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Gianfranco Murtas

Un centro studi che vale le maiuscole, da Villacidro al mondo

di Gianfranco Murtas

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A prenderla dalla lontana, ma per restare fedele al modulo affabulatorio con il quale spesso si riesce ad interessare meglio l’interlocutore (od il lettore), potrei accennare – per dire infine della SEA villacidrese ed ora che sono passati già vent’anni – a quanto mi confidava, andando in macchina dai comunitari di padre Morittu (dove, dopo Zella Corona, coordinavo le attività culturali) e successivamente proprio a Villacidro per un certo appuntamento con don Giovannino Pinna, il compianto professor Francesco Floris, ottimo e prudente autista: mi riferiva le ragioni di affezione che lo portavano, lui uomo di scuola per antico sentimento oltre che per pratica professionale, a costruire dinamiche d’intelligenza con i ragazzi, anche i più complicati, e quanto, a questo nobile esercizio, l’avessero supportato i liceali del “Piga” della Villacidro degli anni ’80. Diresse infatti, dal 1984 al 1986, il liceo intitolato al grande giurista (fu eletto giudice costituzionale nel 1955) di radicata famiglia cidrese, e fortemente voluto da un altro Piga – Leonardo – che era stato sindaco nella metà degli anni ’50. Tutti (o quasi) d’accordo con lui quelli che contavano davvero nelle pubbliche istituzioni interessate – dal consigliere regionale Salvator Angelo Spano al notabile numero uno (e pure lui democristiano) il farmacista Nino Fanni, dal vescovo Antonio Tedde all’onorevole Antonio Segni, al tempo ministro della Pubblica Istruzione e già dell’Agricoltura e quindi titolare di tanti altri dicasteri (dalla Difesa all’Interno, agli Affari Esteri), oltreché anche presidente del Consiglio ed infine anche della Repubblica… Il liceo classico costituiva un avanzamento certo nella vita civile del “paese d’ombre”. 

Il “Piga”. Sono ormai numerose le pubblicazioni, modeste all’apparenza e invece sempre concentrato di bella inventiva nei contenuti delle loro pagine, realizzate dai ragazzi (più o meno sostenuti dagli insegnanti) e poi diffuse, come – a riferirmi adesso ad una delle ultime stagioni, quando il “Piga” già s’era qualificato come “classico linguistico” – La terra dei filosofi-scienziati, esito creativo (e di studio) della classe 1.a A dell’anno scolastico 2008-2009, inquadrato dall’editrice Flore di San Gavino nella collana dei “Quaderni del Piga”.

Ma tornando indietro ecco Le Pigarò, “giornale scolastico di cultura costume e progresso” (risparmio sulle maiuscole), che Enzo Carta, Martino Contu e Luca Maria Sanna hanno ristampato in reprint ora che siamo arrivati al 60° compleanno del liceo, per festeggiare il liceo con una… fotografia dattiloscritta assai più che dignitosa: il numero zero e il numero 1, recupero meritorio di tanta brillante fatica dell’anno scolastico 1983-1984. Bella esperienza. In redazione le rappresentanze dei corsi A e B, dalla prima alla terza: inclusi i tre curatori d’oggi, anche Fabrizio Manno e Mario Cabriolu, Pier Luigi Deidda e Luisa Manca, Paola Medda, Cristina Marras e Alessandra Ortu.

Le Pigarò, con i suoi venti e passa articoli, con i suoi editoriali e le sue rubriche, con la lettera dubbiosa del preside (predecessore del prof. Floris) e la risposta della redazione, con la critica di Max della II B (che avrebbe gradito qualcosa di più o d’altro) e anche quella di Donatella ed altri undici della II A (che, almeno dal primo numero, avrebbero preferito maggior comprensione, con tanto di perdono, per qualche difficoltà funzionale fra aule, banchi e giardino d’intorno, gabinetti di studio e gabinetti di igiene), Le Pigarò un po’ resiste (alle incomprensioni) e un po’ no. Si veste della grafica che era stata, già da dieci anni, del mensile Noi e…, il bel mensile inventato da don Giovanni Pinna tornato in paese dalla sua missione fidei donum (e fatto poi, oltre che parroco, anche direttore di Nuovo Cammino) e da altri giovani con lui, e almeno… fa discutere, e fa fare esperienza a ragazzi di quindici o diciotto anni che hanno tutto il diritto di sperimentare. Già quello è un capolavoro. Giustamente scrive nella nota introduttiva all’edizione anastatica Luca Maria Sanna: «È stato proprio durante gli anni del Liceo che ho potuto assaporare il gusto unico di fare scelte e di prendere decisioni, godendo poi nel tempo dei risultati delle scelte e delle decisioni giuste e cruciandomi di quelle sbagliate, accompagnato da una generazione di docenti illuminati e moderni che tanto hanno contribuito alla mia formazione come individuo, oltre che come studente. Questo è il tesoro…».

