libertà politica. In questi principi noi possiamo trovare il nostro sicuro indirizzo: la Massoneria italiana deve propugnare i grandi interessi della Patria italiana nel mondo internazionale; deve volere l'indipendenza politica da qualsiasi nazione o gruppo di nazioni; deve all'interno combattere i partiti reazionari, comunque si denominino o si ammantino [...], e qui partiti che, accettando o dicendo di accettare i postulati democratici, abbiano nei loro programmi la negazione del primo, di questi postulati: lo Stato aconfessionale».
Dibattendone […] il 15 febbraio, il Venerabile Silicani legge una Tavola del GOI contenente le bozze […] del progetto di Costituzione (circa 200 articoli) ed invita i Fratelli - tutti - secondo anche la sollecitazione pervenuta dalla Gran Segreteria con specifica circolare a «pronunciarsi in merito». Così avviene, da subito.
Ecco, in rapida rassegna, con stralci dalle Tavole Architettoniche ufficiali, le delibere della Loggia Risorgimento, che si susseguono lungo ben sei tornate: 15, 22 e 29 febbraio, 6, 14 e 21 marzo:
- articolo 1: letto, approvato all'unanimità per alzata di mano. Esso dice testualmente: «La Massoneria è universale. Intende alla elevazione morale, materiale e spirituale dell'uomo e della umana famiglia. Coloro che vi appartengono si chiamano Liberi Muratori e si raccolgono in Comunioni Nazionali»;
- articolo 2: […]. «La Loggia non fa politica»: «Prende per ultimo la parola il M V illustrando ampiamente le finalità dell'art. 2 dopo di che propone la seguente modifica "La Comunione italiana ha per divisa il trinomio Libertà-Uguaglianza-Fratellanza e si raccoglie sotto la formula tradizionale AGDGADU"»; posto ai voti con tale modifica, riceve 14 sì e 2 no;
- articoli 3, 4, 5, 6, 7, 8 approvati ad unanimità per alzata di mano;
- articolo 9: […] approvazione unanime;
- articolo 10: proposta dal M.V. una «lieve modifica»; […] risultato 15 favorevoli, uno contrario;
- articoli 11, 12, 13: approvati ad unanimità;
- articolo 14: «se ne sospende la votazione (rinviata) ad altra tornata»;
- articolo 15: […] «messo ai voti si delibera l'abolizione all'unanimità»;
- articolo 16:[…] approvato ad unanimità;
- articolo 2: «viene confermata l'approvazione per alzata di mano»;
- articolo 10: i Fratelli Salvago e Cancedda «scambiano alcuni punti di vista»; messo ai voti viene approvato;
- articolo 14: […]. «Dopo matura delucidazione su alcuni punti il M.V. lo pone ai voti per il rigetto a mano. Prima ancora della votazione però il Fr. Papò ha voluto far presente che in sede di decisione si tenga conto di quanto ha egli espresso al riguardo, ed avutane assicurazione dal M.V. si procede alla votazione. Si è d'accordo nella nozione Papò»;
- articolo 15: «se ne conferma l'abolizione all'unanimità»;
- articolo 8: […]. «Si conclude che si terrà conto delle delucidazioni rese dei FFr. Papò e Salvago, anzi il M.V. prega il Fr. Papò perché nella prossima tornata porti uno schema di varianti da apportare a tale articolo. Il Fr. Papò aderisce di buon grado ed assicura in conformità»;
- articolo 16: approvato ad unanimità;
- articolo 17: […]. «Questo art. viene lievemente modificato e, messo così ai voti, viene approvato»;
- articolo 18: […]; proposte alcune modifiche che sono accolte;
- articoli 19, 20: approvati come nel testo;
- articoli da 21 a 54: approvati come nel testo, con interventi però, relativamente agli articoli 32, 36, 38, 52 e 54, dei Fratelli Branca, Papò, Frau, Salvago, Valle, Montaldo, del M.V. e dell'Oratore;
- articoli da 55 a 102, approvati all'unanimità per alzata di mano. «Alla lettura dell'art. 87 sorge una discussione fra i Fratelli Frau, Salvato, Mameli, Floris, Silicani, Cancedda che viene riassunta dal M.V. mettendo in votazione la proposta sulla variante al detto articolo»;
- articoli da 103 all'ultimo: approvati all'unanimità per alzata di mano;
- articolo 108: interventi dei Fratelli Tonossi, Floris, Frau, Fadda, del M.V. e dell'Oratore. «Si è chiesta l'abrogazione all'unanimità»;
- articolo 106: «si è deliberata la seguente aggiunta: "accusato della colpa di cui all'art. precedente, cioè dell'art. 105"»;
- articolo 2: per eventuali modifiche, interventi dei Fratelli Floris e Fadda «ai quali chiarisce il M.V. sul concetto di "principio democratico" e previa conclusione del Fr. Oratore questo articolo dopo esser stato messo ai voti rimane invariato»;
- articolo 8: il Fratello Frau «propone una lieve modifica che però non viene approvata. Rimane pertanto invariato questo articolo».
