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Gianfranco Murtas

Ancora ricordando Zella Corona, scrittrice e “colto appoggio” alle fatiche di padre Salvatore Morittu

di Gianfranco Murtas

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Nel terzo volume della serie di Partenia in Callari (edizione 1998-1999) dedicai un capitolo a Zella Corona: omaggio all’amica, omaggio ai suoi ideali di vita, omaggio alla sua pratica solidale.

Ricordandola nel 20° anniversario della sua improvvisa scomparsa, mi è sembrato giusto riproporre – di seguito all’articolo uscito su questo stesso sito (cf. “Di Zella Corona, fra la cattedra scolastica e il laboratorio di vita”) - quelle poche ma… affollate pagine che poi potemmo offrire ai cinquecento (!) intervenuti nel salone doppio dell’hotel Mediterraneo il 27 maggio 1999 per la presentazione del libro.


Zella Corona e Mondo X: la cultura come fattore di liberazione

Dura ormai da quasi due decenni la collaborazione della scrittrice «marxista convinta» alle attività comunitarie del francescano Salvatore Morittu «cristiano insonne»: «La scuola non rispondeva più ai miei ideali, e anche il Terzo Mondo che come emarginazione, dominatori e dominati, ho trovato riproposto nella nostra società. Avevo sentito parlare vagamente di Padre Morittu, e mi ha colpito questa novità di grande significato storico: uscire dall'assistenziale per calarsi nel sociale. Io nel sociale c'ero già, mi ha coinvolto la metodologia, ed è proprio di questo metodo che mi sono fatta testimone, rivalutando un volontariato laico in sintonia con un cristianesimo critico per la rifondazione della persona umana».

Il suo discorso di presentazione dell'ultima mostra d'artigianato artistico - carta, legno, ferro e ceramica - organizzata a San Mauro nel dicembre 1996, rende con esemplare lucidità il senso dell'esperienza umana e spirituale delle tre comunità di recupero promosse dai frati minori di Sardegna e ne misura il cammino compiuto lungo stagioni di grande difficoltà.


Quella mostra nel giorno di Luca

Nella vita di una Comunità, come in ogni famiglia, ci sono giornate tristi e giornate felici. Le prime sono quelle che gli eventi amari e incontrollabili della condizione umana non risparmiano a nessuno. Quelle felici invece sono giornate come queste; fare una mostra è per la Comunità un avvenimento impegnativo. I nostri ragazzi l'hanno preparata; la vivono come una prova di maturità, come la verifica di un metodo praticato nel quotidiano e che guarda al futuro. Questo è il momento in cui escono dal loro silenzio per dire a voce alta: Ecco, tutto ciò che vedete di fronte a voi è prodotto da noi. E c'è in questa affermazione la consapevolezza della loro identità ricostruita, dell'approdo al porto sicuro, della volontà di difendere valori faticosamente conquistati. Questa Mostra - sotto qualche aspetto - è un po' diversa dalla precedente. Per la ristrutturazione del laboratorio non c'è la prevalenza della ceramica ma soltanto una limitata rappresentanza di essa che però vuole essere una promessa per la mostra futura. Ma tutt'e tre le Comunità hanno partecipato, con uguale impegno, con le loro creazioni, anche se con attività diverse. 

C'è "Camp'e Luas" con la falegnameria e la metallotecnica. Ognuno di questi pezzi è frutto di un lavoro che ha una doppia funzione. Da un lato la scuola di severa formazione umana, perché è costruttivo, motivato, liberatore da ogni dipendenza schiavizzante. Dall'altro è tirocinio severo di apprendimento di quei requisiti che caratterizzano il vero artigiano (una risposta molto importante, se si considerano gli aspetti del lavoro, nel momento attuale). Ogni pezzo prodotto è la conclusione di un percorso iniziato da lontano. Dal primo incontro con le macchine, misteriose dapprima e poi conosciute nei loro meccanismi segreti, guidate nella serie di operazioni, che vanno dalla tavola di legno grezzo all'oggetto rifinito e abbellito dalla sagomatura. Ci piace segnalarvi la varietà dei legni e la ricercatezza: noce, pino di Svezia, mogano, castagno e infine il ginepro che lascia sulle mani la sensazione dolce della levigatezza. Ancora più pregiato poi, perché raro legname protetto e tutto da recuperare. Oggetti che vanno dall'utilità quotidiana a quelli di arredamento con gli intagli nell'antico stile della nostra isola. Ma c'è un tipo particolare di lavorazione che esprime la forza di un principio educativo: la "coralità" che si traduce nella composizione dei singoli pezzi, nell'assemblaggio dell'oggetto finito, ecco gli intarsi. Lo sforzo dell'individuale che si compone nell'armonia del collettivo, che non mortifica il singolo, ma bensì lo arricchisce.