La ristampa dei due numeri di Le Pigarò è merito, l’ultimo o uno dei ultimi, fin qui, del Centro Studi SEA che, inquadrato ora nella Fondazione Mons. Giovannino Pinna onlus, e con il patrocinio di Ammentu (bollettino storico e archivistico del Mediterraneo e delle Americhe) gli ha ridato vita ossigenato dalle moderne Grafiche Ghiani di Monastir.

Più di cinquanta i volumi dati alle stampe, dal 2002 al 2018, dalle Edizioni Centro Studi SEA nelle sue diverse collane: Ammentu, Cuadernos de Educaciòn, Quaderni del Consolato dell’Uruguay a Cagliari, Quaderni di Archivistica, Quaderni Sardo-Uruguaiani, Studi Latinoamericani… venticinque in tutto, più altri ventisette fuori collana, con dentro temi che vanno dai flussi migratori del medio Campidano alle miniere guspinesi, dalla letteratura dialettale alle figure dell’antifascismo laico e cattolico (mettendoci dentro anche un artista come Costantino Nivola o un prete come don Francesco Maria Giua, e i carlofortini e perfino i pentecostali!) dal federalismo fiscale alla drammaturgia gallurese, dal credito agrario alle relazioni sarde con il sudAmerica e in specie con Montevideo, dalla religione (per le visite pastorali e le vicende comunitarie di parrocchie come la guspinese San Giovanni Bosco) alla terza età vissuta nella casa-alloggio ancora di Guspini…

Un’altra decina sono gli studi promossi all’interno del team dei fondatori e pubblicati da altre case editrici, regionali e nazionali e perfino estere. Gli autori sono Martino Contu e Raffaele Callia, Gianpiero Carta e Maria Grazia Cugusi, Giampaolo Atzei e Monia Gemma Manis, Nicola Melis, Giovannino Pinna e Juan Josè Morosoli, traduttore di racconti per bambini in partenza dalla primaria dell’Istituto comprensivo di Serramanna… per dire l’arco largo, e in continuo dilatarsi, delle firme e delle tematiche proposte, che vanno anche qui dall’emigrazione italiana (e sarda) in Uruguay nel secondo dopoguerra (anche attraverso le fonti consolari nel secondo Ottocento e a ridosso dell’unità italiana) ai nostri martiri nelle fosse Ardeatine, dalla storia del movimento sindacale nel sud isolano alla custodia del mito gramsciano in Costa Rica, dalle persecuzioni antiebraiche della dittatura fascista ad altro ancora.

In uscita dal 2011 e più che puntualmente per un settennio pieno ecco poi – disponibile anche in internet – Ammentu con i suoi tredici “focus” e i dieci corposi “dossier” (diversi dei quali in lingua spagnola, atteso il “ponte” ideale, forte e stabile, con il continente latinoamericano), e ancora con le rassegne librarie e gli speciali. Entrano in scena qui una cinquantina di altri autori della più varia esperienza maturata nel mondo nella ricerca, dell’università e della pubblicistica. Ne ricordo alcuni: Francesca Mazzuzi, Cecilia Tasca, Gianluca Borzoni, Carlo Pillai, Lorenzo Di Biase, Valentina Cipollone, Manuela Garau (autrice – che cito perché me ne sono occupato – anche di Il patrimonio archivistico e librario della famiglia Aymerich, un saggio importante uscito nel 2015), Eugenia Veneri, Giampaolo Salice, Giorgio Sacchetti, Cecilia Nubola, Giancarlo Zichi, Matteo Baragli, Nunziatella Alessandrini, Maria Luisa Gentileschi, Paola Tanzi, Giuliano Zanda, Roberto Ibba, Annalisa Carta, Carla Lampis, Eleonora Todde, Simone Cara, Costanzo Frau, Ivano Locci, Roberta Cappai, Guglielmina Ortu, Gianfranco Carboni, Alessandro Coni, Aldo Casadio, Immacolata Cinus, Emanuela Locci, Roberto Porrà, Roberto Moresco, Antonio Elefante, Maria Grazia Sanna, Fabio Perra, Tiziana Varchetta, Nicola Gabriele, Michele Carboni, Patrizia Manduchi, Silvia Aru, Maria Cristina Secci, Gianni Marilotti, Isabella Soi, Marco Zurru, Maurizio Gangemi, Annamaria Baldussi, perfino Attilio Mastino (già rettore dell’università di Sassari)… e aggiungici altri trenta o quaranta autori d lingua spagnola per contributi altrettanto originali… 

Una produzione… prodigiosa, se pensata in capo – cioè per la regia – a così poche persone che, per la qualità dei risultati e la capacità di coinvolgimento (i numeri parlano da soli), valgono l’accademia. 

Di Martino Contu ho visto di recente, e con particolare gusto, tutta una serie di pubblicazioni agili che mostrano – come anche altre volte ho avuto modo di evidenziare – l’orgoglio sacrosanto di non aver chiesto l’autorizzazione a nessuno per presentarsi sulla scena sia della ricerca “nuova” che della editoria “nuova”: e presentarsi con i suoi titoli ora delle comunità particolari (Baradili, Tuili, Pauli Arbarei…) illustrate nei passaggi sociali che, dopo la grande guerra o in altri periodi storici, più recenti o più lontani, ne hanno segnato equilibri e spirito pubblico; ora degli amori ricorrenti a Cadoni Mabiù (da Contu stesso visitato nelle sue diverse anime poetiche e giornalistiche espressesi nel primissimo Novecento, e raccontato in vari saggi, fra cui ricorderei almeno Villacidro: Paradiso terrestre abitato dai diavoli, che ebbi il piacere di presentare e per iscritto e per voce, nel 1995). Ma quant’altro poi!