La discussione si esaurisce nella tornata del 21 marzo, quando il Venerabile comunica che «tutti gli articoli del progetto di costituzione sono stati esaminati». Messo ai voti con le proposte correttive l'articolato viene approvato «all'unanimità per alzata di mano». Si è dovuta superare una difficoltà il 6 marzo quando, da parte dei Fratelli Frau e Branca, si è cercato di portare in Camera di Mezzo la discussione. Il Venerabile ha opposto che volontà delle supreme istanze dell'Ordine era quella «che la discussione avvenisse in Loggia, e cioè in Camera d'Apprendista».
Peraltro, da parte sua, l'Oratore Salvago ha fatto presente l'intempestività della richiesta, atteso che circa i due terzi dell'intero articolato era stato già esaminato e votato, sicché - ha aggiunto - «si può benissimo, senza inconvenienti, ultimare la discussione in Camera d'Apprendista con la sola variante che venga evitata l'animata discussione e che soltanto si accettino i chiarimenti». Opinione condivisa dall'intera Officina anche se forse, nel pratico svolgimento del dibattito, non si è badato più di tanto alla differenza di anzianità e dunque di ricettività delle osservazioni.
Intanto è pervenuta copia del decreto n. 173 del Gran Maestro che indice in Roma (presso Palazzo Brancaccio, via Merulana 248, sotto l'insegna "Ente di Studi Filosofici e Sociali") per il 23 maggio l'Assemblea Generale Costituente, cui parteciperanno tutti i Maestri Venerabili delle Officine regolarmente costituite e funzionanti, o i loro delegati.
Investire in cultura (laica)
Ad aprile si terranno le elezioni parlamentari, e l'intero Paese è da tempo preso dalla febbre della scelta campale. Fra i due grandi schieramenti in competizione - i democristiani da una parte, i socialcomunisti dall'altra - sono le minoranze della democrazia riformatrice (repubblicani e socialdemocratici) e liberale (il PLI). La Massoneria, evidentemente, condivide gli orientamenti etico-culturali presenti nella cosiddetta "terza forza", pur se in essa non possa identificarsi.
Nell'imminenza del voto politico, la posizione del Grande Oriente d'Italia è, necessaria e lineare, questa esposta dal Gran Maestro Laj in occasione del Consiglio dell'Ordine del dicembre 1947: «pur senza contrastare nessuna formazione popolare allo scopo di non rafforzare con nuovi apporti gli schieramenti reazionari, e pur lasciando a ogni Fratello libertà di condotta nell'ambito della coerenza agli ideali massonici», appare consono alle finalità della Libera Muratoria - ha sostenuto il Magister Maximus giustinianeo - «agevolare il successo di quei partiti che, in forme diverse e sotto diverse denominazioni, rispettano i veri princìpi della democrazia e della libertà e favorire altresì, quando sia possibile, un'azione concorde ditali partiti».
Il 4 aprile il Venerabile Silicani intrattiene i Fratelli sul significato epocale dell'appuntamento con le urne, ormai alle viste. Esponendo, sia pure per sommi capi, quello che egli ravvisa essere lo stato politico dell'Italia, esorta tutti a «votare quei partiti che godono la fiducia della Massoneria», elencando quelli che - dice «si sono non solo manifestati contrari alla nostra Famiglia, ma che si sono schierati come aperti nostri nemici». Conclude auspicando il trionfo della «vera e sana democrazia che dia all'Italia pace, libertà e giustizia». I Fratelli votino «secondo la propria coscienza e non dimenticando la Patria e la Massoneria».
