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FABIO LOI

Peste suina: il ruolo del cinghiale e le indicazioni dell'Unione Europea. Cenni di comparazione tra Spagna e Sardegna.

Seconda parte dell'inchiesta realizzata congiuntamente agli allevatori. L'Europa e il cinghiale. Differenze tra il caso spagnolo e quello sardo.

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Qual’è la prospettiva dell’Unione Europea?

Per analizzare le azioni da intraprendere riguardo la lotta alla Peste Suina Africana (PSA) è necessario partire dall’alto, ossia dalla prospettiva dell’Unione Europea. La commissione europea ha individuato l’Agenzia Europea per la Sicurezza alimentare (EFSA) come l’autorità incaricata alla risoluzione della peste in Europa. L’EFSA individua come fonte primaria del virus, non il suino, ma il cinghiale. Nel sito ufficiale scrive “E’ infatti noto il ruolo importante che i cinghiali selvatici svolgono nel propagare la malattia”. L’EFSA si impegna, attraverso la ricerca scientifica, alla valutazione della densità del cinghiale selvatico in Europa e valuta le misure per tenere lontani i cinghiali infetti da quelli non infetti. Questa è la pagina dell’efsa https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/180711 dalla quale si evincono queste informazioni. Inoltre, come buone prassi, sollecita e “sottolinea l'importanza di mantenere un dialogo costante tra tutte le parti interessate, per aumentare la preparazione a gestire le emergenze”.

Perchè si pone l’accento sul dialogo? Perchè deve esserci fiducia tra i diversi attori (cacciatori, allevatori, veterinari, politica) per risolvere al meglio e nel più breve tempo possibile il problema della peste. La fiducia sta nella speranza e convinzione che ogni soggetto interpreti bene il proprio ruolo nel rispetto di tutti gli attori coinvolti.

C’è stato questo rapporto di reciproca fiducia tra la Regione Sardegna e gli allevatori? 

Inoltre, l’EFSA, attraverso il progetto EnetWild finanziato dall’agenzia europea, cerca di costruire una rete di professionisti della fauna selvatica per finanziare e incentivare il censimento dei cinghiali in tutta Europa. Gli obiettivi del progetto EnetWild, come recita il sito, sono specificatamente incentrati sul cinghiale. Ricercano e retribuiscono i collaboratori per stimare la popolazione del selvatico. Nel sito si ritrovano anche tutte le indicazioni su come raccogliere correttamente, e quindi scientificamente, i dati. Questa è la pagina del progetto EnetWild https://enetwild.com/the-project/  

L’Unione Europea ritiene come fondamentale la lotta alle malattie degli animali selvatici, finalizzata alla salvaguardia della fauna, degli allevamenti e della salute umana.

Di seguito alcuni articoli in cui si denota la preoccupazione per il cinghiale e la peste suina in Italia e in Europa:

http://www.campogalego.com/es/carne-es/la-amenaza-de-la-peste-porcina-africana-coloca-al-jabali-en-la-diana/

https://elpais.com/sociedad/2018/12/06/actualidad/1544083779_934598.html

https://suinicoltura.edagricole.it/flash-news/la-peste-suina-africana-e-arrivata-in-serbia/?fbclid=IwAR3d91DoU627ZfDZ3BmwrjEpfR7wbtu_w2TofMJgyrKcWKOaUiNHN_zZ1J0

Peculiarità della Spagna. Perché il paragone con la Spagna è completamente fuorviante? 

In Spagna il settore suinicolo è sempre stato di grande importanza economica. La Spagna ha circa 46 milioni di abitanti e possiede 31 milioni di suini, contro i nostri 170.000 circa, che, non soddisfano nemmeno il nostro fabbisogno. La causa di ciò non è da ricondurre alla PSA ma alle condizioni economiche dell’isola e quindi alla scarsità di risorse finanziarie delle famiglie, ossia la limitata capacità economica di investire in qualsiasi settore potenzialmente produttivo. Inoltre, come evidenziato dalla ricerca condotta dall’Agenzia Regionale Laore, il 60% della carne di maiale consumata in Sardegna è destinata alle salsicce. Certamente, continua il rapporto, questo “potrebbe erodere fette di mercato interno”. Per cui, anche se l’UE dovesse concedere una deroga per le esportazioni, siamo ancora ben lontani dal poterci caratterizzare come esportatori in Europa.

http://www.sardegnaagricoltura.it/documenti/14_43_20130628104522.pdf

Inoltre il caso spagnolo è differente perché :

    • innanzitutto in Spagna è presente una tipologia di zecca che ha il ruolo di vettore della peste suina, quindi, il brado spagnolo è senza dubbio più a rischio infezione. In Sardegna questa tipologia di zecca è assente.

    • la Spagna aveva adottato il metodo del compenso per i maiali abbattuti a causa della peste, cosa che non è stata presa in considerazione per gli allevamenti irregolari. Infatti la capacità del governo spagnolo di mediare in Europa, in particolare quella di José Luis García Ferrero y Carlos Marcos Aguiar, fece ottenere immediatamente importanti e celeri finanziamenti per l’abbattimento dei capi malati. In questo modo la fiducia nelle istituzioni crebbe e gli allevatori favorirono controlli e regolarizzazioni delle aziende.

    • Il grande lavoro di ricerca scientifica spagnola (in particolare il ruolo avuto dai virologi) pose in condizione il governo di conoscere meglio la malattia e le modalità di trasmissione.

    • I maiali non vennero sotterrati ma bruciati

La comparazione con la Sardegna:

proprio sulle modalità di trasmissione della peste in Sardegna ci sono diverse zone buie. Per esempio non ci si spiega completamente, come mai nello stesso branco di maiali o attigui, la malattia non si manifesti in tutti i capi, ma la percentuale dei malati oscilla mediamente dal 40% allo 0%. Inoltre nelle zone in cui la malattia viene considerata endemica si è riscontrato in alcuni casi la totale assenza della peste nei capi abbattuti. Francesco Nuvoli e Giovanni Lei in un articolo scientifico del 2002 scrivono che il maiale sardo sembra aver sviluppato negli anni una particolare resistenza alla malattia. Probabilmente la resistenza del suino sardo causata dalle condizioni di particolare avversità in cui viene allevato, ha favorito anche una resistenza alla peste suina. Tuttavia abbattendo tutti i capi non si può sapere quali siano le dinamiche comportamentali del maiale sardo al brado e né quali peculiarità fisiche abbia sviluppato. Inoltre nella medesima ricerca, i suddetti professori parlavano già del fatto che uno dei metodi per il controllo del brado sarebbe stato sicuramente l’organizzazione e razionalizzazione dei terreni ad uso civico per l’allevamento del maiale, organizzando delle aree delimitate da barriere appositamente per i suini al brado. Viene anche evidenziato come le proprietà organolettiche delle carni siano uniche e peculiari proprio grazie a questa tipologia di pascolo. (Articolo pubblicato negli annali di economia 2002).


Fonte: Enetwild, Efsa, Laore.
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