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FABIO LOI

Le procedure per l'eradicazione della Peste Suina. Un'altra prospettiva sui protocolli.

Uno sguardo ai manuali di diagnostica per il trattamento della peste suina

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Uno sguardo alle procedure europee.

Nel 2002 l’Unione Europea sottolinea come non vi sia uniformità nel territorio europeo per il trattamento della peste per cui viene stilato il primo manuale operativo. Questo risulta essere il primo tentativo di omologare le pratiche di controllo ed eradicazione della peste. Questa necessità nasce dal fatto che la peste viene catalogata come pericolosa e dannosa per il comparto, e la lotta ad essa è di notevole importanza economica visto l’elevata produzione e consumo di carne suina in Europa.

Nel primo manuale (fonte commissione europea nel documento recante le disposizioni specifiche per la lotta alla peste suina africana: LINK) ritroviamo una definizione specifica di suino che ritroveremo anche nei manuali successivi. Suino e suino selvatico. Se l’animale si trova allo stato brado viene considerato suino selvatico.

Inoltre vi sono indicate le misure da intraprendere in caso di sospetto focolaio nelle aziende. Per esempio le analisi sui capi vivi o, eventualmente, nelle carcasse. Il censimento dei maiali morti, malati, come agire sulle carcasse di cinghiali e suini, le azioni da intraprende nelle aziende tra cui il censimento dei malati, l’isolamento dei capi o dell’azienda, le restrizioni ai movimentazione dei capi sia vivi che morti, della carne e dei derivati. Le limitazioni al numero di persone e mezzi all’interno e in prossimità delle aziende colpite dalla peste in modo da limitare i vettori e la circolazione delle feci sul territorio. Inoltre grande importanza viene data ai metodi di disinfezione. Non necessariamente tutti i capi debbono essere abbattuti se dimostrato che questi non sono mai entrati in contatto con i capi ammalati. Unitamente a ciò si prescrive che andrebbe disposta una misura di protezione e sorveglianza dell’azienda e della zona e il rispetto di tutte le norme igieniche da parte del personale entrato in contatto con gli animali vivi o morti affetti da psa.

Se si tratta di un allevamento all’aperto vengono descritte anche le modalità per il ripopolamento.

La Commissione individua come referente italiano per le analisi laboratoriali il Centro di Referenza Nazionale per lo Studio delle Malattie da Pesti Virus e asfivirus (CEREP).

Vediamo invece cosa dice il manuale operativo del CEREP (nell’Unità di Progetto per l’eradicazione della peste suina in Sardegna il referente è il Dott. Francesco Feliziani, responsabile del Centro di referenza nazionale sulle pesti suine CEREP di Perugia).

Particolarmente interessante per il caso in Sardegna appare l’articolo 16 che tratta di suini selvatici (quindi quelli al di fuori delle aziende, come da definizione del report della Commissione Europea) Il manuale operativo redatto dal CEREP sottolinea come, nel caso di abbattimenti, i proprietari abbiano diritto ai risarcimenti sia dei capi, sia della eventuale attrezzatura distrutta, poichè ritenuta pericolosa per futuri contagi. Inoltre viene indicato molto chiaramente l’obbligo di utilizzo di un container a tenuta stagno per il trasporto degli animali abbattuti presso un impianto di trasformazione, attraverso l’assegnazione dell’incarico a ditte specializzate.

I proprietari dei maiali non registrati erano stati informati della possibilità di risarcimento?

Si sono prese le dovute precauzioni rispetto al trasporto? E quindi come sono stati smaltiti gli animali abbattuti?

La domanda sorge spontanea perché è stata depositata una denuncia alla Procura della Repubblica che dichiara la fuoriuscita di liquame maleodorante di origine biologica nella stessa zona in cui sarebbero avvenuti degli abbattimenti di maiali, a Montes, nell’agro di Orgosolo. Lo riporta anche La Nuova Sardegna. La denuncia è stata presentata il 21 marzo 2018, dove due donne passeggiando nell’agro di Orgosolo, vicino alla fontanella denominata Olezzo, notavano il ristagno di liquido di origine biologica che emanava un forte odore. La località sarebbe la stessa in cui sono stati abbattuti dei maiali. Immediatamente le due donne allertano i carabinieri, la Guarda Forestale e la televisione regionale Videolina. Allo stesso tempo raccolgono con contenitori sterili dei campioni di liquido e scattano delle foto. Il tutto è stato consegnato ai carabinieri.

È ancora lecito chiedersi dunque se la pratica dell’interramento dei maiali sia la prassi migliore.

Oltre allo studio del 2016 nel quale ha collaborato Sanchez Vizcaino, ve ne sono altri che ipotizzano una forte correlazione di contagio della psa anche attraverso l’acqua. LINK

Chi scrive ha chiesto al capo dell’Unità Progetto, De Martini, quali ditte avessero effettuato il trasporto e lo smaltimento delle carcasse, ma non c’è stata nessuna risposta. Queste domande sono fondamentali alla luce del fatto che la peste suina si trasmette non solo per contatto, come già scritto, ma anche attraverso il sangue delle carcasse, la carne viva e gli escrementi.  

Che percezione, quindi, possono avere gli allevatori rispetto all’operato istituzionale?