Anche al di là della contingenza elettorale, un po' in tutte le Logge della Comunione, è comunque presente il bisogno di investire in crescita culturale, qualificando le tornate rituali con l'approfondimenti dei temi cruciali della storia ideale del Paese e del mondo. Questa è anche la proposta formulata, fra le Colonne della Risorgimento, dal Fratello D'Andrea: almeno una tornata al mese sia dedicata a un argomento culturale. […].
A marzo sono giunti a Cagliari, spediti dalla Gran Segreteria, i soliti 50 manifesti mazziniani che sono stati affissi alle cantonate delle strade cittadine. L'Officina che non vuol mancare di rinnovare alla cittadinanza il suo messaggio ideale. Alla tornata commemorativa dei defunti, l'orazione ufficiale in cui echeggiano i migliori valori della scuola mazziniana sposati a quelli della spiritualità massonica, è stata tenuta, su proposta del Fratello Valle accolta con convinta unanimità dal Venerabile e dalle Colonne, dal Fratello Papò.
Le delibere interlocutorie della gius.Costituente
[A fine maggio l'Assemblea Costituente della Comunione giustinianea affida] ad una commissione ad hoc l'incarico di raccogliere, ordinare e selezionare la notevolissima quantità di proposte correttive o integrative della bozza originaria.
La nuova convocazione dell'Assemblea straordinaria di tutti i Maestri Venerabili o delegati di Loggia in veste costituente sarà per il febbraio 1949, e la Comunione avrà dunque tempo e modo per ancor meglio valutare le soluzioni e formulazioni più opportune per l'adeguamento dell'impianto normativo del GO! alle nuove esigenze.
L'approvazione a larga maggioranza della Relazione morale letta dal Gran Segretario, e - con risultato di unanimità - di quelle del Gran Tesoriere Cortini (che ha gestito personalmente le numerose trattative approdate ad accordi con varie Obbedienze estere) e dei Grandi Architetti Revisori, [ispira] un senso di fiducia in tutti i partecipanti. Ancor più tale sentimento espressivo del Gran Cor unum liberomuratorio [pare] materializzarsi allorché [si] delibera «d'inviare, in coincidenza con la commemorazione del XXIV Maggio, una Commissione di Venerabili ornati delle loro insegne rituali, a deporre in onore del Milite Ignoto una grande corona di lauro a nome della Mass. Italiana..., all'Altare della Patria, a piazza Venezia», nonché «di far deporre un'altra corona commemorativa all'ingresso delle Fosse Ardeatine, dove caddero, tra tanti martiri, - ricorderà lo stesso Pot.mo Laj - molti nostri Fratelli di fede».
Pari emozione [coglie] l'intera Assemblea allorché il pensiero nostalgico si [porta] alla città di Trieste e si [dà] corso ad uno scambio di messaggi con il Gran Maestro della Massoneria del Territorio Libero di Trieste. «Il Tronco della Vedova fu devoluto in favore delle Opere condotte dalla R. Loggia di Gorizia, sentinella avanzata di italiani ai confini della Patria» […].
Alla Risorgimento, Silicani ter
Martedì 29 giugno, il Cor unum cagliaritano punta, per la terza volta, sul Pot.mo Silcani quale sua guida. Non è che manchino i dissensi, s'intende - l'eletto raccoglie 22 suffragi su 27 e l'unanimità di un tempo è acqua passata -, però il sentire comune è, fra le Colonne, cosa reale ed ogni diversa opzione non riflette ostilità ma piuttosto una diversa sensibilità sul modo che si ritiene più idoneo per la conduzione dei Lavori muratori.
Il nuovo collegio dei Dignitari comprende, come Luci, i Fratelli Goffredo Mameli ed Antonio Pau (gradi XVIII e IX del RSAA), rispettivamente Primo e Secondo Sorvegliante (eletti con 19 e 20 voti su 27), Sebastiano Atzeni Oratore (21 voti), Mauro Fausto Bartoli Segretario (21 voti), Mario Degioannis Tesoriere (25 voti).