Ancora da "Camp'e Luas" vediamo gli oggetti in ferro. Con la creazione della forgia (costruita dai ragazzi) si è potuta ottenere la modellazione, la serie delle operazioni che vanno dal pezzo di ferro grezzo agli oggetti finiti. Qui vedete solo quelli di uso casalingo. Non possono essere esposti qui gli altri lavori veramente pregevoli: le inferriate delle finestre, le cancellate e tanti altri.

È presente qui anche "S'Aspru", con la sua attività agro-pastorale lontana 190 km ma tanto cara al nostro cuore, una Comunità ispirata ad alti valori che guadagnano sempre più spazio nel nostro tempo: l’antico valore del lavoro della terra, il rapporto equilibratore fra l’uomo e l’ambiente. Il rispetto e l'amore per la natura. Custodire il gregge, allevare il bestiame, condurre il lavoro dei campi, sono opere altamente educative che richiedono spirito di sacrificio e senso di responsabilità. Oltre ai prodotti tipici, quella Comunità presenta i giocattoli. Da un lato a testimoniare il timido inizio dell'attività di falegnameria impiantata di recente. Dall'altro questa scelta suggerisce qualche riflessione. Si tratta di oggetti semplici, emblematici di un gusto per le forme pure, quasi rudimentali, che sembrerebbe una nota stonata nei giocattoli del consumismo che riempiono le nostre vetrine di plastica, di tecnologia, di metallo, di creazioni fantascientifiche, indulgenti in molti casi alla superficialità e alla violenza. Questi giocattoli, che definiamo "poveri" nel senso più alto della parola, che cosa sono allora? Una tacita polemica, forse! Ma anche, chissà, la tentazione di pensare che a muovere le mani che hanno costruito questi giocattoli sia stato anche il ricordo di una infanzia lontana, smarrita e infine ritrovata, poiché in ciascuno di essi c'è sempre un "Figliol Prodigo" che alla fine trova la strada di casa!

Ed ecco "San Mauro" che espone gli elaborati della legatoria. La sua attività s'impernia sopra una parte teorica (la storia del libro, dal foglio di carta al volume finito e la pratica di laboratorio). Qui vedrete le creazioni dell'oggettistica (esempio di rilegatura moderna). Non possiamo impostare (in modo efficiente) il restauro. Questo è un antico sogno di Padre Morittu! Un desiderio condiviso anche da chi avendo studiato il Medioevo profondo conserva nella memoria il ricordo dei monaci copisti negli antichi monasteri. Col sacrificio e lunga fatica, salvarono le opere della cultura antica dalla furia barbarica dei secoli bui! No, il suo sogno non si è ancora realizzato! Ma un giorno avremo anche noi un testo restaurato. Non avrà lo splendore della Bibbia di Borso d'Este (tempestata di smeraldi e di brillanti) ma, per un lavoro appassionato, altrettanto importante!

Ci sia concesso infine un cenno alle componenti invisibili di questa Mostra. Gli insegnanti, accanto all'impegno dei ragazzi. Esprimiamo la nostra gratitudine ad Aldo Collu (per la falegnameria); a Nanni Cambiagio e Tonino Satta (per la metallo-tecnica); a Carlo Lussu (per la legatoria); a Flavio Schiavo (per i giocattoli di "S'Aspru"). Qualunque attività essi svolgano, non si tratta né di capi-officina, né di istruttori di laboratorio, ma di veri educatori che non lacerano mai quel tessuto connettivo di rapporto umano particolare che è il fondamento educativo delle nostre Comunità.