Vediamo nello specifico il manuale di diagnostica e di intervento per la Peste Suina della Commissione Europea: all’articolo 16 Programmi di eradicazione della peste suina africana in popolazioni di suini selvatici 1. Fatte salve le misure previste all’articolo 15, entro 90 giorni dalla conferma di un caso primario di peste suina africana in popolazioni di suini selvatici, gli Stati membri redigono e presentano alla Commissione il programma delle misure adottate ai fini dell’eradicazione della malattia nella zona definita infetta nonché delle misure applicate alle aziende ubicate in tale zona.  

La Regione Sardegna, come già scritto, ha presentato in 5 anni un solo piano alla Commissione europea, quello del 2015.

 [...] Nel definire la zona infetta, l’autorità competente deve tener conto dei seguenti elementi: – l’esito delle indagini epidemiologiche effettuate e la distribuzione geografica della malattia, – la popolazione di suini selvatici della zona, – la presenza di barriere naturali o artificiali che ostacolino fortemente gli spostamenti di suini selvatici; c) l’organizzazione di stretti rapporti di cooperazione tra biologi, cacciatori, associazioni venatorie, servizi responsabili della fauna selvatica e servizi veterinari (salute animale e sanità pubblica); d) la campagna d’informazione da attuare per sensibilizzare i cacciatori alle misure che essi devono adottare nel quadro del programma di eradicazione; e) le iniziative specifiche intese a determinare il grado di propagazione dell’infezione tra i suini selvatici mediante l’esame degli animali trovati morti e mediante analisi di laboratorio, comprese indagini epidemiologiche per categorie di età; f) i requisiti che i cacciatori devono rispettare per evitare qualsiasi diffusione della malattia”

Tutti questi punti sono stati precedentemente rispettati da chi si è elevato a paladino della salute, del benessere animale, umano ed economico? Sappiamo per esempio che sono state date indicazioni ai cacciatori, che si è delegato alle squadre di caccia grossa ciò che altri probabilmente avrebbero il dovere di fare.

“le carcasse di tutti gli animali risultati positivi sono trasformate sotto controllo ufficiale; se detti esami risultano negativi per quanto riguarda la peste suina africana, gli Stati membri applicano le misure previste all’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 92/45/CEE; le parti non destinate al consumo umano vengono trasformate sotto controllo ufficiale; h) l’indagine epidemiologica eseguita su ciascun suino selvatico ucciso o trovato morto; detta indagine include obbligatoriamente le risposte ad un questionario con informazioni concernenti”

Perchè non è stata data la possibilità di consumare la carne degli animali sani?

Un articolo dell’Unione Sarda datato otto gennaio 2018, relativo agli abbattimenti effettuati nell’agro di Orgosolo il 3 gennaio 2015, scrive “105 i campioni sieropositivi su 129 sottoposti alle analisi (i capi depopolati erano stati 215)”. Perchè le analisi sono state fatte dopo gli abbattimenti? Perché sono stati abbattuti tutti i maiali senza distinguere quelli sani da quelli malati? Il dottor De Martini durante la trasmissione di Videolina, Monitor, sostiene che le analisi sono complesse è che è necessario analizzare anche gli organi dei malati. Ma questo non corrisponde con la pratica veterinaria nelle aziende regolari suinicole. Naturalmente le analisi del caso, utili ad individuare la malattia nei capi può essere fatta sugli animali vivi. Un’altra prova dell’insufficienza della risposta data dal Dottor De Martini è segnalata in questo articolo di youtg.net in cui viene descritta l’attività del corpo forestale durante la scoperta di un allevamento irregolare all’interno di una proprietà privata nel cagliaritano. La Forestale sostiene la necessità di effettuare tutti i controlli sugli animali e poi di procedere, nel caso, alla regolarizzazione. Nessun, giustamente, capo abbattuto prima delle analisi.

Movimentazione delle carcasse: 

Infine vi sono elencate una serie di norme e precauzioni da intraprendere con la movimentazione delle carcasse “qualora debbano essere allontanate dall’azienda per essere sottoposte a trasformazione, il trasporto deve avvenire in contenitori coperti ed ermetici” oppure “qualsiasi tessuto o traccia di sangue occasionati dalla macellazione o dall’ispezione post mortem o ancora contaminazioni evidenti di edifici, cortili, utensili, ecc., devono essere accuratamente raccolti ed eliminati con le carcasse; – il disinfettante utilizzato deve rimanere sulla superficie trattata per almeno 24 ore”

Il campionamento: non si hanno notizie sul metodo utilizzato per il campionamento, dubitiamo possa essere casuale perché questo minerebbe l’attendibilità dei dati, infatti da recenti ricerche per esempio si è constatato come i suini giovani siano più propensi a contrarre la malattia, per cui non utilizzando un adeguato metodo di campionamento si rischierebbe realmente di non possedere dati rappresentativi. Un metodo utilizzato potrebbe essere quello del campionamento stratificato. Ma non siamo riusciti a trovare riferimenti sulle tecniche utilizzate. 

In sintesi è necessario che l’Unità di Progetto risponda alle domande e alle critiche (più che lecite in un paese democratico), che faccia luce sulle prassi, poiché appaiono non poche zone d’ombra e che dia risposte serie e complete congiuntamente all’organizzazione di un tavolo di mediazione tra allevatori e istituzioni. 


Fonte: UE
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