Su proposta del Venerabile gli altri Uffici sono così assegnati: Luigi Cancedda Oratore aggiunto, Enrico Zedda Esperto, Pietro Abbate Maestro delle Cerimonie, Umberto Campagnolo Elemosiniere, Enrico Fioris Ospitaliere, Luigi Pani Maestro di Casa, Jago Zucca Copritore interno, Giovanni Battista Brignardello Copritore esterno. […]
L'allocuzione del Pot.mo Cipollone
Ancora gravemente impedito il Ven.mo Gran Maestro Laj, spetta al Pot.mo Primo Gran Sorvegliante Cipollone [firmatario nel 1924 del manifesto – liberaldemocratico ed antifascista – Amendola, insieme con uomini come Einaudi e Cocco Ortu sr., Bonomi e Calamandrei, La Malfa e Salvatorelli, De Ruggiero, Carlo Sforza e Nello Rosselli, e con Fratelli massoni come Mario Berlinguer e lo stesso futuro gran maestro di origini cagliaritane Guido Laj] pronunciare l'allocuzione di rito in occasione dell'annuale agape dei Fratelli della Valle del Tevere.
[Eccone i passaggi più significativi riportati dalla Circolare n. 30, in cui non mancano i riferimenti critici a talune parti della costituzione repubblicana, tanto più circa i rapporti Stato-Chiesa e il permanente rischio di confessionalismo cui la Repubblica si espone]: «I nostri Padri e noi anziani celebravamo la ricorrenza di oggi come una delle più grandi Feste nazionali... La Breccia di Porta Pia fu aperta verso Roma, ma anche verso l'Umanità: per l'Italia, con l'unità raggiunta fu la conclusione nobile ed eroica di un lungo periodo di sacrifici e di martini; ma per il mondo intiero fu la vittoria nella lotta secolare per la fine del maggiore equivoco spirituale, per la caduta del potere temporale, per la vittoria della libertà di pensiero e di coscienza, che è rispetto assoluto anche delle Religioni...».
Ancora: «Per le tradizioni del nostro Risorgimento non vi era una "guerra religiosa" per cui dovesse concludersi una "pace": i Grandi di esso (e nella stragrande maggioranza erano cattolici sinceri) vollero proprio - con il rispetto - la elevazione del ministero religioso; e - proprio un secolo fa - lo Statuto della Repubblica Romana (la prima "breccia" aperta per la caduta del potere temporale) - ispirato e dettato da Massoni insigni - sancì tra i principi fondamentali (art. 7): "Il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica tutte le guarentigie per l'esercizio indipendente del potere spirituale"; correlativo l'altro (art. 6): "dalla credenza religiosa non dipende l'esercizio dei diritti civili e politici"
«Dopo la breccia di Porta Pia, nessuna - largamente concessa - guarentigia fu accettata; lo Stato Italiano fu considerato un usurpatore, e fu avversato nell'interno e più all'estero, onde penoso fu il periodo del suo consolidamento; il dominio temporale perduto fu sempre rivendicato; e - da quando nessuna guerra era stata, e sarà mai fatta, alle religioni, che debbono essere rispettate (e proprio per noi Massoni è religiosa la concezione della vita), come rispettati debbono essere i Sacerdoti, in quanto espressione nel magistero spirituale della fede professata - venne chiamata "pace religiosa" (luogo comune, di cui anche oggi si abusa) quell'accordo che il deprecato fascismo ebbe a concludere nel 1929 nell'idea folle di fare della Chiesa Cattolica strumento del suo triste dominio. Non poteva esservi "pace" perché non vi era "guerra religiosa", ma fu parziale abdicazione dei poteri dello Stato, ristabilimento di un potere teocratico più forte di quello temporale di un giorno, limitazione dei diritti dei cittadini (che dovrebbero essere eguali tutti innanzi alla Legge), creazione di privilegi e di poteri in menomazione dei principi di libertà e di uguaglianza. La tradizione del nostro Risorgimento fu rinnegata...».