Va detto inoltre che questa Mostra nasce anche dall'apporto costruttivo dei Volontari. Da qualsiasi campo provengano, da quello religioso (che sublima l'opera della persona in una concezione trascendente) o dal campo laico, sostenuto dalla concezione immanente della persona e che cerca nel sostegno all'umanità più debole il senso della vita, essi affiancano l'opera di questo francescano insonne e ne costituiscono, il più delle volte, il fattore moltiplicante nella società.

Con il sostegno prezioso dei Responsabili (Annibale, Piero, Sandra, Paolo e Stefania) la Comunità esprime la struttura dell'istituzione e delle sue finalità. Di loro, molto spesso, la gente non conosce i cognomi ma sa e ricorda il nome, il volto, ma li distinguerebbe in mezzo a mille, tanto siamo abituati tutti a identificarli con l'essenza stessa della loro funzione.

Un'ultima cosa, amici, prima di lasciarci. Vi è stato comunicato, nell'invito, il progetto di realizzazione di una "casa famiglia" per i malati di AIDS. Mentre la scienza conduce la sua lunga guerra mediante la ricerca e le strategie terapeutiche, gli uomini di buona volontà intendono mitigare con l'amore la terribile solitudine di chi, in una società lenta a muoversi, viene colpito dal male tremendo. Non v'è dubbio che la solidarietà consentirà l'attuazione del difficile progetto voluto dai francescani. Pensando al prodigioso rapporto fra ciò che viene ricevuto e ciò che viene ridistribuito, nessun concetto potrebbe definirlo meglio delle parole che il Manzoni fa pronunciare all'umile Fra Galdino, il cappuccino questuante semplice e incolto ma capace di interpretare il vero senso del Vangelo: «... perché noi siam come il mare, che riceve acqua da tutte le parti e la torna a distribuire a tutti i fiumi».


Di seguito ecco, per il suo puro valore simbolico, la prima pagina dei due volumi che Zella Corona ha dedicato, rispettivamente nel 1983 e nel 1992, al mondo della sofferenza giovanile, al disagio esistenziale e sociale della generazione giunta alla prima giovinezza negli anni ’70: il quinto moro e Fascicolo 23. Era pronto anche Il faro nelle settimane e ne i giorni in cui il dramma si compì sopra Zella strappandocela per sempre. Doveva essere la raccolta di altre storie del mondo degli esclusi e della positiva lotta per la loro emancipazione morale e sociale. Non è stato mai pubblicato, bisognerà provvedere.


Incipit de "il quinto moro"

Chi giunge a questa porta deve aver percorso tante strade. Ha conosciuto i sentieri più scabrosi, trascinando la propria esistenza come un bagaglio male affastellato. Fortunato già se, fra gli stracci di una vita distrutta, è rimasto un piccolo frammento appannato di quello che, tanto tempo fa, era lo specchio di una coscienza.

La sala dell'accoglienza è il primo luogo in cui il tossicomane comincia a varcare la soglia di un altro mondo. Dapprima intuisce vagamente, in modo confuso, questa realtà. Con il corpo è qui ma con la mente è ancora tutto impigliato in quel groviglio torbido di immagini, sensazioni, fantasmi e impulsi che prima lo avviluppavano.

Nella serie dei colloqui, che precedono l'ingresso nella Comunità, gli sono stati presentati i vari aspetti dell'esistenza che lo attende. Una disciplina severa, fatta di rispetto degli orari, di impegno nel lavoro, di rinuncia a delle cose che fin qui egli poteva scegliere liberamente: sigarette, musica, sesso, scappatelle nel mondo di fuori.

La conversazione con una volontaria, o con uno dei ragazzi più "anziani" ha lo scopo immediato, più che altro, di presentare un quadro da scoraggiare la tentazione cli credere che questo sia un confortevole approdo di comodo, una scappatoia all'angoscia, alla nausea per il modo di vivere fin qui condotto.


