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Gianfranco Murtas

Un appunto per Antonello Angioni, consigliere di maggioranza al Comune di Cagliari

di Gianfranco Murtas

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In un breve articolo dei giorni scorsi, coglievo l’occasione di una nota pubblicata da Antonello Angioni, consigliere comunale di Cagliari e sostenitore dell’attuale giunta di destra (con sardisti… di destra! povero Mastino, vice-ministro nel governo Parri ed appena celebrato nel 50° della morte, e povero Titino Melis, per diciannove anni consigliere comunale anche lui nel capoluogo e certissimamente uomo della sinistra democratica ed autonomistica), per esprimere alcune libere considerazioni circa l’utilizzo della parola “pacificazione” a proposito del risarcimento morale da offrire, con la cittadinanza onoraria del Comune di Cagliari, alla sen. Segre per le volgari villanie e le minacce di cui era stata fatta oggetto da figuri del fronte ultras pseudopolitico.

Altre considerazioni svolgevo circa la legittimazione da parte della destra civica (e politica) presente a Cagliari come a Roma o a Milano a marcare le contraddizioni od omissioni della sinistra circa gli imperdonabili errori storici compiuti, per lunghi decenni, nel giudizio della scena comunista internazionale, semmai attribuendo alla mia parte di estrema minoranza – quella dei repubblicani mazziniani ed azionisti, quella del progressismo liberale, aclassista e riformatore, laico, atlantista ed europeista – l’autorità morale di dirne agli uni e agli altri: ai destri parafascisti per la vergogna delle prove nazionali, ai sinistri dell’ex dottrinarismo leninista (e stalinista) per l’acquiescenza passiva e conformista ai misfatti, perfino criminali, del sistema sovietico.

La gentilezza, espressiva di una sempre viva intelligenza e civile tolleranza, di Antonello Angioni – avvocato fra i più stimati del foro cagliaritano nonché studioso della storia cagliaritana e autore di saggi gustosi e importanti sulle vicende secolari della città, e amico mio da quarant’anni – mi ha ora raggiunto per fornirmi alcuni ragguagli ed elementi di miglior messa a punto. Gliene do pubblico merito e personale ringraziamento.  

Dunque nella seduta dello scorso 18 dicembre – i cui verbali però non sono ancora stati resi pubblici – il Consiglio comunale di Cagliari ha votato alla unanimità una deliberazione che, accogliendo in toto il testo di una proposta depositata dalla consigliera Rita Polo e sottoscritta da più di un quarto dell’assemblea, riconosceva alla sen. Segre la cittadinanza onoraria cagliaritana, da formalizzare con la consegna dell’attestazione sindacale in una apposita pergamena recante la seguente motivazione: «Comune di Cagliari – in esecuzione della volontà del Consiglio comunale – si conferisce alla senatrice Liliana Segre, vittima delle persecuzioni razziali, nominata Senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Mattarella “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”, testimone della violenza nazifascista ed esempio civile di perdono e riappacificazione, la Cittadinanza onoraria per garantire anche Cagliari come “casa” simbolica fra le città italiane che le riconoscano questo alto riconoscimento».

La parola “riappacificazione” dunque era presente nella proposta a firma della Polo e di altri consiglieri (immagino per lo più della opposizione alla giunta Truzzu), e debbo per forza ritenere che il significato attribuitole sia diverso, o molto diverso, da quello generalmente ad essa riferito dalla destra, da Michelini ed Almirante o Rauti in qua.

Il consigliere Angioni mi ha assicurato che nel corso del dibattito in aula erano venute espressioni molto nette di condanna e pieno rigetto delle tavole disvaloriali della dittatura che per vent’anni ha ferito quasi a morte la nazione portandola alla guerra in alleanza con il nazismo, con tutto quanto ne è derivato, sul piano morale e su quello materiale, anche per la comunità cagliaritana. La cosa in sé fa evidentemente piacere, ancorché quel simbolo della fiamma tricolore (chiamata fra il 1946 e il 1947 a riunire e riaffratellare i fascisti exmonarchici del ventennio e i fascisti exrepubblichini di Salò in estraneità ed ostilità alla carta costituzionale che l’assemblea di Montecitorio andava allora elaborando) rimandi per certo a stagioni biasimevoli e per sempre da respingere. Quella fiamma tricolore, pur se di nobile origine per niente connessa con la storia del neofascismo del secondo dopoguerra, riscalda l’identità dell’attuale sindaco di Cagliari successore di Cesare Pintus il galeotto con Fancello e altri mazziniani e sardisti veri, e riscalda una denominazione – Fratelli d’Italia – che fa evidentemente a pugni con la memoria di Goffredo Mameli che, per la Repubblica Romana mazziniana che aveva abolito nel 1849 la pena di morte!! aveva sacrificato la sua vita di ventiduenne.   