Ed inoltre: «Caduta la tirannide fascista, è rimasta opprimente quella confessionale; e giorno per giorno si accentua l'azione per l'integrale asservimento dello Stato, per cui il potere teocratico dispotizza in questo... per procura: siamo tornati ai tempi del più nero medioevo.
«Gli artefici del nostro Risorgimento vollero la Breccia di Porta Pia; e sembravano con questa raggiungere le idealità, per cui tanti eroismi e sacrifici erano stati compiuti e tanto sangue versato, donde era festa per essi ricordare tale evento.
«Oggi sono gli altri a festeggiare e a benedire tale evento (per cui a suo tempo scagliarono i fulmini della scomunica) perché il piccolo potere temporale perduto è stato compensato impreveduta-mente da un dominio più grande, quale quello ora esercitato in tutta la Nazione. E atto quindi di "accoramento" il ricordo di questa data per quanti vedono con tristezza ammainata una bandiera gloriosa! E questo lo stato di fatto ed il pericolo contro il quale siamo insorti e protestiamo; e si osa tacciarci di antireligiosi, mentre noi intendiamo solo tenere con mani pure dispiegate quella bandiera, ricordare Aspromonte, Mentana, Villa Glori, Monti e Tognetti e la Repubblica Romana…».
Insiste più oltre, l'Ill.mo Primo Gran Sorvegliante, su principio e valore che la Massoneria non è «un partito o un aggruppamento di partiti politici»: «Sono accolti da noi uomini di qualunque parte, o scuola o credenza (appartengano o non appartengano a partiti politici) purché - oltre i requisiti di probità assoluta - siano desiderosi di ogni giusta riforma, di ogni onesto miglioramento, liberi da qualsiasi vincolo che ne impedisca la libertà del pensiero e dell'azione: uomini convinti e pugnaci, non sospettabili di insincerità, di tiepidezze, di pentimenti, di defezioni.
«Si tenga presente che il fine primo della nostra Associazione Mondiale è squisitamente etico, spirituale, iniziatico e mira al perfezionamento degli aderenti, volti - nell'amore fraterno - ad apportare la maggiore possibile dignità e felicità al genere umano.
«Dai nostri Lavori devono avere bando le asprezze che possano derivare dalla disparità di principi e di credenze (perché i Massoni debbono ricercare il maggiore affratellamento in quelle finalità che rendano possibile la loro operante convivenza): ecco il segreto e la forza della nostra secolare Istituzione, e per i quali tutti sono considerati "fratelli".
«Massoni... sono quelli che non anelano se non a fare bene, a fare ogni giorno, ogni secolo meglio. Sono questi i veri uomini, di questi di compone la vera umanità...».
Infine, ancora come istruzione certa e definitiva: «Nostro compito speciale è di rispettare e far rispettare l'ordinamento costituzionale liberamente costituito, quale legge fondamentale dello Stato democratico, perfezionandolo sempre più; di difendere sinceramente le pubbliche e private libertà (da considerarsi patrimonio intangibile) contro ogni violenza che tenti conculcarle, contro ogni fronte che cerchi di insidiarle; di dare adesione a tutte le riforme economiche e sociali che tendano all'elevamento morale e materiale degli umili». […].
Addio Gran Maestro Laj!
La Giunta Esecutiva il 10 novembre emana una circolare informativa che ha il tono ed il respiro della Balaustra: «Una grande luce si è spenta: Guido Laj non è più. La famiglia ha perduto il sostegno e l'affetto del Suo grande cuore: la Patria rimpiange il combattente per la libertà, il magistrato e l'amministratore dalla intemerata coscienza, il pubblicista e l'interprete autorevole di un'alta idea di elevazione; l'Ordine Massonico non ha più la guida sapiente, l'esempio ammonitore, la fiaccola luminosa.
«Fratelli, l'anello d'oro della nostra simbolica catena si è spezzato. Il rammarico è immensurabile, il compianto unanime, il vuoto profondo. Egli aveva gagliardamente operato per il bene dell'Ordine, per la formazione di una salda e laboriosa compagine massonica, per la valorizzazione della Comunione Italiana presso i Supremi Consessi della Libera Muratoria Universale. Anelava ora con fermo proposito di dare all'Ordine quella nuova norma costituzionale, che dovrà rappresentare l'abbrivio e il viatico per il cammino di domani, onde l'istituzione, risorta dopo le oppressioni e le soppressioni e redenta dal sacrificio, potesse, corroborata dall'unione di tutte le forze pure e vitali e dall'armonia di lutti gli spiriti iniziatici, riprendere tra gli uomini la sacra tradizionale missione di fratellanza, di giustizia e di verità.