Uscito nel decennale delle edizioni del Centro Studi SEA (2002-2012) e per i tipi della AIPSA, a Contu si deve la miscellanea Studi, ricerche e contributi storiografici sulla Sardegna contemporanea, egregiamente presentata da Giampaolo Atzei – altro robusto e prolifico studioso di radici iglesienti e attuale bravissimo direttore di SulcisIglesienteoggi (autore, fra cento altre cose, di una approfondita biografia collettiva dei Boldetti iglesienti, paralleli ai miei Magnini fattisi iglesienti pure essi, tutti provenienti dal Varesotto “per farsi ricchi” da noi a metà Ottocento!). Saggi, quelli di Contu (accompagnati sempre da ampia bibliografia), relativi alla attività estrattiva fra Sette ed Ottocento nella parte centro-meridionale isolana e l’interesse ad essa del capitale straniero – fra i protagonisti maggiori Leone Gouin e lord Brassey –, oppure all’emigrazione una volta sociale e un’altra politica (da Guspini verso l’America, da altre aree – Ogliastra e Logudoro, Romangia, Barbagia e Baronia, ecc. – verso la Corsica), oppure ancora ai travagli dell’industria chimica sarda di fine Novecento, su cui tante carte sbagliate aveva giocato la politica di Rinascita, ed al nuovo protagonismo – di lato o in dialettica con il sindacato e in specie la FIOM – della IN.Sar.

 Meriterebbe aggiungere in questa rapida rassegna che la SEA – come centro studi fondata nel 1998 – ha sostenuto nel tempo le sue attività editoriali anche con iniziative convegnistiche di un qualche rilievo, aperte poi sempre a risorse anche esterne alla Sardegna e perfino all’Italia. Fra esse ricorderei certamente il seminario sulle persecuzioni razziali antiebraiche (2002) e quello su “L’emigrazione villacidrese attraverso le fonti comunali”, svoltosi nell’aula consiliare del “paese d’ombre” lo scorso anno.

Come detto c’è Contu ma non soltanto Contu nella SEA. C’è Giorgia Defraia che ha prodotto un delizioso studio su La grande ercolanese dei giardini pubblici (così il titolo), riferendosi alla statua romana proveniente da Uta e forse da Nora, e collocata (e mutilata) nei grandi e bellissimi spazi verdi progettati, nel capoluogo, dal Boyl di Putifigari di fianco alla storica polveriera della piazzaforte militare (quale Cagliari fu fino al 1866). Una statua semicolossale – a dirla con lo Spano – ribattezzata Eleonora per rapido consumo di curiosità popolare e per questa bisogna fatta d’imperio portatrice della antica Carta de logu...

Non meno gustoso è lo scritto di Manuela Garau sui Goccius de Santa Barbara Virgini e Martiri Calaritana, con presentazione di Emanuele Melis. Un grazioso opuscolo accompagnato da immagini fotografiche e riproduzioni documentali, che rimanda alla religiosità popolare del Cagliaritano.

Così anche – a indugiare nella sezione “opuscoli” o estratti, buoni ad una più rapida diffusione – Per un ponte di solidarietà tra la Chiesa di Ales-Terralba e la Diocesi di Salto in Uruguay, a firma di Giovannino Pinna (e pubblicato dalla Fondazione a lui intitolata), recante il testo dell’articolo a firma dell’indimenticato presbitero gonnese, storico parroco della chiesa-madre di Santa Barbara a Villacidro, come conseguenza degli incontri da lui avuti con il vescovo uruguagio, mgr. Pablo Galimberti Di Vietri. Fu promossa nei primi anni del nuovo secolo una bella collaborazione solidale dalla Sardegna all’Uruguay, tanto più mirata alla assistenza di bambini malati. 

Certo l’accorpamento, almeno per alcuni aspetti operativi, fra la SEA e la Fondazione Mons. Giovannino Pinna potrà dare risultati positivi, e ciò lo potrà davvero e con soddisfazione di tutti se saprà restare intatto lo spirito che ha animato i volenterosi ardimentosi, direi i progettuali e tenaci, di Villacidro e Iglesias.

A fronte di tanti ostacoli che l’accademia, che ancora (nel 2020!) insiste con i suoi baronati e le sue forzature discrezionali, oppone nella scelta dei talenti da utilizzare tanto nella ricerca quanto nella didattica, l’esempio della SEA parla chiaro il linguaggio della dignità e della qualità. E verrà un domani uno storico che, scrivendone, dirà di questi autori, “imprenditori in proprio” della bella cultura, il meglio.  


Fonte: Gianfranco Murtas
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