E oggi dunque? Quello è il retaggio e con quel retaggio nella politica nazionale si fanno patti con gli scialbi indirizzi dei berlusconiani (il peggio della antipedagogia civica che in settant’anni la Repubblica abbia conosciuto) e dei leghisti già devoti del dio Po, missionari della Padania, dileggiatori del meridione d’Italia, nemici armati delle navi che dal mondo più povero portano qui i disperati. Che schifo!

Per parte loro, i sardisti – sardisti? – che negli ultimi anni, dimentichi del passato in Giustizia e Libertà e nei cantieri della Repubblica, si erano fatti nazionalitari e indipendentisti “pro sa Sardigna”, ora sono diventati il collante dei nazionalismi più vieti non solo della Sardegna ma dell’Italia da Domodossola a Ragusa. 

Ma, mi domando, possono essere abilitazione agli uffici di responsabili della politica, cioè del bene comune, queste riverniciature cialtrone, queste avventure in slalom e per slogan di polvere fra le memorie della patria e le idealità del risorgimento liberale e democratico così come fra le fatiche dell’antifascismo e della ricostruzione repubblicana?

La Segre senatrice a vita e cittadina onoraria di Cagliari verrà da noi, e sarà accompagnata ad una visita della città, forse anche fra le strade intitolate ai gerarchi del regime o agli industriali del fascismo duro e puro, quello degli squadristi. Chiederà di transitare, lei ebrea, così sentimentalmente prossima alla cultura mazziniana, nella via Ugo La Malfa, lo statista che più di tutti, negli anni della Repubblica, ha difeso, in unione con la comunità israelita di Roma tanto largamente presente nella casa editrice del PRI ed il rabbino Elio Toaff, docente della stessa università da lui frequentata in gioventù, il diritto di Israele alla esistenza e alla sicurezza. L’accompagnerà il consigliere Angioni? O l’accompagnerà il sindaco?

La pacificazione, o la riappacificazione, esige nettezza di posizioni nell’oggi e verso il passato, ché tutti siamo figli di una certa storia. Della mia – che rimanda a Mazzini e Cattaneo, a Tuveri, Asproni e Goffredo Mameli, non a Stalin e neppure a Togliatti così come non a Mussolini e quadrumviri o ai camerati burgundi – non ho certo motivo di vergognarmi, semmai di gloriarmi, impegnandomi ad onorarla nella scrittura e nel volontariato. 

Il gonfalone di Cagliari ebbe, nel 1958, dal presidente Gronchi la medaglia d’oro al valore militare, già deliberata dal suo predecessore Luigi Einaudi, per il martirio bellico subìto e sopportato. Questa nostra città merita non soltanto amministratori diligenti, ma stature politiche di nobile riconoscibilità democratica: e giustamente, perché non basta essere antifascisti per meritarsi la patente di democratici (il malo esempio dei comunisti italiani, stalinisti e poi kruscioviani ecc. degli anni ’40 e ’50 e anche di dopo, parla da solo), la patente democratica non può andare a chi, con le parole e i comportamenti, ma anche con altezza di elaborazione ideale, oggi non trafigga un passato che continua a stagnare e spurgare, purtroppo, da teste fesse, nell’attualità. Anche nell’Isola.

PS – Ricordo al consigliere Antonello Angioni, che per cultura e abito civile ben avrebbe potuto e dovuto essere riferimento all’interno della variegata area progressista liberal-democratica, e non costola minima e semplicista di Forza Italia, che insieme con Ugo La Malfa anche Giovanni Battista Melis e Ferruccio Parri meriterebbero un riconoscimento nella toponomastica civica. Tutti e tre patirono il carcere per antifascismo, così come il predecessore del sindaco Truzzu che si chiamava – l’ho ricordato molte volte – Cesare Pintus, tutti e tre lavorarono per l’intera loro vita per la Repubblica e la democrazia.  


Fonte: Gianfranco Murtas
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