Incipit di "Fascicolo 23"

Dovendo ancora tenere in braccio quello nato due anni prima, con altri due attaccati alle gonne, la madre non aveva quasi avuto il tempo di scegliere un nome per il neonato. Non l'avevano aiutata neppure i figli grandi, infastiditi com'erano dall'arrivo del decimo, l'ultimo, il meno desiderato di tutti. Così, quando furono al fonte battesimale, suo padre domandò al prete i nomi dei Re Magi che avevano «portato i doni al Bambinello nella mangiatoia».

Il sacerdote, non comprendendo dove andasse a parare quella strana richiesta, rimase perplesso, ma per non contrariarlo, glieli elencò: «Melchiorre, Gasparre, Baldassarre...».

«Ma quello che portava l'oro, qual era dei tre?». Il tono era insistente. Così, il conciliante ministro di Dio, pur vergognandosi di accreditare soltanto una leggenda, esaudì la perentoria richiesta. «Purché si guadagni un'anima al cielo...» decise tra sé.

«Allora, ecco, lo chiameremo Baldassarre. Chissà che non gli porti fortuna!» conclusero i genitori soddisfatti.

Così era stato imposto al piccolo quel nome inusitato che, poi, la vita quotidiana ridicolizzò distorcendolo dapprima, ed infine accorciandolo in un diminutivo anche più strambo. L'originale rimase solo nei documenti. Col passare degli anni Baldassarre, crescendo alla dura scuola dei mille mestieri, secondo le leggi della strada, dovette seppellire il nome favoloso sotto il nomignolo di Lampu. Lo dovette alla sua velocità nel furto con destrezza, al suo tocco impareggiabile allo sportello di una macchina incustodita, alla prontezza dei riflessi che gli avevano fatto guadagnare fama tra gli adolescenti difficili, giudicati irrecuperabili e destinati al riformatorio.


Antonio Marras: “Quelle conferenze di Campu 'e Luas, uno sguardo sul vasto mondo” 

L'appuntamento con Zolla Corona (e i suoi relatori, tutte le volte uno diverso) il martedì di settimane alterne da ormai molti anni costituisce per le due comunità di Mondo X un'occasione per allargare lo sguardo oltre lo stretto ambito dell'isola o comunque fuori dall'elenco degli argomenti tradizionalmente presenti nelle discussioni fra i ragazzi. Perché sentire parlare della Cina o delle riforme istituzionali, delle tecniche di meditazione buddista o del concetto di onore nella secolare cultura sarda, del federalismo o di questioni mediche, dello spazio siderale o delle pietre preziose, dell'ufficio del difensore civico e della dietologia, delle miniere ecc. - per fare soltanto degli esempi, pochi fra i possibili oltre ottanta (quante sono state fin qui le conferenze) - ha significato e significa, evidentemente acquisire conoscenze e stimoli alla riflessione personale e di gruppo che sono fattori importanti di crescita culturale. Insomma, è come raccogliere ed ordinare uno speciale tipo di mattoni per quell'edificio che il programma comunitario intende costruire. 

Oltre questo aspetto, peraltro fondamentale, nell'esperienza delle riunioni delle due (e un tempo tre, perché Campu 'e Luas era doppia) comunità "sud" di Mondo X per ascoltare il relatore di turno ed interrogarlo, ce n'è anche un altro, non meno importante: quel certo gradito "mescolarsi" delle presenze, quella possibilità di incontro con i "fratelli" dell'altra comunità... un po' simile a quel che succede quando una famiglia si allarga ospitando il suo parentado.

A Mondo X ci si "mischia" d'estate a Badesi, al mare per due settimane; a ferragosto in gita sulle montagne; a capodanno a Fonni; a pasquetta a Monte Santo; e a "pasqua grande" e natale, alle grandi messe e ai grandi pranzi. Com'è bello stare insieme...


Fonte: Gianfranco Murtas
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