«Un destino avverso ha interrotto l'adempimento del dovere che Egli si era imposto: la mirabile impresa è restata incompiuta. Ma vive e oltre di Lui e illumina le nostre coscienze la parola con la quale Egli segnava i l'lui e i confini del nostro travaglio: resta il monito, l'esempio, l'eredità del costume e del pensiero. La parola, dunque, non è smarrita, e la simbolica catena può ricomporsi nella concordia degli spiriti, nella sintesi possente dei valori, nella luce dell'antica e rinnovellantesi certezza.
«L'ora storica presente non ammette indugi e inerzie: il comandamento, che si diparte dall'Oriente Eterno, dose la Grande Ombra accolta, incita al lavoro e traccia i segni delle immediate e delle lontane conquiste.
«Raccogliamoci, o Fratelli, in mesto ma operoso silenzio, tra le colonne dei nostri Templi: nella venerata memoria del Grande Scomparso riaccendiamo i cuori alle pure fiamme della fide e rinnoviamo i proponimenti fecondi e i giuramenti sacri. Guido Laj, ricongiunto ormai ai Grandi Spiriti che lo precedettero nel sublime Magistero: Garibaldi, Lemmi, Petroni, Nathan, Ferrari, Torrigiani, ci guardi, ci illumini e ci sorregga ancora sugli aspri cammini che, fatalmente - per aspera ed astra - ci condurranno sulle altissime vette della redenzione umana.
«In alto i cuori, o Fratelli: gli uomini e le vicende passano: la luce massonica splende nei secoli. Guido La j è morto: Guido Laj vive nei nostri cuori e nell'immortale bellezza dell'idea».
La notizia è stata diffusa tempestivamente dal Giornale Radio. Ogni Loggia ha sospeso i propri Lavori per passare alla mesta commemorazione dell'Illustrissimo Trapassato. […].
Postilla sulla gius.Costituente, a Cagliari
L'argomento Costituente/Costituzione torna all'attenzione dei Fratelli della Risorgimento nelle ultime due tornate del 1948: il 12 dicembre, quando il Venerabile anticipa una pur rapida lettura della relazione sull'articolato così come è stato predisposto di recente, dopo il setaccio critico dell'apposita Commissione nominata a maggio, riservandosi un più mirato giudizio dei singoli titoli non appena possibile; il 19 successivo, quando appunto il testo viene ripassato nel dettaglio, dal 10 articolo al 200. La valutazione della Loggia è complessivamente favorevole; sugli articoli 2, 7 e 9 si delibera una proposta di variazione. […]. L'esame prosegue il 9 gennaio 1949, quando «tutti gli articoli vengono accettati meno il 28 e il 38 che, messi ai voti, vengono accettati con delle variazioni». […].
Contro le Fratellanze professionali
Datata 29 dicembre, il Pot.mo Silicani invia la seguente lettera al suo omologo sassarese:
«La Giunta del Gov. dell'Ordine aveva autorizzato in via eccezionale la costituzione di alcune Fratellanze professionali. Queste, che in un primo tempo sembrarono esercitare una funzione utile, degenerarono fino a prendere forme paramassoniche nelle quali si confondevano aspetti sacri e finalità profane.
«A por termine ad una situazione pericolosa e comunque lontana dalle alte concezioni iniziatiche che debbono ispirare ovunque e sempre gli atti ed i pensieri dei Liberi Muratori, la Giunta del Governo dell'Ordine ha deliberato che sia assolutamente vietata la formazione di tali aggruppamenti di Massoni in Fratellanze o Camere professionali e dispone che, dove queste esistano, siano immediatamente disciolte.
«Vogliate, Ill. Car. M. Venerabile provvedere perché nel Vostro Oriente tali disposizioni abbiano piena attuazione».
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